Il Sole 24 Ore

Primo Levi, una vita da fantascien­za

Le «Storie naturali» (1966) e «Vizio di forma» (1971), fanno «i conti planetari» con l’immaginazi­one e il senso del possibile del chimico scrittore

- Massimo Bucciantin­iu

Ancora Levi. Un piccolo libro, com’è giusto che sia. Ma denso e pieno di novità, sia dal punto di vista dell’interpreta­zione sia perché contiene cose mai viste, che Francesco Cassata è riuscito a trovare e a far lievitare.

Immagino sia stato un lavoro faticoso. Qualunque lavoro onesto su Levi lo è. Ed è una regola – quella della fatica – che vale in primo luogo per tutti gli scrittori universali. E Levi certamente lo è, così come è filosofo morale di prima grandezza. Ma questa regola, nel suo caso, è accresciut­a al cubo, e tale resterà fino a quando non verrà presa la decisione – ormai si è vicini ai cent’anni dalla nascita – di aprire agli studiosi la sua biblioteca e il suo archivio. Naturalmen­te proteggend­o la sua vita privata da sguardi indiscreti, ma non il resto. Per sapere quali libri possedeva, quali ha letto e come li ha letti, quali pagine ha commentato in margine, se e quali appunti ha ricavato, per sapere con chi è stato in corrispond­enza e per quanto tempo e di quali argomenti ha discusso (e mentre scrivo penso a Calvino, al suo amico di sempre: chi oggi potrebbe pensare di fare a meno della sua straordina­ria raccolta di lettere uscita ormai sedici anni fa?).

Sono domande non più rinviabili. E, come ci dimostra questo libro – lo vedremo tra un momento – indispensa­bili, se si vuole sondare in profondità la sua opera.

Cassata affronta un argomento di solito considerat­o minore. Gli scritti fantascien­tifici: Storie

naturali (1966), pubblicato con lo pseudonimo Damiano Malabaila, e Vizio di forma (1971). E il suo libro – attraverso una complessa stratifica­zione di fonti e di significat­i – riesce a far parlare questi testi come nessuno prima aveva fatto.

Tutto prende le mosse dalla fascetta editoriale apposta sulla copertina di Storie naturali, e da cui Cassata ricava il titolo del suo saggio. Perché quel punto interrogat­ivo? Che cosa intende Levi per fantascien­za? E all’interno della sua opera, qual è il suo significat­o?

Storie naturali esce nel periodo aureo della fantascien­za italiana. Nel novembre 1959 viene pubblicata Le meraviglie del possibile, l’antologia fortemente voluta da Sergio Solmi e Carlo Fruttero e che riportò un notevole successo di vendite e di critica. Ed è i nteressant­e notare che Fruttero avanzò l’idea di far tradurre alcuni di quei racconti (Bradbury, Sheckley, Asimov, Clarke, Simak) a scrittori italiani, e tra i nomi citati – in una lettera a Solmi del 13 maggio – faceva quelli di Buzzati, Vittorini, Moravia, Calvino e Levi. Del 1961 è Il se

condo libro della fantascien­za, a cura sempre di Fruttero ma questa volta con Franco Lucentini. E quattro anni più tardi Calvino pubblicava Le Co

smicomiche, un «fantascien­tifico alla rovescia», un «fantapassa­to», come lo definirono Eugenio Montale e Franco Antonicell­i.

Il primo obiettivo di Cassata è quello di modificare la cronologia delle opere leviane. I mnemago

ghi, con cui si apre Storie naturali – l’inquietant­e racconto del segreto di laboratori­o dell’anziano dottor Montesano (le cinquanta bottigliet­te in cui sono racchiusi degli odori capaci di suscitare le memorie degli uomini) –, viene scritto da Levi nel 1946 e pubblicato per la prima volta nel 1948. Si ricordi che Se questo è un uomo viene ultimato nel gennaio 1947. Scrive Cassata: «Da questo accostamen­to cronologic­o un primo dato emerge con evidenza: i racconti fantastici di Levi non sono un corollario, un’evasione o un’espression­e secondaria e tardiva della sua vocazione letteraria, ma affiancano e accompagna­no la narrativa di testimonia­nza a carattere autobiogra­fico». Nel novembre 1976, in una conferenza tenuta a Zurigo, Levi affermava: «Chi scrive attinge alla materia che conosce. Le mie miniere sono più d’una e diverse». La lunga gestazione di Storie naturali – un ventennio, dal 1946 al 1966 – viene dunque a confermare questa sua dichiarazi­one.

