Carl Schmitt contro Carl Schmitt
Jean-Francois Kervégan, professore presso la Sorbona a Parigi, è un noto studioso francese di matrice hegeliana (saperlo non è inutile alla luce delle sue tesi interpretative). Sin dal titolo Che fare di Carl Schmitt? si capisce che questo libro aspira a essere la riposta a una domanda imbarazzante. Perché Carl Schmitt fu notoriamente e dichiaratamente nazista. Ma in quanto scrittore di apologie del Nazismo negli anni 1930 forse non varrebbe la pena di impiegare il nostro tempo a leggerlo. Schmitt fu però anche un grande giurista pubblico e filosofo della politica che ancora oggi può aiutarci a comprendere alcuni aspetti del nostro tempo. Come riconciliare questi due lati contrapposti? In che modo dobbiamo tenerli separati l’uno dall’altro?
C’è una riposta chiara che ci suggerisce l’impossibilità di tenerli separati. È la tesi sostenuta tra gli altri da Juergen Habermas, per cui in fin dei conti Schmitt è un pensatore oscuro e pericoloso. Ma questa non è ovviamente l’unica soluzione del “caso Schmitt”, come si potrebbe chiamarlo. Pur senza negare la tensione tra l’aspetto teorico del suo pensiero e la reazione emotiva per la sua adesione al Nazismo, si può cercare una versione i nterpretativa che renda Schmitt più accettabile. È quanto tenta il nostro Kervégan in quest’opera meritoriamente onesta dal punto di vista intellettuale. Si tratta così - a dire dell’autore - di «servirsi degli scritti schmittiani finché essi siano intellettualmente utili dal punto di vista del pensiero, ma facendo atten-