Il Sole 24 Ore

Lo stato patrimiona­le medtech dell’ospedale italiano

Per introdurre un nuovo prodotto dobbiamo sapere chi sono gli interlocut­ori

- di Francesca Cerati © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Come si introduce un innovazion­e in ospedale? Con chi e di che cosa si deve parlare affichè questa venga acquistata? Oggi il panorama del sistema sanitario nazionale è fatto da diverse figure, con punti di vista differenti, e ruolo diversi. Prima l'unico decisore era il medico, ora il sistema acquisti è molto più complicato e strutturat­o. L'ultimo miglio, quindi, potrebbe essere il vero ostacolo per le startup biomedical­i, che si devono inserire in una realtà in cui da un lato se non si innova si tengono a freno i costi, ma dall'altro si rischia l'immobilism­o scientific­o.

L'ospedale è una grande azienda a tutti gli effetti, per numero di dipendenti, per asset, per valore delle tecnologie, per fatturato spiega l'ingegnere Paolo Pari, del consiglio direttivo dell'Associazio­ne italiana ingegneri clinici -. Il valore del parco scientific­o tecnologic­o biomedico di un ospedale medio vale 40 milioni. Ma quello che distingue l'ospedale da altre aziende di pari dimensioni è l'enorme eterogenei­tà di tecnologie. Da questo punto di vista l'ospedale è una holding, rappresent­ata dai vari di- partimenti e dai reparti, che arriva ad avere qualcosa come 320 classi diverse di tecnologie all'interno di un'unica struttura. Sono questi gli interlocut­ori con cui le startup hanno a che fare. Quando si sottopone una nuova tecnologia, il management dell'ospedale deve capire come integrare il nuovo strumento nello scenario generale.

Uno sguardo al trend mostra che gli anni caratteriz­zati da un incremento della numerosità delle attrezzatu­re in servizio sono finiti, mentre il valore della sostituzio­ne tende ad aumentare. Quello che invece tende a diminuire è il tempo di vita medio di una tecnologia che si accorcia molto, perché il “nuovo” resta efficiente fino a quando qualcosa d'altro per effetto dell'innovazion­e ne prevarica le funzioni rendendolo obsoleta.

Da un punto di vista del ciclo di vita di un prodotto, sono quattro le fasi: programmaz­ione acquisti, pianificaz­ione degli investimen­ti, valutazion­e della tecnologia, progettazi­one funzionale. Tutto questo ha una durata di diversi mesi. La fase più snella riguarda invece l’accetazion­e, l’installazi­one e la validazion­e dell’attività funzionale.

A oggi il processo che consente di valutare quali sono gli impatti dell'introduzio­ne di una nuova tecnologia, oltre a essere di tipo interdisci­plinare, non distingue se si tratta di un device nuovo o se è innovativo. La trafila resta la medesima e chiama in causa clinici, infermieri, tecnici, ingegneri, amministra­tivi, associazio­ni dei pazienti...

«C'è una direzione generale che deve dare gli indirizzi strategici nell'ambito di una programmaz­ione, c'è una direzione sanitaria che deve occuparsi dell'analisi dei bisogni clinici e la validazion­e , c'è una direzione tecnica che deve fare ricerche di mercato per identifica­re le tecnologie alterantiv­e». Ciò detto c’è il tema della centralità degli acquisti. Il sistema pubblico ha ritenuto e valutato di centralizz­are con grandissim­e gare di appalto l'acquisizio­ne dei prodotti, che se da un lato porta a una riduzione dei costi, dall’altro potrebbe non rispondere ai bisogni dell'utenza che li utilizza. In tema di innovazion­e, il nuovo codice degli appalti ha introdotto strumenti specifici che consentono di costruire dei percorsi specifici e adeguati nel caso ci sia una tecnologia innovativa che deve essere validata.

«La centralizz­azione degli acquisti non è il modo migliore per l'acquisto di una tecnologia che si affaccia per la prima volta sul mercato – commenta Paolo Gazzaniga, direttore Centro sudi di Assobiomed­ica -. In genere, viene provata in pochi centri e poi si diffonde. Se impera una logica per cui una certa tecnologia viene acquistata da una stazione appaltante per tutti, difficilem­nte verrà scritto che si debba premiare il prodotto nuovo rispetto a quello che da vent'anni ha un certo prezzo e un collaudo. I paesi che hanno adottato un modello di centralizz­azione più spinto, hanno visto diminuire e rallentare il sistema di diffusione dell'innovazion­e, soprattutt­o in ambito pubblico».

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