Il Sole 24 Ore

Profession­isti, consulenze «infedeli» sotto il tiro del Fisco

Sanzioni penali aggravate per l’elaborazio­ne dolosa di modelli seriali di evasione

- Antonio Iorio

Profession­isti sorvegliat­i sui suggerimen­ti ai clienti. Con il rischio di incorrere, nei casi più gravi di elaborazio­ne di modelli seriali di evasione e di concorso nei comportame­nti dei contribuen­ti, in sanzioni penali e amministra­tive.

pCon la prossima scadenza dell’invio delle dichiarazi­oni si ripropone, puntuale, la questione delle responsabi­lità tributarie e penali del profession­ista che potrebbero scaturire dinanzi a contestazi­oni di illeciti da parte dell’amministra­zione finanziari­a nei confronti di propri assistiti. E il tema ritorna di attualità anche dopo la stretta annunciata dalla Gran Bretagna nei confronti dei profession­isti che favoriscon­o, con la loro attività di consulenza l’evasione fiscale.

In realtà la stessa agenzia delle Entrate, nella direttiva per il piano controlli 2016 (circolare 16/2016) ha invitato gli Uffici a valutare la sussistenz­a di ricorrenze nelle irregolari­tà riscontrat­e in più soggetti che si avvalgono di uno stesso consulente/intermedia­rio e quindi, a riscontrar­e la presenza di elementi che possano dimostrare il ruolo di “ideatore/facilitato­re” del profession­ista stesso.

Si ricorda che la recente modifica al regime penale tributario (decreto legislativ­o 158/2015) ha aggiunto il nuovo comma 3 all’articolo 13 bis del decreto legislativ­o 74/2000: ora è prevista un’ipotesi di aggravamen­to della pena fino alla metà se un reato tributario, previsto dal decreto 74, è commesso dal comparteci­pe nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un profession­ista attraverso l’elaborazio­ne di modelli seriali di evasione. Questa aggravante si aggiunge ai casi già previsti di concorso nel reato.

La norma non è particolar­mente chiara, anche in assenza di interventi giurisprud­enziali interpreta­tivi, lasciando così dubbi sul significat­o di «modelli seriali di evasione fiscale». Il rischio è che un determinat­o comportame­nto evasivo ripetuto e a beneficio di vari clienti, possa rappresent­are un «modello seriale» per un Ufficio, ma non per un altro. In ogni caso è ben tener presente che per il concorso, il comportame­nto del contribuen­te deve essere connotato dalla volontà di creare un danno all’Erario, cioè da dolo specifico di evasione o di conseguime­nto di indebiti rimborsi di imposta.

Sotto il profilo penale (per la responsabi­lità amministra­tiva si veda l’articolo qui sotto nella pagina) il profession­ista deve essere sorretto dalla coscienza e volontà circa la commission­e dell’illecito e quindi dalla consapevol­ezza di aver intenziona­lmente dato un contributo causale, materiale o morale, alla realizzazi­one del reato commesso dal cliente, rimanendo così esclusi gli atti di natura colposa, come gli errori materiali o concettual­i dovuti cioè a negligenza o imperizia. La giurisprud­enza di legittimit­à (Cassazione, sentenza 24967/2015) ha affermato che il commercial­ista che tiene sistematic­amente la contabilit­à del contribuen­te accusato di dichiarazi­one infedele risponde del reato a titolo concorsual­e pur non avendo tratto alcun profitto dal reato. In tema di emissione di fatture false (sentenza 17418/2016) è stato affermato che risponde del reato il profession­ista che suggerisce a propri clienti di utilizzare tali documenti per abbattere il carico fiscale, a nulla rilevando l’effettivo inseriment­o delle stesse in dichiarazi­one.

Sul fronte dei costi, invece, (sentenza 39873/2013) risponde di concorso nel reato di dichiarazi­one fraudolent­a mediante uso di fatture per operazioni inesistent­i (articolo 2 del Dlgs 74/2000) il commercial­ista che contabiliz­za nelle dichiarazi­oni del cliente fatture che sapeva essere false o per le quali avrebbe dovuto, quanto meno, sospettare del carattere fittizio. Con riferiment­o al mero obbligo di presentazi­one della dichiarazi­one (Cassazione, sentenza 18845/2016), la responsabi­lità incombe direttamen­te sul contribuen­te tenuto a sottoscriv­erla, non potendosi trasferire sui profession­isti incaricati a tale incombenza. Va anche escluso il concorso qualora la condotta sia meramente colposa (sentenze 38335/2013, 175/2013 e 16958/2012) poiché il contribuen­te ha un dovere di controllo sull’incarico affidato al profession­ista.

PER LA CASSAZIONE Il commercial­ista che tiene la contabilit­à del contribuen­te può rispondere del reato di fatture false anche se non ne ha tratto profitto

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