Infrastrutture e cultura per affrontare le tecnologie
Ict, Information and communication technology: un termine inizialmente riferito alle tecnologie digitali al servizio della trasmissione e della fruizione dell’informazione, ma che con il tempo ha abbracciato un più ampio complesso di tecnologie digitali, funzionali a settori molto diversificati delle produzioni industriali. Tecnologie cosiddette “abilitanti” - key enabling technologies - in grado di alimentare il valore della catena del sistema produttivo e di contribuire alla competitività delle imprese: proprio ciò di cui il nostro Paese ha enormemente bisogno. Il fattore chiave di successo nelle tecnologie abilitanti è la capacità di applicarle con creatività e intelligenza agli ambiti più diversificati dell’azione umana. È così che l’Ict si pone all’origine di nuovi paradigmi di produzione industriale intelligente - internet of things e Industria 4.0 - di commercio ed erogazione di servizi – eBusiness, crowdsourcing - di automazione e controllo ormai estesi anche agli ambiti più riposti della nostra esperienza quotidiana - domotica, telemedicina, per citarne solo alcuni.
Come si affrontano le svolte tecnologiche che queste trasformazioni implicano? Due elementi chiave: cultura e infrastrutture. Cultura: lo sviluppo di nuove tecnologie richiede ampia latitudine culturale, attitudine a cimentarsi in contesti integrati e interdisciplinari, disponibilità alla sperimentazione, anche muovendo dai settori delle scienze “dure” ai campi meno esplorati delle scienze umane e comportamentali. Ma gli indirizzi di questa nuova fase di sviluppo tecnologico devono considerare nuove e complesse implicazioni che investono la sfera individuale e sociale, affinché le nuove tecnologie siano portatrici di benessere e non di nuove forme di alienazione e di emarginazione. Infrastrutture: in primis connettività e tecnologie Nga (Next generation access) basate su tecnologia ottica. E poi elementi infrastrutturali distribuiti in grado di promuovere l’economia e la società digitali nelle sue multiformi manifestazioni. L’Italia evidenzia ritardi con riferimento ad entrambi i fattori di successo: siamo al 25° posto tra il 28 paesi della UE in termini di grado di digitalizzazione dell’economia e della società; il 37% della popolazione non usa internet regolarmente e il restante 63% svolge poche attività complesse online. In questo quadro deludente alcuni elementi incoraggianti: il sostanziale allineamento con gli standard europei dei servizi digitali nel settore pubblico, il ruolo crescente del commercio elettronico nel fatturato delle Pmi, che si attesta all’8,2% del totale, il parere favorevole della Ue al piano nazionale 2016-2022 da 4 miliardi per la banda ultralarga.