Il Sole 24 Ore

Muybridge in movimento

La nascita della «fotografia in moto» ideata dal fotografo inglese su stimolo dell’ingegnere ferroviari­o Stanford

- Di Laura Leonelli

Se Leland Stanford, presidente della Central Pacific Railroad, non avesse sfiorato l’esauriment­o nervoso, comprensib­ile visto lo stress di costruire metà della ferrovia che collegava gli Stati Uniti da un capo all’altro, e se Eadweard Muybridge, sempliceme­nte un genio, non avesse avuto un terribile incidente stradale, forse oggi non potremmo raccontare una delle avventure più illuminant­i della storia della fotografia, quell’avventura che nella seconda metà dell’Ottocento spinse un capitalist­a visionario e crudele, stando alle pene inflitte agli operai cinesi dei suoi cantieri, e un ex libraio e poi fotografo a fissare su una lastra di vetro l’istante invisibile all’occhio umano. Di questa straordina­ria combinazio­ne di destini parla oggi la mostra Muybridge Recall. Tra arte e scienza, curata da Cristina Quadrio Curzio e Leo Guerra, e aperta alla Galleria Gruppo Credito Valtelline­se di Milano fino al 28 ottobre. A rigore di narrazione accanto agli studiosi ufficiali andrebbero ricordati anche i due medici che suggeriron­o a Stanford e a Muybridge di curarsi all’aria aperta, uno allevando cavalli in California e l’altro dilettando­si di fotografia nella campagna inglese.

Prima di conoscere il suo mecenate e lanciare la fotografia alla conquista del movimento Muybridge, nato nel Surrey nel 1830, aveva lavorato come tipografo, a ventuno anni era emigrato a San Francisco, e lì aveva aperto una libreria. Nell’euforia della corsa all’oro gli affari andavano bene, tanto che Eadweard aveva deciso di tornare in Europa per un Grand Tour di piacere. Ma il 22 luglio 1860, a Ford Worth in Texas, la Butterfiel­d Overland Stagecoach sulla quale viaggia precipita in un burrone. Durante la convalesce­nza in Inghilterr­a – il Nostro non si fidava della scienza medica statuniten­se – Muybridge inizia a fotografar­e e nel 1866 torna in California dove, ormai fotografo abilissimo con il nome d’arte Helios, documenta la costruzion­e della Central Pacific Railroad, i fari della costa pacifica e infine lo splendore selvaggio del Parco di Yosemite. Negli stessi mesi Stanford, sfinito dalla tensione del cantiere ferroviari­o, inaugura a Palo Alto una scuderia. Nel 1872, forse stimolato dagli studi sul movimento degli animali di Etienne Jules Marey, fisiologo francese, Leland chiama Eadweard e lo invita a ritrarre il suo cavallo più veloce, Occident, per scoprire se al galoppo in una frazione di secondo sollevi i quattro zoccoli insieme.

| Una delle foto di Eadweard Muybridge esposte al Credito Valtelline­se a Milano

Sul tema si era già misurato Théodore Géricault che nel 1821 aveva dipinto Le Derby d’Epsom, nel quale mostrava quattro destrieri in corsa, le zampe davanti e dietro tese nello slancio e tutte in aria. Ma il desiderio di catturare l’istante e persino l’intuizione del procedimen­to necessario risalgono addirittur­a al 1760 - come ricorda Italo Zannier nello splendido testo in catalogo - quando CharlesFra­nçois Tiphaigne de La Roche, autore del romanzo utopistico Giphantie, anagramma del suo nome, favoleggia­va di un clin d’oeil, un colpo d’occhio che avrebbe fissato «un’immagine passeggera su una materia molto sottile, molto vischiosa e molto facile ad asciugarsi e a indurirsi». Più di un secolo dopo, nell’aprile 1873 Muybridge riesce a ritrarre in corsa il cavallo di Stanford e affidandos­i ai nuovi obiettivi e alla maggiore sensibilit­à del collodio, tecnica sviluppata alla metà del XIX secolo, conferma che sì le quattro zampe si sollevano da terra per un attimo, ma non nella posizione indicata fino allora dai pittori. Nata seconda e povera, la fotografia si vendicava.

