All’appello del Fisco i possessori del bene e i titolari effettivi
pA partire da Unico 2014 sono tenuti alla dichiarazione delle attività detenute all’estero non solo i possessori “formali” delle stesse, ma anche i soggetti che possono essere considerati “titolari effettivi”.
La dichiarazione dovrà essere presentata quindi anche nei casi in cui gli investimenti e le attività estere, pur formalmente intestate a entità giuridiche (ad esempio società, fondazioni, o trust), siano in realtà direttamente riconducibili a soggetti tenuti al rispetto della normativa sul monitoraggio fiscale.
Il concetto di titolare effettivo è preso a prestito dalla normativa antiriciclaggio (segnatamente dall’allegato tecnico al Dlgs 231/2007). In caso di società, il “titolare effettivo” è, ad esempio, la persona fisica che, in ultima istanza, possiede più del 25% dei diritti di voto o in ogni caso controlla la società, mentre in caso di entità giuridiche quali le fondazioni e trust che amministrano e distribuiscono fondi, le persone fisiche o, se già stati determinati, i futuri beneficiari, che esercitano un controllo sul 25% o più del patrimonio ovvero le persone nel cui interesse principale è istituita o agisce l’entità giuridica.
In caso di società estere residenti in Paesi collaborativi (inclusi nella white list o che comunque prevedono un adeguato scambio di informazioni) il titolare effettivo dovrà indicare nel quadro RW esclusivamente il valore della partecipazione e la percentuale di possesso. Qualora invece la società sia residente in Paesi non collaborativi dovranno essere indicati in RW tutti gli investimenti esteri effettuati dalla società, applicando un approccio look through. Tale approccio deve essere sempre adottato dal titolare effettivo (se esistente) se le attività estere sono detenute tramite un trust, una fondazione o istituti giuridici similari, indipendentemente dalla localizzazione delle attività estere. Tale obbligo ricade sul trust in mancanza di un titolare effettivo.
Diverso è il caso dell’interposizione fittizia: in tale circostanza, il patrimonio estero dell’ente fittiziamente interposto deve essere dichiarato dal titolare, indipendentemente dalla verifica del requisito del controllo.
Oltre al “titolare effettivo”, anche il soggetto delegato a operare su un conto corrente estero è obbligato alla compilazione del quadro RW. In tal caso dovrà essere barrata la casella “solo monitoraggio”, mentre non saranno dovute l’Ivafe o l’Ivie, cui sono soggetti solo i titolari delle attività estere.
Il Dl 167/1990 prevede anche alcuni esoneri dagli obblighi di monitoraggio. Non sono soggetti ad esempio, oltre alle società di persone commerciali, alle società di capitali e agli enti pubblici, i fondi comuni (Oicr) e i fondi immobiliari, mentre rimangono obbligati gli enti di previdenza obbligatoria come le casse professionali.
DA RICORDARE Nella platea degli interessati figurano i delegati a operare su un conto corrente estero e le Casse professionali
Esonerate anche le persone fisiche che prestano servizio all’estero per lo Stato italiano, o presso organismi internazionali come l’Onu, la Nato o l’Ocse, per i coniugi e i figli a carico di tali soggetti. Infine, non sono soggetti all’obbligo di monitoraggio i lavoratori transfrontalieri, ma limitatamente alle attività detenute nel Paese estero in cui svolgono la propria attività lavorativa e solo se l’attività lavorativa all’estero è stata svolta in via continuativa per almeno 183 giorni nel periodo di imposta, e se il lavoratore al rientro trasferisce in Italia o dismette le attività estere entro 6 mesi.
Infine, l’obbligo di monitoraggio non sussiste per i depositi e i conti correnti bancari esteri il cui valore massimo complessivo nel corso del periodo di imposta non superi 15.000 Euro (anche se le istruzioni di Unico 2016 riportano ancora il limite di Euro 10.000 in vigore fino al 2014).