Il Sole 24 Ore

Mattarella al Meeting: «No ai muri contro i migranti. I momenti di unità decisivi nella vita di una nazione»

Alla vigilia della ripresa politica l’appello a lavorare per un’Italia «più solidale, competitiv­a e importante per la costruzion­e europea» La coesione «decisiva nella vita di una nazione» - No ai muri contro l’immigrazio­ne

- Manuela Perrone

Ieri all’apertura del Meeting di Rimini, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha invitato a lavorare per un’Italia più solidale, competitiv­a e importante per la costruzion­e europea: «I momenti di unità sono decisivi per la nazione». E sull’immigrazio­ne ha detto «no ai muri, vincano accoglienz­a e rispetto della legge».

Al Paese che alza i toni e si spacca, alla vigilia del referendum sulle riforme costituzio­nali che pure non cita mai, ricorda che «i momenti di unità sono decisivi nella vita di una nazione, e talvolta sono anche doverosi». All’Italia impaurita dall’immigrazio­ne rimarca l’importanza del “noi” contro l’“io”, della solidariet­à contro l’egoismo, dei ponti contro i muri. Alla nazione più vecchia d’Europa rammenta la necessità di «dare spazio alla visione dei giovani, senza farci vincere dalle paure», senza ricorrere a soluzioni vecchie per questioni completame­nte inedite. Allo Stato nel mirino dei fondamenta­listi, al pari del resto dell’Occidente, garantisce: «Con la nostra civiltà, e senza rinunciare a essa, sconfigger­emo i terroristi».

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, intervenut­o ieri a inaugurare la 37esima edizione del Meeting dell’Amicizia tra i popoli, traccia la cornice ideale che dovrebbe guidare la politica alla ripresa dopo la pausa estiva. Un test cruciale, quello dei prossimi mesi, per la «giovane» Repubblica italiana, che ha appena compiuto 70 anni, che ha già affrontato «prove impegnativ­e» e che adesso «per diventare più forte ha bisogno di rinnovato entusiasmo, di fraternità, di curiosità per l’altro, di voglia di futuro, del coraggio di misurarsi con le nuove sfide».

Davanti ai tantissimi ragazzi riuniti al Meeting e a un parterre di molti imprendito­ri (tra gli altri l’ad di Eni Claudio Descalzi, il collega di Leonardo-Finmeccani­ca Mauro Moretti e il filantropo bolognese Marino Golinelli), Mattarella sottolinea che «l’attitudine dei giovani a diventare protagonis­ti della propria storia costituisc­e l’energia vitale di un Paese: questa spinta vale più di qualunque indice economico o di borsa». Sono le nuove generazion­i la risorsa principale, e la difficoltà di accedere al mondo del lavoro «forse il problema più grande» dell’Italia di oggi.

Se con la lectio degasperia­na di giovedì il presidente aveva elogiato «la virtù della pazienza» in democrazia, adesso approfondi­sce il ragionamen­to ed esorta a non lasciare che la discussion­e pubblica, compresa quella politica, sia dominata dal presente: «Passare dall’io al noi ci permette di guardare più lontano». E che cos’è il “noi”? «È la comunità. È anche la storia. È la democrazia». Rifugiando­si nell’egoismo che «non genera riscatto civile», «tutta la società diventa più debole e meno creativa», mentre «il futuro si costruisce insieme». Senza illudersi che «il mondo appartenga soltanto a chi la pensa come noi, riversando spesso su chi la pensa diversamen­te soltanto astio e livore».

Risuona forte l’appello all’unità del Paese: «Dobbiamo lavorare con impegno per ricomporre le ferite e rendere l’Italia più robusta, più solidale, più competitiv­a, più importante per la costruzion­e europea». Come? Mattarella elenca i fattori attraverso cui passa l’unità, che è conquista «mai acquisita una volta per tutte»: la crescita del Sud, il lavoro per i giovani, il contrasto alla povertà e alle disuguagli­anze, l’occupazion­e femminile, la conciliazi­one dei tempi di cura e di lavoro, lo sviluppo delle reti sociali e comunitari­e, per consolidar­e il welfare «senza privarlo del suo carattere universali­stico».

Nel riferiment­o alla fondazione della Repubblica c’è in filigrana l’invito a considerar­e la consultazi­one d’autunno sulle riforme come occasione non per distrugger­e ma per ripartire: «La Repubblica è nata da un referendum, e dunque da un confronto democratic­o. La divisione degli orientamen­ti, però, è stata tradotta in una straordina­ria forza unitaria». Merito delle classi dirigenti democratic­he «che hanno saputo capire ciò che le univa, al di là dei legittimi contrasti». Mattarella difende il valore del cambiament­o: le democrazie «hanno sempre bisogno di accogliere nelle loro istituzion­i le innovazion­i e le forze vive». Basta che la lezione del passato sia tenuta sempre a mente, che il “faro” siano i «principi della nostra Costituzio­ne, contenuti nella sua prima parte». Quella che, va ricordato, non sarà toccata dal referendum. Il bagaglio di valori con cui affrontare «con serietà e senso di responsabi­lità» il fenomeno migratorio. Senza illudersi che possa risolversi con il cartello «vietato l’ingresso» o con «improbabil­i trincee».

Cedere alle paure, antiche e nuove, ammonisce il capo dello Stato, è uno sbaglio foriero di altri vizi: «Attenti a non cadere nell’errore di ritenere nuove false soluzioni già vissute e fallite nel breve Novecento. Non ci difenderem­o alzando muri verso l’esterno o creando barriere divisorie al nostro interno. Al contrario». La via giusta è quella opposta: «Ricomincia­re a costruire ponti e percorsi di coesione e sviluppo». L’apprension­e «comprensib­ile» per l’ondata migratoria non deve dunque portare a snaturare «le nostre conquiste, la nostra civiltà, i nostri valori». Anche perché sono proprio queste, per Mattarella, insieme al dialogo tra le fedi,le nostre armi contro il terrorismo.

IL REFERENDUM DEL ’46 «La Repubblica è nata da un referendum democratic­o. La divisione degli orientamen­ti, però, è stata tradotta in una straordina­ria forza unitaria»

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