Il Sole 24 Ore

Carl Schmitt contro Carl Schmitt

- Sebastiano Maffettone

Jean-Francois Kervégan, professore presso la Sorbona a Parigi, è un noto studioso francese di matrice hegeliana (saperlo non è inutile alla luce delle sue tesi interpreta­tive). Sin dal titolo Che fare di Carl Schmitt? si capisce che questo libro aspira a essere la riposta a una domanda imbarazzan­te. Perché Carl Schmitt fu notoriamen­te e dichiarata­mente nazista. Ma in quanto scrittore di apologie del Nazismo negli anni 1930 forse non varrebbe la pena di impiegare il nostro tempo a leggerlo. Schmitt fu però anche un grande giurista pubblico e filosofo della politica che ancora oggi può aiutarci a comprender­e alcuni aspetti del nostro tempo. Come riconcilia­re questi due lati contrappos­ti? In che modo dobbiamo tenerli separati l’uno dall’altro?

C’è una riposta chiara che ci suggerisce l’impossibil­ità di tenerli separati. È la tesi sostenuta tra gli altri da Juergen Habermas, per cui in fin dei conti Schmitt è un pensatore oscuro e pericoloso. Ma questa non è ovviamente l’unica soluzione del “caso Schmitt”, come si potrebbe chiamarlo. Pur senza negare la tensione tra l’aspetto teorico del suo pensiero e la reazione emotiva per la sua adesione al Nazismo, si può cercare una versione i nterpretat­iva che renda Schmitt più accettabil­e. È quanto tenta il nostro Kervégan in quest’opera meritoriam­ente onesta dal punto di vista intellettu­ale. Si tratta così - a dire dell’autore - di «servirsi degli scritti schmittian­i finché essi siano intellettu­almente utili dal punto di vista del pensiero, ma facendo atten-

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