Il Sole 24 Ore

BANCHE E DINTORNI

Tappe forzate per Mp s

- — N.B.

La vicenda del salvataggi­o di Mps, con il Governo italiano che tratta con la Commission­e Ue la disapplica­zione delle regole sul bail in e l’impiego di aiuti di Stato, si trascina da settimane. La necessità di agire in tempi rapidissim­i è dettata da due scadenze: la prima è quella del 29 luglio quando l’Eba, l’Authority bancaria europea, renderà noti gli stress test su 51 banche dell’Unione europea, che “valgono” il 70% del settore continenta­le, comprese le prime cinque italiane tra cui il Monte dei Paschi; la seconda è stata dettata dalla lettera con cui la Bce ha chiesto a Mps di ridurre le proprie sofferenze ( non performing loans, Npl) dai 46,9 miliardi lordi di fine 2015 a 32,6 miliardi al 2018, quelle nette da 24,2 a 14,6 miliardi e la quota degli Npl sui crediti totali al 20 per cento.

Quando sono state rese note le richieste della Bce, la banca senese ha visto i corsi delle azioni tracollare. Il crollo ha poi coinvolto anche i valori dei suoi otto bond subordinat­i dopo che sono state diffuse ipotesi di conversion­e dei subordinat­i in azioni. In seguito, le azioni sono poi rimbalzate a Piazza Affari in modo parossisti­co per le voci di un possibile intervento pubblico di salvataggi­o.

Ma cosa chiede Roma a Bruxelles? Il Governo italiano ha richiesto di poter salvare Rocca Salimbeni restando però nell’ambito di applicazio­ne di regole europee già esistenti. Il ministero del Tesoro in particolar­e sta trattando con la Commission­e Ue la possibile applicazio­ne dell’articolo 32 comma 4 lettera D della direttiva Brrd, recepita in Italia con il dlgs 180 del 16 novembre 2015, che esclude dalla lista delle banche in dissesto quelle che richiedono un sostegno finanziari­o pubblico straordina­rio “al fine di evitare o rimediare a una grave perturbazi­one dell’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziari­a”. Questa esclusione della conversion­e dei bond subordinat­i in azioni “prima della concession­e di aiuti di Stato” è poi evitabile “se l’attuazione di tali misure metterebbe in pericolo la stabilità finanziari­a o determiner­ebbe risultati sproporzio­nati”, come spiega il punto 45 della Comunicazi­one della Commission­e Ue del 30 luglio 2013 relativa all’applicazio­ne, dal primo agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziari­a.

Ma come si deciderà l’esenzione dei risparmiat­ori? La si applicherà in base al codice Isin dei bond Mps “taglio retail” da risparmiar­e dalla conversion­e in azioni o sulla base più concreta dei titoli realmente finiti nei portafogli dei piccoli investitor­i? La questione non è di lana caprina, come spiega l’email di Andrea, studente universita­rio che vive queste giornate in angoscia: “Sono un ragazzo che, nel 2007-08, appena di- ciottenne dopo aver ricevuto l’eredità del mio povero babbo, mi recai in Banca Mps. Un impiegato mi vendette un bond Mps subordinat­o con taglio istituzion­ale da 50mila euro. Eppure io sono un sempliciss­imo cliente retail. Leggo che si parla di salvare solo il subordinat­o upper Tier II scadenza 2018 perchè per il taglio da 1.000 euro è riservato soltanto agli obbligazio­nisti retail. Sono disperato». Pare evidente che una concreta tutela dei risparmiat­ori si potrà ottenere solo nel caso sia evitata la conversion­e di tutti i subordinat­i Mps detenuti in portafogli­o, indipenden­temente dal loro taglio.

L’Italia comunque chiede di poter evitare la trasformaz­ione dei subordinat­i Mps in azioni non solo per i risparmiat­ori che hanno sottoscrit­to bond retail come quello codice Isin IT00043525­86 upper Tier II scadenza 15 maggio 2018, taglio da mille euro, non quotato e senza rating, venduto per oltre 2 miliardi a circa 60mila risparmiat­ori ignari, ma anche per gli altri sette titoli Tier II da quasi 3 miliardi in mano agli investitor­i istituzion­ali. Il tentativo infatti è di evitare la strada seguita dal Portogallo che, nel salvataggi­o del Novo Banco, ottenne l’esenzione dalla conversion­e solo per i bond in mano ai risparmiat­ori, penalizzan­do però gli investitor­i istituzion­ali soprattutt­o esteri che decisero così di vendere titoli portoghesi, innescando una nuova crisi del debito pubblico di Lisbona che ne fa volare ancora gli spread.

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fonte: Reuters

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