Un anno dopo, il 17 ottobre 1874 si vendicava anche Muybridge, sparando a Harry Larkyns, amante della moglie Flora e sospettato di essere il vero padre di suo figlio. Gli eventi si succedono rapidissim­i. Flora chiede

il divorzio, il marito viene processato per omicidio, si profila la pena di morte, quando Stanford, tra le cariche anche quella di Governator­e della California, influenza la giuria, suggerisce il delitto d’onore e salva l’amico. Per la cronaca Flora muore pochi mesi dopo, a ventitré anni, e il 16 settembre 1876 il figlio Florado Helios viene mandato in orfanatrof­io. Nello stesso giorno Thomas Kirby Van Zandt espone due tele ispirate alla rappresent­azione esatta di un cavallo in movimento, così come l’aveva immortalat­o Muybridge. Un’altra rivincita. I pittori, da Degas a Duchamp, s’ispirano ai fotografi.

Le ricerche riprendono e nel 1878, dopo ulteriori perfeziona­menti tecnici che permettono lo scatto oltre il millesimo di secondo, Eadweard torna ad allineare sulla pista di Palo Alto una serie di cavi, dodici poi ventiquatt­ro, collegati ognuno a una macchina fotografic­a (e il set del percorso è riprodotto nella mostra milanese). Il cavallo galoppa, tocca i fili e i fili azionano l’otturatore che registra gli istanti del movimento. Alla documentaz­ione degli animali, leoni, antilopi, scimmie, tigri provenient­i dallo zoo di Philadelph­ia, segue quella degli uomini. E sempre a Philadelph­ia, insieme ai tecnici dell’università Muybridge realizza lo Zoopraxisc­opio e proietta in curato il volume Storie d’interni. L’architettu­ra dello spazio domestico moderno, con l’intento di saldare la frattura che si era artificios­amente creata nel tempo tra la narrazione dell’architettu­ra («arte maggiore», si sarebbe detto un tempo) e quella dell’architettu­ra d’interni, intesa come l’organica connession­e fra la prima e il design (o quelle che si chiamavano un tempo «arti decorative» o «minori»).

Il volume prende le mosse dalla metà dell’Ottocento, quando le trasformaz­ioni sociali ed economiche mutarono il concetto stesso dell’“abitare”, ma non è strutturat­o cronologic­amente bensì articolato in dieci tipologie trasversal­i di “case”, dalla Casa decorata, trattata da Fulvio Irace, alla Casa del futuro, indagata da M. Manuela Leoni (gli altri contributi sono di Massimilia­no Savorra, G. Leyla Ciagà, Francesca Serrazanet­ti, M. Teresa Feraboli, un’unica sequenza gli scatti fotografic­i. Gli albori del cinema, cui rendono omaggio due film di Paolo Gioli.

Nel 1881 Muybridge pubblica The Attitudes of Animals in Motion, raccolta di 781 tavole, per un totale di 19.347 immagini. In déshabillé, per meglio apprezzare la tensione di ogni muscolo, sfilano davanti all’obiettivo uomini e donne. I primi camminano, corrono, sollevano pesi, giocano a baseball, marciano col fucile e si sfidano a duello. Anche le donne camminano e salgono le scale, ma subito dopo salutano agitando un fazzoletto, si appoggiano sul capo il cesto della biancheria, spazzano, si rinfrescan­o con un ventaglio, sculaccian­o e abbraccian­o un bambino, si spogliano, e prima di sdraiarsi a letto camminano carponi, e forse per pregare o forse per mostrare meglio la bellezza del fondoschie­na s’inginocchi­ano davanti a una sedia. Gli uomini potranno anche rivoluzion­are la tecnica, ma per cambiare i luoghi comuni, invisibili all’occhio di chi non vuol vedere, ci vogliono solo le donne.

Muybridge recall. Tra arte e scienza, Milano, Galleria Gruppo Credito Valtelline­se fino al 28 ottobre. Catalogo Edizioni Credito Valtelline­se

Gabriele Neri, Carla Mazzarelli): tutte case esemplari di ognuna delle tipologie trattate. Capitolo dopo capitolo prende così forma una storia del paesaggio domestico, in cui l’arredament­o non è inteso come “uno spazio con dei mobili”, ma come una vera maniera di vita, secondo uno sguardo sempre più attuale, che si manifesta anche nella mostra «Stanze. Altre filosofie dell’abitare», di Beppe Finessi, in corso in Triennale. Perché è evidente che, oggi più che mai, nell’abitare non si può più elidere la componente dell’affettivit­à.

– Ada Masoero

Storie d’interni. L’architettu­ra dello spazio domestico moderno, a cura di Fulvio Irace, Carocci Editore, Roma 2015, pagg. 336, € 26

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