L’avvento dell’ansia globale
Una Brexit, una strage a Dacca, una a Nizza, un colpo di stato in Turchia. A parte la raggelante rapidità del susseguirsi di eventi così gravi, cosa unisce fatti tanto di- versi tra loro? Politicamente nulla. È l’ansia – la nostra, un’ansia globale – che li lega insieme e nella nostra narrativa quotidiana li trasforma nel susseguirsi coerente di un complotto contro l’umanità.
Un’epidemia di pessime notizie, provocata dal destino o da un potere oscuro per distruggere il mondo. Eppure, limitandoci a partire dalla fine del grande massacro della Seconda guerra mondiale, dai suoi olocausti e dai suoi genocidi, carneficine e conflitti non ci sono mai mancati. La lunga fase della Guerra fredda non merita di essere idealizzata. Con scadenze meno che decennali (1947, 56, 67, 73) arabi e israeliani facevano le loro guerre. Si è combattuto nel Sud Est asiatico e in Africa; la parola golpe l’hanno inventata in America Latina; l’Europa ha continuato ad essere per decenni più un potenziale campo di battaglia che un’entità politica le cui ambizioni comunque si fermavano al binario morto del Muro di Berlino.
Ma se quello che provoca la nostra ansia di oggi è l’incomprensibilità degli episodi che ci spaventano, il susseguirsi di guerre e di crisi di allora aveva una spiegazione, una logica, erano parte di una specie di ordine costituito: Est e Ovest, capitalismo e comunismo.
I borghesi andavano in edicola a comprare «Il Corriere della Sera» e i marxisti si abbonavano all’«Unità», sapendo sempre di trovare quello che cercavano.
Arabi e israeliani combattevano in una maniera che oggi possiamo definire tradizionale, con eserciti e divisioni corazzate. Le loro non erano guerre asimmetriche, e alla fine firmavano un cessate il fuoco che a volte finiva in un trattato di pace.
Come si negozia oggi una tregua col Califfato? Se i conflitti perduravano, come in Africa, venivano cauterizzati nella loro dimensione politica locale, chiusi nella gabbia di un bipolarismo che non garantiva la pace ma rendeva chiari i motivi dello scontro.
In Siria e in Iraq il potere passava spesso da un generale all’altro ma nessuno si proclamava sciita o sunnita: la religione, se c’era, era sotto traccia, sostituita dal nazionalismo, dal socialismo o da entrambi. E nel 1970 come nell’80, i golpe militari in Turchia avevano lo scopo di riaffermare l’appartenenza del Paese a un sistema e a un’alleanza, come l’epoca e la geografia richiedevano.
Che golpe è stato quello incomprensibile di ieri, alla fine del quale Erdogan ha ringraziato Dio che gli permetterà di rafforzare la sua guerra interna di religione? I militari golpisti volevano più democrazia e le loro vittime islamizzare fino all’ultimo grado la Turchia? Pur restando questi ultimi dentro la Nato, un’alleanza che oggi combatte l’estremismo islamico ovunque si manifesti fuori dalla Turchia?
Poteva succedere che il movimento di liberazione di un paese cercasse di passare da un fronte all’altro, valutando i suoi interessi. È capitato in Vietnam perso dagli americani e in Afghanistan che i sovietici hanno lasciato solo dopo essere sprofondati nella loro crisi interna e imperiale. Tuttavia era molto difficile che accadesse: i due blocchi avevano concordato le regole del gioco ed erano piuttosto rigidi nell’applicarle.
Il pilastro della stabilità di allora aveva un grado di follia molto elevato: erano gli arsenali nucleari di Stati Uniti e Unione Sovietica, così spropositatamente vasti da poter distruggere l’umanità un migliaio di volte. Ma la certezza della mutua distruzione era un potente stabilizzatore: aveva una logica immorale ma efficace. Con la crisi di Berlino nel 1961 e dei missili a Cuba l’anno successivo, il mondo fu vicino alla catastrofe. Tuttavia il disastro non ci fu mai.
In quel tempo i paesi europei desideravano entrare nella Ue, non uscirne. E i membri della Comunità erano molto più severi nell’aprire le loro porte, per quanto l’allargamento fosse la vocazione implicita della loro impresa.
I paesi dell’Est oggi così anti-europei, erano chiusi nella gabbia oltre la cortina di ferro e non facevano danni se non a loro stessi.
Il mondo non era affatto migliore, era solo più chiaro. Almeno così sembra a noi contemporanei, angosciati da eventi che non capiamo e da un futuro senza contorni: in realtà la sola cosa migliore del passato è di essere più comprensibile perché c’è stato il tempo di studiarlo.