Scontro tra treni, Mattarella ai funerali I Pm: registri alterati per coprire l’errore
«Le nostre terre come periferie, vita dimenticata per interessi» - Commozione alla cerimonia con Mattarella
Ieri ad Andria migliaia di persone ai funerali di 13 delle 23 vittime del disastro ferroviario del 12 luglio. Commossa partecipazione del Presidente Sergio Mattarella e il “j’accuse” del vescovo di Andria, monsignor Mansi, che ha parlato di «coscienze addormentate» di chi «per troppi anni ha considerato queste terre come le periferie dell’Italia». Si indaga sulle responsabiltà politiche.
Con la bare allineate e i fiori, ci sono anche i simboli, i ricordi e i segni di affetto. I palloncini bianchi per la 25enne Jolanda Inchingolo, prossima a sposarsi, e il cappello della Polizia di Stato con la sciabola d'ordinanza per il 59enne vicequestore Fulvio Schinzari, che tornava in servizio alla Questura di Bari dopo un periodo di ferie. Eppoi i parenti e gli amici delle vittime dello schianto frontale di martedì mattina tra due treni della Ferrotramviaria tra Andria e Corato, ma anche tantissimi cittadini, i soccorritori e gli amministratori locali accanto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al presidente della Camera, Laura Boldrini, e al ministro dei Trasporti e Infrastrutture, Graziano Delrio. È il giorno dell’addio al palasport di Andria. L’addio in una giornata di freddo e pioggia battente. Davanti a 5mila persone, il vescovo di Andria, Luigi Mansi, celebra i funerali per 13 delle 23 vittime.
Altri dieci funerali si svolgono invece altrove, di cui due a Bari. Ma non è solo il giorno delle lacrime e del dolore. Perchè, come già avvenuto giovedì pomeriggio nelle sale dell’Istituto di medicina legale del Policlinico di Bari, dove Mattarella ha incontrato i parenti degli scomparsi, anche ieri, da Andria, sale, forte, una richiesta: quella del 12 luglio non resti una tragedia impunita. Il bisogno di verità e giustizia non sia disatteso o eluso. Lo chiedono ancora una volta a Mattarella le famiglie colpite, quando il presidente passa accanto a ciascuna di loro, stringe mani e rinnova la sua vicinanza. Ma lo chiedono, nei loro interventi nella cerimonia, anche il vescovo Mansi e il sindaco di Andria, Nicola Giorgino.
Sulla tragedia non pesa solo l’errore umano, che c’è stato, ma anche il ritardo, inammissibile e imperdonabile, di progetti non cantierizzati, di interventi non avviati, di soldi non spesi, di dispositivi di sicurezza non più adeguati a fronte di un traffico che su quella linea è notevolmente cresciuto. Il mancato am- modernamento di questa ferrovia, dunque, come pezzo di un’arretratezza meridionale che stavolta non ha generato solo disfunzioni e inefficienze ma morti e feriti. Lo sottolinea il vescovo Mansi quando, con toni pacati ma fermi, dice: «Temiamo che per troppi anni e per tante persone queste terre siano state considerate le periferie dell’Italia, quelle periferie alle quali il nostro Papa Francesco ha fatto tante volte riferimento». «Speriamo che si sospenda questo fare - aggiunge Mansi -. Le nostre coscienze sono state addormentate da prassi che ci sembrano normali ma non lo so- no: quella prassi dell’economia in cui non si pensa alla vita delle persone ma alla convenienza e all’interesse». Parla poi di «calcoli ottusi» il vescovo di Andria, dove tutto avviene «senza scrupoli» con «piccole e grandi inadempienze nei confronti del dovere nel senso più alto e nobile del termine», dovere verso il prossimo, prosegue Mansi, a partire «dai più deboli e fragili». Ma nelle parole del vescovo non c’è solo il richiamo a fare luce. C’è anche il riconoscimento di quella Puglia generosa e solidale che, poche ore dopo la tragedia, si è messa in fila negli ospedali per donare il sangue. Gesti importanti, evidenzia Mansi, di generosità e altruismo.
Si rivolge invece a Mattarella il sindaco Giorgino quando, sollecitando giustizia e verità, dichiara: «Lo dobbiamo ai familiari delle tante troppe donne, dei tanti troppi uomini, giovani la cui esistenza serena è stata improvvisamente interrotta da un tragico evento che ha coinvolto emotivamente tutto il nostro Paese». «Oggi - aggiunge Giorgino - è qui rappresentato un territorio martoriato ma che ha saputo reagire con dignità, autentico spirito di servizio, generosità e dedizione all’emergenza, allo shock e alla sofferenza che si protrarrà nel tempo. Chiedo a nome di tutti che la magistratura, a cui va la nostra incondizionata fiducia, accerti rapidamente la verità dei fatti in modo che i contorni di questa dolorosissima vicenda siano chiariti con rigore e meticolosità».
LA RICHIESTA Anche ieri i parenti dei morti hanno chiesto al capo dello Stato e alle altre autorità presenti che la tragedia non resti impunita