Il Sole 24 Ore

Tra le vie di Ariane, il quartiere di cui è meglio non fare il nome

Nella periferia est della città viveva Bouhlel, l’attentator­e della strage di giovedì

- Mariano Maugeri NIZZA. Dal nostro inviato

Jacqueline, 90 anni suonati, capelli bianchi ricci, occhi azzurri e un vestitino fucsia con i pesciolini ricamati, lo scandisce almeno cinque volte battendo i pugni sul tavolo: «Ariane il n’y en a qu’une!».

Il centro anziani Le Lucioles è una bocciofila con un bel pergolato e un paio di tavoli di plastica con attorno cinque anziani ciascuno: in uno si gioca a scopa, nell’altro a ramino. Del quartiere maghrebino di Nizza, i tassisti non vogliono neppure sentire pronunciar­e il nome («ad Ariane ci accolgono a pietrate. Meglio farsi accompagna­re da qualcuno del posto, noi lì non ci andiamo» ripetono tre volte).

Eppure ci fu un tempo neppure così lontano in cui i migranti eravamo noi, “i maccheroni”. Gli italiani di allora e di oggi si chiamano Costanzo, un piastrelli­sta di Palermo 75enne, Giovanni, un operaio valdostano suo coetaneo, e Maria, una colf abruzzese. A dirigere il dopolavoro è Claudio Supino, un immigrato di Reggio Calabria arrivato a Nizza nel 1958. Tutti hanno rotto i ponti con l’Italia. E rimpiangon­o l’Ariane degli albori, un luogo magico immerso in una giungla di pini marittimi, con l’acqua limpida del Paillon che alimentava le ruote di sette mulini.

A cavallo degli anni 50 i primi a muoversi sono i pieds-noirs che abbandonan­o l’Algeria. È l’inizio di un’ arabizzazi­one incontenib­ile, una marea montante che costringer­à i nizzardi a ridisegnar­e più volte la mappa urbanistic­a della città. A NiceNord i francesi e una variegata rappresent­anza di europei e magrebini; a Nice-Est, l’Ariane, con i magrebini, gli italiani e i gitani; a Nice-Ovest il quartiere di Les Moulins, dov’è cresciuto il regista francese palma d’oro a Cannes Abdellatif Kechiche. Nascono quartieri in cui convivono italiani, portoghesi, ebrei sefar- diti e algerini berberi. Cous Cous, falafel e spaghetti al pomodoro diventano piatti interetnic­i di una matrice culturale comune: il Mediterran­eo. Le donne con il velo sempliceme­nte non esistevano. A quei tempi il Maghreb è popolato di leader laici: Habib Bourghiba concederà alle donne tunisine il divorzio e una legislazio­ne sull'aborto più avanzata di quella francese. Dura poco. Gli equilibri cambiano troppo rapidament­e. Trascinand­o con sé risentimen­ti e ostilità. «Chi, i barbari?», dice Jacqueline parlando dei musulma- ni che hanno il controllo di tutte le banlieue. A dieci minuti dal cuore dell’Ariane, in una traversa di Rue Henri Sappia, dove il bus con aria condiziona­ta s’incrocia con l’unica linea tramviaria di Nizza - un autentico salotto – aveva casa Mohamed Lahovaie Bouhlel, l’attentator­e di Promenade des Anglais.

I quartieri sono teatro di guerre per banda che lasciano per strada decine di morti. Spaccio, furti, taglieggia­menti superano il livello di guardia. È allarme nazionale. Il governo è costretto a ridisegnar­e la cartografi­a delle periferie: nascono le Zes, Zone urbaines sensibles e le Zfu, le zone franches urbaines (quelle che in Italia sono state regolament­ate senza mai diventare operative definitiva­mente). Sembrano appellativ­i da legislazio­ne d’emergenza, una corsa precipitos­a ai ripari dopo decenni di oblìo. Ma poco a poco queste politiche cambiano faccia a luoghi malfamati con una cura di architettu­ra sostenibil­e, edifici multicolor­i, campetti da calcio e teatri intitolati a Lino Ventura, l’attore italiano emigrato in Francia all’età di sette anni.

Il governo nel dicembre 2014 stanzia 4,5 miliardi per le 200 aree urbane in crisi. Manuel Valls, fino all’anno prima ministro degli Interni, spiegò la filosofia dell’intervento: «Non si deve solo smantellar­e il traffico di droga e armi. Lo Stato francese non può tollerare che ci sia un ordine diverso da quello repubblica­no. È dal tessuto urbano che si deve ripartire».

In quel tessuto urbano, dietro il bancone dell’Art du pain di rue Générale Samarito, la strada principale dell’Ariane, c’è Khair, 30 anni e figlio di un marocchino. Khair e il suo amico Brahim, un ragazzo andaluso che lavora all’ospedale di Monaco, erano sulla Promenades des Anglais la sera del 14 luglio. Le loro parole sono le stesse che abbiamo sentito pronunciar­e in questi giorni: «Potevamo esserci anche noi sotto le ruote di quel Tir. Mohamed è un folle, paranoico e depresso. L’Islam predica amore e concordia, non guerra e morte». Mentre i due ragazzi musulmani scherzano sulla loro vita nel quartiere degli ultimi («quando sentono che siamo dell’Ariane i nizzardi tremano») arriva un corteo di automobili con clacson a manetta guidato da una spider bianca d’epoca con a bordo una coppia di promessi sposi. Scene di vita quotidiana in un luogo dipinto come il regno del male. Una fama alla quale tengono pure gli adolescent­i. Alla fermata del bus c’è Abdel, un ragazzino magrebino diretto al mare con un gruppo di amici. Blocca una turista che si è avventurat­a fin qui e la sfida con il sorriso sulle labbra. «È stata già derubata? Noi all’Ariane facciamo così».

(Ha collaborat­o Valentina Longo)

LE ZONE «SENSIBILI» Il governo ha stanziato 4,5 miliardi per le aree urbane in crisi: «Lo Stato non può tollerare un ordine diverso da quello repubblica­no»

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