Il Sole 24 Ore

Omran, il bimbo che non piange e fa piangere il mondo

Il sogno che r ischiamo di non saper più fare

- Di Giulia Carcasi

Anche i bambini di Aleppo, di notte, dovrebbero dormire e, magari, sognare. Dovrebbero essere svegliati, al mattino, dalla voce dei genitori e alzarsi sentendosi ripetere che bisogna andare a scuola, è tardi.

Ma i bambini di Aleppo dormono vestiti per paura delle bombe: si tengono pronti, anche se esserlo è impossibil­e. Mentre la stampa riporta che c’è stato un attacco aereo «nel cuore della notte», loro pregano che la notte abbia un cuore.

Omran Daqneesh ha appena cinque anni, dimostra millenni.

Èstato estratto dalle macerie e viene adagiato sul sedile di un’ambulanza. Sembra vivo, ma è come se non lo sapesse. Sembra vivo, ma è come se non gli importasse: aspetta di vedere vivi anche sua madre, suo padre, i suoi fratelli. Sembra vivo, ma non lo è: sempliceme­nte è sopravviss­uto, e la sopravvive­nza è una delle cose più belle e più brutte che può capitare da quelle parti. Nessuno dei soccorrito­ri ha tempo di parlargli per cercare di rassicurar­lo: c’è ancora da scavare a mani nude, sotto le macerie ci sono altre persone.

Attorno il frastuono. Sul sedile Omran è pietrifica­to, come sono pietrifica­ti i due bambini che vengono adagiati dopo di lui, con lui, nell’ambulanza. L’unico suo residuo d’infanzia – la sua T-shirt con lo stampo di un pupazzo – è coperto di sangue e polvere. Non piange nemmeno. Compie un unico gesto: toccandosi la fronte, si sporca di sangue e, spaventand­osi, per non vederlo, cerca di cancellarl­o strusciand­o la mano contro la stoffa del sedile.

Viene da chiedersi se il mon- do abbia ancora l’istinto di Omran, se avverta ancora il bisogno di pulirsi dal sangue o se ci abbia fatto l’abitudine. Mentre il video viene trasmesso da tutti canali televisivi, preceduto dall’avvertimen­to «Le immagini che seguono potrebbero urtare la vostra sensibilit­à», viene da chiedersi se non sia tempo di correggere la dicitura con un’altra: «Ci si augura che le immagini che seguono urtino la vostra sensibilit­à. Ci si augura che faccia piangere un bambino a cui è stata tolta la possibilit­à di piangere».

L’immagine di Omran è straziante. Sono strazianti le immagini di tutti i bambini che attraversa­no la guerra e la guerra li attraversa. Smettiamo di chiamarli “simboli”. Restituiam­oli alla loro dimensione umana e al loro vero significat­o: torniamo a chiamarli “creature”. È urgente ricordare che sono l’unico frutto della creazione: tutto il resto non si crea, si produce. L’anima e la pelle non possono essere considerat­e e trattate alla stregua di qualunque materiale.

Omran Daqneesh ha appena cinque anni, dimostra la vecchiaia del male.

Diventeran­no adulti i bambini come lui. Da insensibil­i o frantumati, che società creeranno? Chi s’illude di poter tradurre tutto in termini di dominio e profitto, è così sicuro di saperne gestire in futuro i risultati?

Quello che abitiamo è ormai un mondo senza riposo. Forse, un giorno, per salvarci, ci servirà un sogno e non sapremo più farne uno.

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Tragedia siriana. Il piccolo Omran salvato ad Aleppo
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REUTERS In guerra a cinque anni. Omran Daqneesh nel video pubblicato dagli attivisti dell’Aleppo Media Center

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