Passeggiate domestiche
Una tendenza ancora sotterranea ma visibile Non c’è bisogno di cammini esotici, l’esperienza si può fare nella propria regione
Nel 1958 Hans Magnus Enzensberger enunciò il fondamentale paradosso del turismo. Partiamo per fuggire l’anonimato del mondo urbano e i ndustriale, seguendo visioni di natura incontaminata, storia, tradizione. Un impulso rivoluzionario, che viene però addomesticato. Infatti il turismo diventa esso stesso un’industria; la fuga dal mondo dei prodotti diventa a sua volta un prodotto che, al pari di ogni altro, può essere standardizzato, assemblato in serie e venduto alle masse. E quando questo avviene delle motivazioni originarie non restano che flebili echi negli astuti slogan delle campagne di marketing. Spogliata di ogni aspetto sovversivo, la vacanza non è più esperienza di una vita diversa, ma solo recupero delle proprie energie fisiche e mentali in vista della ripresa del lavoro. Il biglietto di ritorno nella tasca del turista-ribelle garantisce che la sua sarà sì una diserzione, ma solo temporanea; e proprio questo impegno a tornare permette alla società di tollerare gli aspetti trasgressivi del turismo.
Questo meccanismo fondamentale si ripete continuamente, in forme apparentemente diverse ma al fondo ricorrenti. Per esempio tempo fa abbiamo raccontato del moltiplicarsi di nuovi pellegrini sul Cammino di Santiago, ma non per le tradizionali motivazioni religiose. Dietro molte partenze c’è piuttosto un quotidiano disagio, la difficoltà di mantenere il proprio posto nel disciplinato esercito della produzione e del consumo. Ma ecco che implacabile scatta il meccanismo descritto da
| Le campagne di Soresina, in provincia di Cremona
Enzensberger. Da un anno all’altro si moltiplicano le infrastrutture lungo la via per Santiago, gli organizzatori di viaggi, gli editori di guide turistiche dedicate... Nuovi percorsi vengono riscoperti – per esempio la Via de la Plata o il Cammino portoghese – quando quello principale è troppo affollato. Anche il Cammino di Santiago rischia così di diventare un prodotto turistico, con la funzione di allentare la tensione esistenziale alla quale il capitalismo non sa dare risposta. Certo per alcuni l’esperienza del Cammino (ottocento chilometri, un milione di passi) lascia un segno profondo e rende impensabile il ritorno alla vecchia vita. Ma per i più potrebbe essere soltanto una parentesi troppo presto chiusa, la
percezione di un modo diverso di vivere che non si riesce però a tradurre in realtà.
Da queste premesse è nata una tendenza ancora sotterranea ma visibile: trasferire l’esperienza del cammino nella propria regione, rendere quotidiana la piccola rivoluzione del camminare. Si spiegano così libri ed esperienze diverse, ma convergenti verso lo stesso fine. Per esempio Gianni Biondillo ha raccontato una traversata milanese dal centro alla periferia, dando le spalle al Duomo. Qualche anno fa aveva camminato invece sui confini della metropoli, lungo le tangenziali. Biondillo rimprovera ai milanesi di conoscere troppo poco la loro città. Attraversano e vivono ogni giorno gli stessi luoghi, tra scuola e lavoro, senza guardarsi intorno più dello stretto necessario. Poi, appena arriva il fine settimana, abbandonano Milano al suo destino, trasferendosi sulle sponde dei laghi o nelle valli alpine. E così, per la maggior parte del tempo, vivono in un territorio sconosciuto quanto la più remota delle terre australi. Ma appunto da qui, osserva sensatamente Biondillo, occorre ripartire, per esempio aprendo nuovi sentieri (www.sentierimetropolitani.org).
Un’aspirazione affine è anche nell’ultimo libro di Wu Ming 2. Il progetto qui è di più largo respiro: attraversare la Grande Pianura, zaino in spalla e bordone in pugno, da Bologna a Milano. Percorrere il proprio territorio, dove ci è dato di vivere, quello che abitualmente scavalchiamo rapidi in volo per inseguire il miraggio di esotici cammini, per arrivare veloci all’appuntamento con la lentezza. È qui invece che c’è bisogno di noi: camminare per presidiare, contro abusi e speculazioni. Serve anche una nuova estetica, come ha spiegato Mirko Volpi: saper cogliere la bellezza delle rogge coi pesci di fosso, delle polle d’acqua sorgiva, dei filari, dei prati infiniti… Una bellezza che senza perdersi diventa foraggio, concime, latte, formaggio, lavoro e ricchezza.
Questo movimento ha avuto un oscuro precursore, tale Giovanni Colombo, milanese già nell’inconfondibile cognome. Dopo la canonica crisi di mezza età, e l’altrettanto canonica esperienza del Cammino di Santiago, Colombo ha cominciato nel 2012 il suo personalissimo Cammino di Lombardia (camminodilombardia.wordpress.com). Ogni anno percorre a piedi una zona diversa: le montagne, i laghi, le città, le campagne. Arrivo previsto nella primavera del 2019 al Monte Stella, la “montagnetta” di San Siro, un rilievo di appena cinquanta metri che nasconde sotto il manto erboso le macerie dei bombardamenti della Seconda guerra mondiale. Il Monte Stella come equivalente lombardo del Campus Stellae, quel Campo della stella che si crede abbia dato il nome a Santiago de Compostela…
Gianni Biondillo, Passaggio a nord-ovest. Milano a piedi, dal Duomo alla nuova Fiera, Terre di Mezzo, Milano, pagg.108, € 12; Wu Ming 2, Il Sentiero Luminoso, Ediciclo, Portogruaro, pagg.288, € 18,50; Mirko Volpi, Oceano padano, Laterza, Roma-Bari, pagg.182, € 13