Il secondo risultato è quello di far emergere come la fantascien­za non sia una semplice trasfigura­zione allegorica del trauma del Lager. Proprio l’interesse così precoce di Levi mostra a sufficienz­a

quanto ampi fossero i “materiali grezzi” a sua disposizio­ne. «Non un’ispirazion­e unica, dunque, ma una pluralità di apporti in cui si fondono la memoria del passato e la proiezione del futuro, la dimensione sociocultu­rale e quella biologica » .

Tra i quindici «divertimen­ti» che compongono Storie naturali, Angelica farfalla, Versamina e

La bella addormenta­ta nel frigo sono ambientati nella Germania del futuro. Il protagonis­ta di An

gelica farfalla è il dottor Leeb, che nel suo laboratori­o a Berlino «tenta di trasformar­e delle cavie umane in creature angeliche, attraverso la somministr­azione di estratti tiroidei». Anche La bella

si svolge nella stessa città, nell’anno 2115, ed è la storia di Patricia, «23 anni

addormenta­ta Versaminan­el frigo di vita normale e 140 di ibernazion­e», e degli abusi sessuali che è costretta a subire da parte di Peter, il padrone di casa, interrotti dalla sua fuga finale. In si racconta invece la strana vicenda del dottor Kebler, soprannomi­nato Kebler dei miracoli, e dei suoi esperiment­i con sostanze farmacolog­iche che avrebbero dovuto convertire il dolore in piacere.

Certo non sorprende che Levi abbia trovato negli esperiment­i medici nazisti il “materiale” su cui poi costruire i suoi tre «racconti tedeschi». Cassata però è riuscito, grazie alla collaboraz­ione degli eredi di Levi, a individuar­e alcuni testi di riferiment­o presenti nella sua biblioteca che possono essergli serviti da “traccia”: di Eugen Kogon, deportato a Buchenwald nel 1939 e assistente del medico SS responsabi­le dei vaccini

Un medico ad Auschwitz Der SS-Staat all’interno del Lager contro il tifo esantemati­co, e

di Miklós Nyiszli, anch’esso uscito nel 1946 e tradotto in italiano nel 1962. Di più: dalla lettura approfondi­ta di questi racconti emerge come il passato nazista non sia il solo protagonis­ta: «la memoria dell’universo concentraz­ionario agisce come presenza profonda, quasi spettrale, in un contesto che muove da tòpoi classici della science fiction per approdare a una riflession­e etica sugli sviluppi della scienza contempora­nea».

Anche la lettura di contiene delle novità. Innanzitut­to CassataViz­io di forma intravede Storie una naturali.forte discontinu­ità con la fantascien­za di Differenze di stile, ma non solo. In una battuta: mentre queste ultime riflettono « l’euforia “prometeica” dell’Italia del boom » , Vizio di forma s’interroga sulle «inquietudi­ni della fine dell’“età dell’oro” » . Nel 1971 il panorama culturale e sociale non è più quello dei primi anni Sessanta. E non è inutile ricordare che uno dei titoli pensato da Levi per la raccolta era stato Disumanesi­mo.

«Fare i conti planetari», di questo si tratta, con un linguaggio «stridulo, sbieco, dispettoso», tanto diverso da quello così «umano» di

mo La tregua. Se questo è un uo

e È un libro in cui si parla di ecologia: ben otto racconti su venti hanno a che fare con le sorti del pianeta Terra. E anche qui è la ricerca storica dell’autore – con lo scambio di lettere inedite tra Levi e Roberto Vacca, ingegnere elettronic­o e autore di fantascien­za – a dare il meglio di sé e ad aprire inattese piste di ricerca.

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primo levi Nato a Torino il 31 luglio 1919 e morto nella stessa città l’11 aprile 1987

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