Prime riflessioni degli asset manager
Rafforzare una sede europea oppure le Sicav irlandesi e lussemburghesi
Mantenere lo status quo, rafforzare le attività delle Sicav lussemburghesi oppure rafforzare il brand . Nell’attesa che il quadro su Brexit si chiarisca sono queste le ipotesi da cui partire in futuro per una riorganizzazione di Columbia Threadneedle International. «La nostra società è seduta su una montagna di liquidità - spiega Alessandro Aspesi, responsabile per l’Italia del gruppo anglo-americano - quindi potrebbe anche ricorrere ad un’acquizione per rafforzare la sua presenza all’interno della Ue, anche se per ora siamo alla finestra». Secondo, invece, Matteo Astolfi, country per l’Italia di M&G Investments, è troppo presto per dire se il Regno Unito rimarrà nel mercato unico e «in questa fase al nostro interno nessun cambiamento è in atto - specifica il manager - ma le strutture giuridiche che stiamo allestendo in Irlanda e Lussemburgo sono in fase avanzata e ci offriranno delle alternative importanti qualora ci fossero dei cambiamenti. Abbiamo anche intenzione di intensificare il nostro lavoro con i responsabili politici a Londra e Bruxelles per garantire la massima continuità e il minor disturbo possibile ai nostri clienti nel Regno Unito e nel resto dell’Unione Europea». «Le attività al di fuori della Gran Bretagna sono gestite con una Sicav lussemburghese lanciata nel 2001 e abbiamo anche diverse sedi in Europa - spiega Nick Ring, a capo del- la distribuzione di Jupiter AM, altro brand britannico -. Per ora non è cambiato niente, stiamo analizzando la situazione e prenderemo le decisioni necessarie quando sarà più chiaro il percorso verso l’uscita dall’Ue. Anche dopo Brexit riteniamo che continueremo a gestire le nostre attività senza alcun disturbo per i nostri clienti». Ma non tutto viene per nuocere. «Per piccoli operatori come noi Brexit può essere un’occasione - spiega Flavio De Paulis, direttore generale di JCI Capital Limited, società inglese indipendente specializzata in asset management e investment banking che opera in Italia tramite una branch italiana e fondi Ucits lussemburghesi.
«Se in futuro saremo costretti a trasformare la nostra branch in Sim altri piccoli operatori che vogliono continuare ad operare in Italia potrebbero trovare conveniente associarsi a noi sotto qualche forma». Se Milano scalda i muscoli Dublino, Francoforte e Parigi sono in posizione più forte. «Sono già utilizzati per le succursali delle società presenti a Londra e sarebbero la destinazione naturale per molte realtà - ricorda Luca Gabriele Trabattoni, a capo dell’Italia di Ubp -. L’Italia, invece, è ancora percepita come un mercato caratterizzato dalla rigidità del lavoro e da un'elevata burocrazia. E questo nonostante il costo del dipendente sia decisamente più basso che a Londra. Il problema è anche la rigidità del mercato del lavoro. Il Jobs act, infatti, è un primo passo, ma non è sufficiente: l’Italia può vincere una sfida del genere se riesce a dimostrare di essere competitiva e meno burocratica».