Il Sole 24 Ore

Ritorno al mattone nell’era dei tassi zero

Tra speculazio­ne e volatilità

- Andrea Franceschi

Carrer, Degli Innocenti, Franceschi e Valsaniau

pU n bene tangibile e spesso più facilmente comprensib­ile anche da chi non è avvezzo ai labirinti della grande finanza, il mattone è da sempre una delle destinazio­ni di investimen­to predilette dai risparmiat­ori. Soprattutt­o in Italia dove il mito della casa di proprietà resta vivo e inossidabi­le. Nonostante l’investimen­to i mmobiliare abbia una serie di pecche non da poco come la sua illiquidit­à o il grado di rischio spesso non facilmente percepibil­e (si pensi a un inquilino moroso o a spese straordina­rie non preventiva­te). E nonostante la crisi abbia messo in discussion­e la presunta solidità di questa tipologia di investimen­to. Non bisogna di- menticare che la crisi che stiamo vivendo ancora oggi è nata dal mattone. Negli Stati Uniti, dove l’erogazione scriteriat­a di mutui a creditori poco solvibili ha dato origine al bubbone dei mutui subprime . E anche in Europa dove lo scoppio di bolle immobiliar­i ha messo in ginocchio Paesi come l’Irlanda e la Spagna costringen­doli a chiedere aiuto all’Europa per mettere in sicurezza il sistema creditizio.

In Italia non c’è stata - per fortuna - una bolla immobiliar­e. Ma il mercato ha indubbiame­nte sofferto la crisi. Le quotazioni sono molto scese anche perché c’è stato un netto calo delle compravend­ite (-40% per il residenzia­le e -50% per le imprese) per via del fatto che le banche, negli anni dello spread impazzito, non erogavano credito. Oggi le condizioni di accesso ai prestiti bancari sono nettamente migliorate.

Gli sforzi di Mario Draghi e della Bce per incentivar­e il finanziame­nto a famiglie e imprese hanno iniziato a dare i loro frutti. Basti pensare che, stando all’ultimo rapporto di Nomisma sul mercato immobiliar­e, il totale dei mutui erogati in Italia è passato da 24,1 miliardi del 2013 ai 41,2 miliardi del 2015 con una stima sul 2016 di 47,5 miliardi.

Un exploit dettato dai tassi agevolati e da una maggiore propension­e delle banche a fare credito a famiglie e imprese. Famiglie e i mprese che garantisco­no maggiori margini di guadagno rispetto, ad esempio, agli assai poco redditizi titoli di Stato.

Questo aumento delle erogazioni di mutui, inizialmen­te frutto del boom delle surroghe, si è andato accompagna­ndo ad un aumento delle compravend­ite (+17% nei primi tre mesi del 2016). Un aumento dei volumi che tuttavia non è andato di pari passo con un aumento dei prezzi. «La ripresa del mercato delle compravend­ite di abitazioni - segnala sempre Nomisma - stenta a propagarsi ai prezzi, mettendo così in discussion­e l’evidenza storica che individua in circa due anni il ritardo con cui i valori di mercato reagiscono all’aumento degli scambi».

Poco favorito in questa fase è quindi chi vende che, specialmen­te se ha comprato prima della crisi, ha scarsissim­e probabilit­à di recuperare il capitale investito.

Meglio se la passa chi vuole comprare che, oltre al già citato contesto favorevole sul fronte mutui, può contare sui benefici fiscali previsti per le ristruttur­azioni edilizie.

Certo, se la si guarda nell’ottica del l ungo periodo, questa stagnazion­e dei prezzi degli i mmobili qualche preoccupaz­ione, anche a chi compra, dovrebbe darla. Specialmen­te se lo fa nell’ottica di rivendere in futuro. Perché se i prezzi nei prossimi anni non saliranno si riducono anche le possibilit­à di guadagno, rivendendo la casa a prezzo maggiorato. In questo senso il mercato immobiliar­e riproduce, mutatis mutandis, le logiche di altri mercati. Ad esempio quello obbligazio­nario i cui rendimenti sono bassi (se non negativi) perché bassa è la dinamica inflazioni­stica.

Da questo punto di vista chi investe nel mattone, se nell’immediato ha tutto l’interesse a che i prezzi restino bassi, nel medio-lungo periodo dovrebbe sperare in una ripresa dell’inflazione che gli garantisca una rivalutazi­one dell’immobile.

CASA BENE RIFUGIO In Italia si torna a investire. Il totale dei mutui erogati negli ultimi anni è aumentato dai 24,1 miliardi del 2013 ai 41,2 miliardi del 2015

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UMBERTO GRATI

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