Santi ma soprattutto Galli
mo), ma anche la sua Storia Ecclesiastica (nella versione di Rufino), le Ricognizioni di Clemente, gli Uomini illustri del medesimo Girolamo, passioni di martiri e vite di santi. Di Virgilio sapeva a memoria lunghi frammenti, sovente citava l’Eneide; fu attento alla lezione di Sallustio, Aulo Gellio e Plinio, non conosceva però direttamente Cicerone, che comunque riprese da Girolamo. Aggiungiamo che la Scrittura, come ricorda la Bibliotheca Sanctorum edita da Città Nuova, la apprese su quelle «antiche Bibbie latine fatte per il popolo da gente del popolo, di cui il testo del Pentateuco di Lione ci dà un’idea molto esatta e il cui latino, pieno di barbarismi e di scorrettezze di ogni genere, non era adatto ad inculcare il rispetto della grammatica».
Caratteristiche, queste, che nulla tolgono al profilo culturale di Gregorio, ma lo inquadrano meglio nella sua epoca. Vanno tenute presenti quando si leggono i dieci libri della Storia dei Franchi, il suo capolavoro (c’è un’edizione del 1981 nella Lorenzo Valla di Mondadori, poi riproposta nel 2001 da Liguori); soprattutto si deve considerare questo aspetto aprendo la grande collezione agiografica Miraculorum libri VIII, la sua opera più vasta.
Guardando in essa si nota che il primo libro, In gloria martyrum, parla dei miracoli del Salvatore, degli apostoli e dei martiri delle Gallie; il secondo è consacrato ai prodigi avvenuti sulla tomba di San Giuliano (martirizzato nel 304); quattro libri sono dedicati ai miracoli di San Martino e l’ultimo, intitolato In gloria confessorum, parla dei fatti meravigliosi compiuti dai santi della Gallia che non furono martiri. Per ultimo ricordiamo il settimo, De vita patrum, che raccoglie in venti capitoli ventitré storie di santi del territorio di Tours e di ClermontFerrand. Di esso è ora uscita una nuova edizione nella collana dei classici di storia medievale della prestigiosa casa editrice Les Belles Lettres di Parigi, a cura di Luce Pietri, docente emerito della Sorbona.
Focalizzando l’attenzione su questo libro, che offre un’accurata introduzione e un eccellente apparto di note, oltre ad un testo sicuro, ci si accorge che Gregorio di Tours mette in queste pagine il meglio di sé. Ricordi personali, cronache di vita locale, un’attenzione alla città concepita come un microcosmo sociale oltre che comunità di fedeli, fanno de La vi- ta dei Padri un’opera da rimeditare. Luce Pietri ricorda, tra l’altro, che per Gregorio il santo oltre che un intercessore è un modello da imitare indispensabile alla Chiesa che si afferma ma non è ancora radicata. Da Leobardo, che visse recluso in una piccola cella accanto al monastero di Marmoutier, diventando esempio di penitenza e umiltà, a Sant’Illidio di Clermont che liberò dal demonio la figlia dell’usurpatore Massimo, via via sino a San Patroclo, pastore di pecore, studente e infine monaco, Gregorio introduce attraverso ogni biografia il lettore in una santità che caratterizza le città della Gallia tra il IV e il VI secolo.
Lasciò anche altri libri Gregorio, come il De cursu stellarum ratio, che insegnava la possibilità di determinare l’ora degli uffici della notte guardando la posizione delle stelle, ma nessuno ha conservato la capacità di narrazione e la verve racchiusa nel Liber vitae patrum. Anche la lingua, pur l’autore confessando la sua rusticitas in morfologia e sintassi, va rivalutata, giacché resta un documento prezioso del passaggio dal latino agli idiomi romanzi. Ma questa è un’altra storia e, sfidando l’umiltà di Gregorio, magari un giorno riusciremo a raccontarla.
Grégoire de Tours, La vie des Pères, a cura di Luce Pietri(testo latino e traduzione francese), Les Belles Lettres, Parigi, pagg. 360, € 45