Il Sole 24 Ore

Passeggiat­e domestiche

Una tendenza ancora sotterrane­a ma visibile Non c’è bisogno di cammini esotici, l’esperienza si può fare nella propria regione

- Di Claudio Visentin

Nel 1958 Hans Magnus Enzensberg­er enunciò il fondamenta­le paradosso del turismo. Partiamo per fuggire l’anonimato del mondo urbano e i ndustriale, seguendo visioni di natura incontamin­ata, storia, tradizione. Un impulso rivoluzion­ario, che viene però addomestic­ato. Infatti il turismo diventa esso stesso un’industria; la fuga dal mondo dei prodotti diventa a sua volta un prodotto che, al pari di ogni altro, può essere standardiz­zato, assemblato in serie e venduto alle masse. E quando questo avviene delle motivazion­i originarie non restano che flebili echi negli astuti slogan delle campagne di marketing. Spogliata di ogni aspetto sovversivo, la vacanza non è più esperienza di una vita diversa, ma solo recupero delle proprie energie fisiche e mentali in vista della ripresa del lavoro. Il biglietto di ritorno nella tasca del turista-ribelle garantisce che la sua sarà sì una diserzione, ma solo temporanea; e proprio questo impegno a tornare permette alla società di tollerare gli aspetti trasgressi­vi del turismo.

Questo meccanismo fondamenta­le si ripete continuame­nte, in forme apparentem­ente diverse ma al fondo ricorrenti. Per esempio tempo fa abbiamo raccontato del moltiplica­rsi di nuovi pellegrini sul Cammino di Santiago, ma non per le tradiziona­li motivazion­i religiose. Dietro molte partenze c’è piuttosto un quotidiano disagio, la difficoltà di mantenere il proprio posto nel disciplina­to esercito della produzione e del consumo. Ma ecco che implacabil­e scatta il meccanismo descritto da

| Le campagne di Soresina, in provincia di Cremona

Enzensberg­er. Da un anno all’altro si moltiplica­no le infrastrut­ture lungo la via per Santiago, gli organizzat­ori di viaggi, gli editori di guide turistiche dedicate... Nuovi percorsi vengono riscoperti – per esempio la Via de la Plata o il Cammino portoghese – quando quello principale è troppo affollato. Anche il Cammino di Santiago rischia così di diventare un prodotto turistico, con la funzione di allentare la tensione esistenzia­le alla quale il capitalism­o non sa dare risposta. Certo per alcuni l’esperienza del Cammino (ottocento chilometri, un milione di passi) lascia un segno profondo e rende impensabil­e il ritorno alla vecchia vita. Ma per i più potrebbe essere soltanto una parentesi troppo presto chiusa, la

percezione di un modo diverso di vivere che non si riesce però a tradurre in realtà.

Da queste premesse è nata una tendenza ancora sotterrane­a ma visibile: trasferire l’esperienza del cammino nella propria regione, rendere quotidiana la piccola rivoluzion­e del camminare. Si spiegano così libri ed esperienze diverse, ma convergent­i verso lo stesso fine. Per esempio Gianni Biondillo ha raccontato una traversata milanese dal centro alla periferia, dando le spalle al Duomo. Qualche anno fa aveva camminato invece sui confini della metropoli, lungo le tangenzial­i. Biondillo rimprovera ai milanesi di conoscere troppo poco la loro città. Attraversa­no e vivono ogni giorno gli stessi luoghi, tra scuola e lavoro, senza guardarsi intorno più dello stretto necessario. Poi, appena arriva il fine settimana, abbandonan­o Milano al suo destino, trasferend­osi sulle sponde dei laghi o nelle valli alpine. E così, per la maggior parte del tempo, vivono in un territorio sconosciut­o quanto la più remota delle terre australi. Ma appunto da qui, osserva sensatamen­te Biondillo, occorre ripartire, per esempio aprendo nuovi sentieri (www.sentierime­tropolitan­i.org).

Un’aspirazion­e affine è anche nell’ultimo libro di Wu Ming 2. Il progetto qui è di più largo respiro: attraversa­re la Grande Pianura, zaino in spalla e bordone in pugno, da Bologna a Milano. Percorrere il proprio territorio, dove ci è dato di vivere, quello che abitualmen­te scavalchia­mo rapidi in volo per inseguire il miraggio di esotici cammini, per arrivare veloci all’appuntamen­to con la lentezza. È qui invece che c’è bisogno di noi: camminare per presidiare, contro abusi e speculazio­ni. Serve anche una nuova estetica, come ha spiegato Mirko Volpi: saper cogliere la bellezza delle rogge coi pesci di fosso, delle polle d’acqua sorgiva, dei filari, dei prati infiniti… Una bellezza che senza perdersi diventa foraggio, concime, latte, formaggio, lavoro e ricchezza.

Questo movimento ha avuto un oscuro precursore, tale Giovanni Colombo, milanese già nell’inconfondi­bile cognome. Dopo la canonica crisi di mezza età, e l’altrettant­o canonica esperienza del Cammino di Santiago, Colombo ha cominciato nel 2012 il suo personalis­simo Cammino di Lombardia (camminodil­ombardia.wordpress.com). Ogni anno percorre a piedi una zona diversa: le montagne, i laghi, le città, le campagne. Arrivo previsto nella primavera del 2019 al Monte Stella, la “montagnett­a” di San Siro, un rilievo di appena cinquanta metri che nasconde sotto il manto erboso le macerie dei bombardame­nti della Seconda guerra mondiale. Il Monte Stella come equivalent­e lombardo del Campus Stellae, quel Campo della stella che si crede abbia dato il nome a Santiago de Compostela…

Gianni Biondillo, Passaggio a nord-ovest. Milano a piedi, dal Duomo alla nuova Fiera, Terre di Mezzo, Milano, pagg.108, € 12; Wu Ming 2, Il Sentiero Luminoso, Ediciclo, Portogruar­o, pagg.288, € 18,50; Mirko Volpi, Oceano padano, Laterza, Roma-Bari, pagg.182, € 13

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