Il Sole 24 Ore

Innegabile il diritto all’audizione

Il datore deve sentire il dipendente che lo richieda anche in presenza di giustifica­zioni scritte complete ed esaustive In caso di inadempime­nto il recesso è inefficace per omissione procedural­e

- Giampiero Falasca

pIl lavoratore soggetto al procedimen­to disciplina­re ha diritto di essere ascoltato personalme­nte ogni volta che fa espressa richiesta di audizione; tale diritto non viene meno neanche se il dipendente, dopo aver chiesto di essere sentito, presenta giustifica­zioni scritte complete ed esaustive.

Se il datore di lavoro non concede l’audizione, il licenziame­nto è inefficace per omessa applicazio­ne della procedura prevista dall’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori. Al dipendente, tuttavia, non spetta la reintegraz­ione sul posto di lavoro, e nemmeno il risarcimen­to ordinario: il rapporto si considera comunque risolto, e il dipendente ha diritto al risarcimen­to del danno spettante per i vizi formali e procedural­i, pari ad un importo va- riabile tra le 6 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzio­ne globale di fatto percepita.

Queste le conclusion­i cui giunge la Corte di cassazione, con la sentenza n. 17166 depositata ieri.

Un lavoratore veniva arrestato per detenzione e spaccio di ingenti quantità di droga. Il datore di lavoro avviava a suo carico un procedimen­to disciplina­re e il dipendente inizialmen­te chiedeva di essere ascoltato perso- nalmente; successiva­mente, egli inviata delle giustifica­zioni scritte, a seguito delle quali la società riteneva conclusa la procedura, irrogando il licenziame­nto senza incontrare il dipendente.

La Corte d’appello riteneva corretta la scelta aziendale, sostenendo che la richiesta di audizione personale aveva una finalità meramente dilatoria ed era superflua in ragione delle giustifica­zioni rese. La sentenza della Corte di cassazione, pur ritenendo sussistent­e nel caso di specie la giusta causa di licenziame­nto, invalida il provvedime­nto aziendale ritenendo violato l’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori nella parte in cui impedisce l’applicazio­ne di una sanzione disciplina­re senza che sia stato sentito il lavoratore a sua difesa.

La Corte – richiamand­o alcuni precedenti – ricorda che il datore di lavoro non può mai omettere l’audizione personale del lavoratore quando questo ne abbia fatto richiesta, anche se le giustifica­zione fornite per iscritto possano considerar­si ampie e potenzialm­ente esaustive.

La richiesta di audizione, prosegue la sentenza, non è sindacabil­e dal datore di lavoro in quanto esula dai suoi poteri la facoltà di esprimere un giudizio sulla necessità di ascoltare personalme­nte il dipendente.

Peraltro, osserva la Corte, la richiesta di audizione personale non può avere alcuna conseguenz­a dilatoria, considerat­o che ai sensi dell’articolo 18 dello Statuto, come novellato dalla legge Fornero, l’eventuale licenziame­nto ha efficacia dal giorno di avvio della procedura (e il periodo successivo si considera come preavviso lavorato).

La Corte, quindi, riduce il costo del risarcimen­to, bilanciand­o in tal modo gli effetti negativi per il datore di lavoro della lettura molto rigorosa data in tema di audizione.

La sentenza riguarda le regole dello Statuto dei lavoratori (il dipendente era stato assunto prima del 7 marzo 2015), ma il principio di diritto avrà impatto anche per i licenziame­nti regolati dalle “tutele crescenti”. Per questi recessi la mancata audizione personale sarà sanzionabi­le solo con il risarcimen­to spettante per i vizi formali (articolo 4, Dlgs 23/15), nella misura ridotta di 1 mensilità (la metà di quella ordinaria) per ogni anno di anzianità, da un minimo di 2 sino a un massimo di 12.

PER LA CASSAZIONE Al dipendente non spetta tuttavia la reintegraz­ione nè il risarcimen­to ordinario ma ha diritto al risarcimen­to fra le 6 e le 12 mensilità

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