Professionisti, consulenze «infedeli» sotto il tiro del Fisco
Sanzioni penali aggravate per l’elaborazione dolosa di modelli seriali di evasione
Professionisti sorvegliati sui suggerimenti ai clienti. Con il rischio di incorrere, nei casi più gravi di elaborazione di modelli seriali di evasione e di concorso nei comportamenti dei contribuenti, in sanzioni penali e amministrative.
pCon la prossima scadenza dell’invio delle dichiarazioni si ripropone, puntuale, la questione delle responsabilità tributarie e penali del professionista che potrebbero scaturire dinanzi a contestazioni di illeciti da parte dell’amministrazione finanziaria nei confronti di propri assistiti. E il tema ritorna di attualità anche dopo la stretta annunciata dalla Gran Bretagna nei confronti dei professionisti che favoriscono, con la loro attività di consulenza l’evasione fiscale.
In realtà la stessa agenzia delle Entrate, nella direttiva per il piano controlli 2016 (circolare 16/2016) ha invitato gli Uffici a valutare la sussistenza di ricorrenze nelle irregolarità riscontrate in più soggetti che si avvalgono di uno stesso consulente/intermediario e quindi, a riscontrare la presenza di elementi che possano dimostrare il ruolo di “ideatore/facilitatore” del professionista stesso.
Si ricorda che la recente modifica al regime penale tributario (decreto legislativo 158/2015) ha aggiunto il nuovo comma 3 all’articolo 13 bis del decreto legislativo 74/2000: ora è prevista un’ipotesi di aggravamento della pena fino alla metà se un reato tributario, previsto dal decreto 74, è commesso dal compartecipe nell’esercizio dell’attività di consulenza fiscale svolta da un professionista attraverso l’elaborazione di modelli seriali di evasione. Questa aggravante si aggiunge ai casi già previsti di concorso nel reato.
La norma non è particolarmente chiara, anche in assenza di interventi giurisprudenziali interpretativi, lasciando così dubbi sul significato di «modelli seriali di evasione fiscale». Il rischio è che un determinato comportamento evasivo ripetuto e a beneficio di vari clienti, possa rappresentare un «modello seriale» per un Ufficio, ma non per un altro. In ogni caso è ben tener presente che per il concorso, il comportamento del contribuente deve essere connotato dalla volontà di creare un danno all’Erario, cioè da dolo specifico di evasione o di conseguimento di indebiti rimborsi di imposta.
Sotto il profilo penale (per la responsabilità amministrativa si veda l’articolo qui sotto nella pagina) il professionista deve essere sorretto dalla coscienza e volontà circa la commissione dell’illecito e quindi dalla consapevolezza di aver intenzionalmente dato un contributo causale, materiale o morale, alla realizzazione del reato commesso dal cliente, rimanendo così esclusi gli atti di natura colposa, come gli errori materiali o concettuali dovuti cioè a negligenza o imperizia. La giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenza 24967/2015) ha affermato che il commercialista che tiene sistematicamente la contabilità del contribuente accusato di dichiarazione infedele risponde del reato a titolo concorsuale pur non avendo tratto alcun profitto dal reato. In tema di emissione di fatture false (sentenza 17418/2016) è stato affermato che risponde del reato il professionista che suggerisce a propri clienti di utilizzare tali documenti per abbattere il carico fiscale, a nulla rilevando l’effettivo inserimento delle stesse in dichiarazione.
Sul fronte dei costi, invece, (sentenza 39873/2013) risponde di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (articolo 2 del Dlgs 74/2000) il commercialista che contabilizza nelle dichiarazioni del cliente fatture che sapeva essere false o per le quali avrebbe dovuto, quanto meno, sospettare del carattere fittizio. Con riferimento al mero obbligo di presentazione della dichiarazione (Cassazione, sentenza 18845/2016), la responsabilità incombe direttamente sul contribuente tenuto a sottoscriverla, non potendosi trasferire sui professionisti incaricati a tale incombenza. Va anche escluso il concorso qualora la condotta sia meramente colposa (sentenze 38335/2013, 175/2013 e 16958/2012) poiché il contribuente ha un dovere di controllo sull’incarico affidato al professionista.
PER LA CASSAZIONE Il commercialista che tiene la contabilità del contribuente può rispondere del reato di fatture false anche se non ne ha tratto profitto