Germania verso il divieto al burqa
La Germania fa un passo verso la Francia, con un progetto di legge per vietare il velo integrale in scuole, tribunali e altri uffici pubblici, mentre in tutta Europa rimane acceso il dibattito su burqa e burkini, il costume da bagno islamico che copre l’intero corpo femminile (ad eccezione del volto), bandito da un numero crescente di comuni francesi.
La svolta tedesca - un bando soft, non totale come qualcuno chiedeva - è arrivata dopo un dibattito tra i ministri dell’Interno dei Länder amministrati dalla Cdu di Angela Merkel e dai suoi partner di governo bavaresi della Csu. Ad annunciarla - all’indomani della presa di posizione della cancelliera, che aveva definito il burqa «un ostacolo all’integrazione» – è stato il ministro dell’Interno federale, Thomas de Maizière: «Rifiutiamo all’unanimità il burqa, non è adatto alla nostra società liberale», ha detto; aggiungendo poi le motivazioni giuridiche più forti del provvedimento, che per diventare legge dovrà essere approvato dai partner socialdemocratici dell’esecutivo Merkel: «Vogliamo rendere obbligatorio - ha spiegato il ministro - mostrare il volto dove è necessario: al volante, davanti alle autorità, all’Ufficio di stato civile, in scuole e università, nel servizio pubblico, di fronte a un tribunale, nei cortei».
Sono queste del resto le motivazioni con cui il bando a burqa e niqab (che lascia scoperti solo gli occhi) è diventato legge in Francia, primo Paese europeo a vietare il velo integrale in spazi pubblici, strade comprese, con una normativa entrata in vigore nell’aprile 2011 e convalidata nel 2014 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo. La legge prevede per chi la trasgredisce multe fino a 150 euro. Analogo divieto è in vigore in Belgio, sempre dal 2011, e prevede pene fino a sette giorni di carcere. In Olanda il governo ha approvato l’anno scorso un bando parziale, che vieta il velo integrale in scuole, ospedali, trasporti pubblici (ma non in strada), con multe che arrivano fino a 405 euro. In Svizzera il burqa è vietato nel Canton Ticino.
Un contesto almeno in parte diverso è quello in cui ha preso quota il dibattito di quest’estate attorno al burkini (contrazione di “burqa” e “bikini”), vietato sulle spiagge da diversi sindaci francesi, da Cannes alla Corsica: l’ultimo è stato ieri quello di Nizza. In questo caso l’identificazione per motivi di sicurezza non c’entra e i primi cittadini hanno infatti giustificato i loro provvedimenti con diverse spiegazioni, dall’igiene alla difesa della laicità, fino all’ordine pubblico, visto che la questione in Corsica avrebbe scatenato addirittura una rissa in spiaggia. «Il burkini è incompatibile con i nostri valori - ha dichiarato mercoledì in un’intervista il premier francese Manuel Valls, socialista -: è la traduzione di un progetto politico di contro-società, fondato sull’asservimento della donna».
Il costume della discordia in realtà non è così diffuso sui litorali francesi e lo scontro tradisce anche la diffidenza e la tensione con la comunità islamica (la Francia è il Paese europeo occidentale con il maggior numero di musulmani, cinque milioni), cresciute enormemente dopo l’ondata di attentati jihadisti che hanno colpito l’Europa, Parigi in testa. Tra i più tragici quello messo in atto proprio a Nizza, il 14 luglio scorso.
Non è un caso forse che i di-
IL DIBATTITO SUL BURKINI Anche il Comune di Nizza vieta di indossare il costume islamico in spiaggia I divieti sono per il momento limitati alla Francia
vieti siano in questo momento prerogativa quasi esclusiva dei comuni francesi. In Spagna si segnala un caso isolato, quello della città basca di Vitoria, che nel 2014 vietò l’ingresso in piscina a donne velate, per motivi d’igiene; si trova notizia poi di qualche raro caso di discussione analoga in piscine olandesi, svizzere e austriache. Solo in Germania la questione ha superato il livello municipale, con una conclusione però del tutto opposta: a una famiglia musulmana di Francoforte, che chiedeva di esentare la figlia undicenne dai corsi scolastici di nuoto, il Tribunale amministrativo federale rispose che - visto che alla ragazza era concesso indossare il burkini - doveva partecipare ai corsi. Era però il 2013. Sembra un’altra era.