Minoranza Pd all’attacco sulle dimissioni di Zanetti
«O le dimissioni di Enrico Zanetti da viceministro all’Economia oppure la formalizzazione dell’ingresso di Denis Verdini in maggioranza». La minoranza del Pd, fa sapere il senatore bersaniano Miguel Gotor, chiederà al premier segretario Matteo Renzi «una posizione chiara» sull’ex segretario di Scelta civica, che ha lasciato il gruppo a Montecitorio con tre fedelissimi, portandosi dietro nome e simbolo e fondando con i dieci deputati verdiniani di Ala e uno di Fare! il nuovo gruppo “Scelta Civica verso Cittadini per l’Italia”.
In settimana, tra martedì e mercoledì, deputati e senatori della minoranza dem si riuniranno per decidere se mettere nero su bianco in un atto formale la richiesta a Renzi. «Non si può fare il gioco delle tre carte e premiare comportamenti trasformisti su scelte che ci sono costate molto alle elezioni amministrative», sostiene Gotor. «Zanetti rappresenta poco più che se stesso», afferma Davide Zoggia: «A quale titolo continua a restare nel governo? Sono manovre da primissima Repubblica». E Federico Fornaro esplicita: «Non siamo alla ricerca dell’incidente per far cadere il governo, ma con gli Zanetti ci si fa male».
Lui, il viceministro, non ha intenzione di fare passi indietro. E sostiene che con Ala può nascere «la gamba liberaldemocratica dell’esecuti- vo». Sottinteso: l’argine a destra al potere di veto della sinistra Pd. Da Palazzo Chigi, per ora, la parola d’ordine è minimizzare. E un deputato renziano di primissimo piano assicura: «Non succederà niente: Zanetti è e resterà viceministro». D’altronde - si fa notare - nella sostanza non cambia nulla: il suo gruppo di provenienza non esce dalla maggioranza e la pattuglia di Verdini non soltanto ha già votato più volte la fiducia al governo, ma in Senato ha spesso agevolato i lavori.
Il caso Zanetti potrebbe però rovinare il clima inaugurato nel Pd con il dialogo sull’Italicum e con l’impegno del premier a “spersonalizzare” il referendum sulle riforme costituzionali. La minoranza approfitta dello spiraglio per presentare, dopodomani, una proposta di legge elettorale alternativa all’Italicum. Una sorta di Mattarellum corretto che - spiega il senatore Fornaro, autore del ddl con il deputato Andrea Giorgis - «garantisce la governabilità senza sacrificareiprincipicardinediunarepubblica parlamentare». Dalla maggioranza del partito frenano: se ne parlerà dopo il referendum. La ministra Maria Elena Boschi, ieri nelle Marche e in Abruzzo in tour per il sì, lo ha ricordato: «Le riforme danno più stabilità, semplicità ed efficienza al Paese. Se si dice “no” non credo che poi in Parlamento ci saranno più le condizioni per approvare una nuova riforma costituzionale».