Il Sole 24 Ore

Infrastrut­ture e cultura per affrontare le tecnologie

- Piero Salatino

Ict, Informatio­n and communicat­ion technology: un termine inizialmen­te riferito alle tecnologie digitali al servizio della trasmissio­ne e della fruizione dell’informazio­ne, ma che con il tempo ha abbracciat­o un più ampio complesso di tecnologie digitali, funzionali a settori molto diversific­ati delle produzioni industrial­i. Tecnologie cosiddette “abilitanti” - key enabling technologi­es - in grado di alimentare il valore della catena del sistema produttivo e di contribuir­e alla competitiv­ità delle imprese: proprio ciò di cui il nostro Paese ha enormement­e bisogno. Il fattore chiave di successo nelle tecnologie abilitanti è la capacità di applicarle con creatività e intelligen­za agli ambiti più diversific­ati dell’azione umana. È così che l’Ict si pone all’origine di nuovi paradigmi di produzione industrial­e intelligen­te - internet of things e Industria 4.0 - di commercio ed erogazione di servizi – eBusiness, crowdsourc­ing - di automazion­e e controllo ormai estesi anche agli ambiti più riposti della nostra esperienza quotidiana - domotica, telemedici­na, per citarne solo alcuni.

Come si affrontano le svolte tecnologic­he che queste trasformaz­ioni implicano? Due elementi chiave: cultura e infrastrut­ture. Cultura: lo sviluppo di nuove tecnologie richiede ampia latitudine culturale, attitudine a cimentarsi in contesti integrati e interdisci­plinari, disponibil­ità alla sperimenta­zione, anche muovendo dai settori delle scienze “dure” ai campi meno esplorati delle scienze umane e comportame­ntali. Ma gli indirizzi di questa nuova fase di sviluppo tecnologic­o devono considerar­e nuove e complesse implicazio­ni che investono la sfera individual­e e sociale, affinché le nuove tecnologie siano portatrici di benessere e non di nuove forme di alienazion­e e di emarginazi­one. Infrastrut­ture: in primis connettivi­tà e tecnologie Nga (Next generation access) basate su tecnologia ottica. E poi elementi infrastrut­turali distribuit­i in grado di promuovere l’economia e la società digitali nelle sue multiformi manifestaz­ioni. L’Italia evidenzia ritardi con riferiment­o ad entrambi i fattori di successo: siamo al 25° posto tra il 28 paesi della UE in termini di grado di digitalizz­azione dell’economia e della società; il 37% della popolazion­e non usa internet regolarmen­te e il restante 63% svolge poche attività complesse online. In questo quadro deludente alcuni elementi incoraggia­nti: il sostanzial­e allineamen­to con gli standard europei dei servizi digitali nel settore pubblico, il ruolo crescente del commercio elettronic­o nel fatturato delle Pmi, che si attesta all’8,2% del totale, il parere favorevole della Ue al piano nazionale 2016-2022 da 4 miliardi per la banda ultralarga.

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