Tutte le vite del petrolio
L’importanza, nel passaggio all’era post-sovietica, dei sentieri materiali e simbolici tracciati dall’oro nero
La prospettiva etnograficaantropologico si rivela particolarmente adeguata per gettare luce sul petrolio sovietico e post-sovietico negli anni 90, quando il potere dello Stato centrale rifluiva nel più ampio processo di disfacimento della ex-Urss. Le decisioni prese a livello regionale di distretto potevano essere cruciali per determinare il corso complessivo delle trasformazioni, e ciò anche quando riemerse un apparato dello Stato assertivo con la presidenza di Vladimir Putin.
Perm, nella Russia europea orientale, è una regione petrolifera dal 1929. I suoi giacimenti raggiunsero il picco della produzione nei tardi anni 70, quando il cuore produttivo sovietico si spostò verso la Siberia occidentale. Le terre circostanti la città di Perm erano parte integrante del sistema dei Gulag sovietici concentrando un elevato numero di prigioni e campi di lavoro.
Nella politica economica socialista, la raffinazione risultò essere una dimensione molto più prestigiosa e influente rispetto alla produzione sin dal 1959, quando entrò in funzione la più grande raffineria della regione. La preminenza della raffinazione continuò nel periodo post-sovietico. E, nei primi anni 90 la regione di Perm cercò di affrancarsi dalla profonda crisi economica confidando su lunghe catene di prodotti petroliferi e introducendo una moneta surrogata sostenuta dalle sue raffinerie.
Le molte “vite del petrolio” e i sentieri materiali e simbolici che esso ha tracciato nel passaggio all’era post-sovietica, costituiscono una parte centrale del libro di Douglas Rogers. Essi consentono di penetrare e comprendere in modi nuovi il posto che il petrolio ha occupato nella vita sociale e culturale; e di osservare le «inusuali proprietà dei ricavi petroliferi» che illustrano bene l’ importanza e le «mistificazioni» circa le risorse naturali nel mondo moderno.
Questo approccio alla multi- materialità del petrolio permette di analizzare insieme dimensioni diverse: geologiche, geografiche, infrastrutturali e anche artistico-figurative. Per esempio, a Perm la «profondità» dei giacimenti petroliferi
nel sottosuolo russo acquisì anche valenza simbolica mediante gli sforzi della Lukoil-Perm (sussidiaria della grande multinazionale del petrolio con sede a Mosca) di rappresentare sé stessa come socialmente responsabile, sponsorizzando programmi culturali e storici.
In dozzine di questi programmi la «profondità» del petrolio e la «profondità» della tradizione culturale e storica si rispecchiavano una nell’altra, costituendo uno dei principali modi in cui gli abitanti della regione riscoprirono il loro passato e modellarono nuovi sensi di appartenenza culturale nei primi anni del XXI secolo.
Fu in larga parte attraverso questo linguaggio sulle « profondità » che venne creata dalla Lukoil una Divisione per i rapporti con il governo e venne stabilita la Corporate Social Responsabiity. Con la rielaborazione di modelli post- sovietici di identità, autenticità culturale e appartenenza adeguati a una nuova era satura di idrocarburi: legittimità, autenticità e sottosuolo furono associati attraverso la programmazione culturale.
La traccia delle molteplici «vite materiali”»del petrolio apre, poi, nuove prospettive di analisi sulle relazioni fra gli attori sociali e politici più significativi: le corporation dell’energia e lo Stato, i cui rapporti sono strettamente connes-
si, in sede locale, attraverso le agenzie di Stato regionali.
La trasformazione nello spazio e nel tempo della Lukoil-Perm ha determinato una forma di corporate più vicina a quella delle imprese appartenenti allo Stato socialista sovietico e privatizzate negli anni 90 che al modello delle multinazionali euro-americane. Lukoil è stata più di altre l’erede dell’industria del gas e petrolio sovietici, la casa post-soviet dei «neftianiki», i l avoratori professionali del settore, un laboratorio della trasformazione del modello sovietico con l’importazione di quelli occidentali.
In tal senso, particolare interesse suscita l’adozione e adattamento delle pratiche di Corporate Social Responsability di Lukoil dedicate a cultura, economia, ambiente e diffuse di concerto con le agenzie di Stato regionali nei primi anni del 2000, che rimpiazzarono le iniziative di costruzione della società civile sponsorizzate dalle agenzie di aiuti internazionali negli anni 90.
Il risultato fu un’estensione di potere fra Stato e corporate in cui era difficile distinguere lo Stato dall’azienda poiché entrambi cercavano, separatamente o d’intesa, di ridisegnare l’ordine sociale e culturale della regione di Perm. Solo alla fine del decennio cominciarono a separarsi.
L’Autore rifugge dal classificare molti
di questi aspetti come espressioni di neoliberismo; preferisce invece stabilire che « tutte le trasformazioni tracciate in questo libro sono legate, in un modo o nell’altro, a trasformazioni globali nella natura del capitalismo negli ultimi quattro decenni » e mostrare come tutto questo è stato rappresentato e messo in scena. Alla fin fine, è all’intersezione di petrolio, corporation, Stato e produzione culturale che egli colloca il centro della sua analisi.
D’altronde, anche Il’ia Kalinin ( Il passato come risorsa scarsa ) ha dimostrato che in Russia petrolio e produzione storico-culturale si sono avviluppati l’uno all’altra nel XXI secolo. Metafore che legano la produzione di storia a quella di idrocarburi possono essere, poi, facilmente trovate nei discorsi di Putin. Lo Stato russo tenta di monopolizzare la produzione di storia e di cultura. Magari il futuro – come ipotizzano alcuni con ironia - potrebbe anche riservare la creazione di una corporation simile a quelle petrolifere per fermare gli «attacchi orchestrati» al passato della Russia.
Douglas Rogers, The Depths of Russia. Oil, Power, and Culture after Socialism, Cornell University Press, New York, pagg. 370, Paperback $ 27,95 Hardcover $ 89,95