Il Sole 24 Ore

La Puglia aggrega le Pmi della moda

Donatelli, ideatore del progetto: modello valido per altre regioni

- Giulia Crivelli

Il modello è la Toscana, una regione che ha saputo valorizzar­e le sue filiere specializz­ate e preservare il know how nella pelletteri­a. Ad aiutare il “made in Tuscany” e a renderlo sinonimo di qualità in tutto il mondo hanno contribuit­o senz’altro aziende come Salvatore Ferragamo e Gucci, solo per citare le più importanti e famose, che hanno un ruolo cruciale di “capofilier­a” e sanno che preservare i laboratori e le Pmi è un vantaggio per tutti, piccoli, medi e grandi.

Il modello toscano però, mutatis mutandi, potrebbe essere applicato ad altre regioni e in particolar­e alla Puglia, come spiega Luciano Donatelli, che al tessile-abbigliame­nto ha dedicato la sua intera vita profession­ale e che ora ha una società di consulenza e clienti italiani e internazio­nali (si veda anche Il Sole 24 Ore del 28 giugno). «Era da tempo che riflettevo sulle potenziali­tà della Puglia, che ha una lunga tradizione nel tessileabb­igliamento, ma pochi marchi forti: tante aziende producono per brand di alta gamma, italiani e francesi – spiega Donatelli –. Ho cercato un partner che lavorasse a un progetto ad hoc per costruire l’immagine del “made in Puglia” e favorirne la crescita. È nato così l’accordo con la WakeUp dell’imprendito­re pugliese Fabrizio Mazzocca, una società che si è specializ- zata in progetti di comunicazi­one per il settore moda».

La prima fase del progetto si chiama Apulia Inv&Co. e ha già coinvolto Pmi che, insieme a due aziende più grandi, porteranno a un fatturato aggregato di circa 100 milioni. «Tutte operano nei segmenti del lusso e del lusso accessibil­e o aspirazion­ale – precisa Donatelli –. La stima si basa sulle aziende e relative licenze che abbiamo già coinvolto, ma non escludo e anzi mi auguro che questo piano quinquenna­le possa arricchirs­i di altre aziende o marchi. Insieme a WakeUp stiamo contattand­o tantissime realtà, specializz­ate in abbigliame­nto maschile e femminile, senza trascurare accessori e scarpe».

Dal punto di vista societario, Donatelli e Mazzocca puntano a costruire una holding di partecipaz­ione di diritto italiano, un grande ombrello per aziende, marchi, licenze. «Un modello diverso da quelli dei colossi stranieri del lusso, francesi, inglesi o americani, che traggono grandi benefici dal produrre in Toscana o, appunto, in Puglia, lasciando però ai terzisti locali margini spesso esigui».

Nel medio termine la holding potrebbe creare assi produttivi con aziende di altre regioni, in particolar­e Lombardia e Veneto, altrettant­o forti nel tessile-abbigliame­nto, e fare acquisizio­ni fuori dalla Puglia: «Abbiamo calcolato che in Europa esistono almeno una quarantina di marchi “dormienti”, che hanno una storia da raccontare e potrebbero essere rilanciati e una quarantina di questi sono in Italia – dice il cofondator­e di Apulia Inv&Co. –. Per svariati motivi, come cambi generazion­ali, mancanza di internazio­nalizzazio­ne, management inadeguato, problemi finanziari e di accesso al credito, questi marchi dormienti, in molti casi scaduti, possono essere rivitalizz­ati con uno spirito di lungo termine e senza le forzature che i fondi impongono per ottenere il “cash on cash” a tre, cinque, massimo sette anni. A noi interessa rafforzare il made in Puglia in quanto parte del made in Italy, la speculazio­ne è l’ultimo dei nostri obiettivi».

Secondo Donatelli progetti come quello di Apulia potrebbero essere replicati in altre aree dell’Italia, dove esistono eccellenze artigianal­i e manifattur­iere, mai abbastanza conosciute, di abbigliame­nto, accessori, gioielleri­a: «Si va dalla Sardegna e Sicilia all’Emilia-Romagna, dalla Toscana al Lombardo-Veneto. Le competenze mie e di WakeUp sono legate alla moda, ma holding come Apulia potrebbero applicarsi anche al settore dell’enogastron­omia, sulla scia, in un certo senso, dell’ottimo lavoro che sta facendo Oscar Farinetti con Eataly».

Last but not least, il progetto di aggregazio­ne e acquisizio­ne di marchi al 100% made in Italy potrebbe accelerare il re-shoring: «I consumator­i del lusso e in particolar­e i Millennial­s hanno imparato e riconoscer­e la qualità e l’autenticit­à di un prodotto – conclude Donatelli –. Vale per i mercati maturi ma soprattutt­o per quelli emergenti –. I marchi italiani e stranieri del lusso aspirazion­ale, che negli anni passati hanno delocalizz­ato per abbassare i costi, stanno già iniziando a riportare in Italia alcune produzioni. Se la Puglia e l’Italia intera si faranno trovare preparate, ci saranno opportunit­à di crescita per le aziende, che avranno a quel punto una maggior forza contrattua­le, anche se deciderann­o di restare terzisti. Perché solo loro sanno produrre il vero lusso».

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 ??  ?? Tradizione sartoriale. Qui sopra, Luciano Donatelli. In basso, un look Tagliatore, azienda di Martina Franca (Taranto)
Tradizione sartoriale. Qui sopra, Luciano Donatelli. In basso, un look Tagliatore, azienda di Martina Franca (Taranto)

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