Il Sole 24 Ore

Le norme «anti-Burqa» ci sono già

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Un casco, un passamonta­gna e un burqa. Tre simboli dentro un cerchio rosso sbarrato. E la scritta: «Per ragioni di sicurezza è vietato l’ingresso con il volto coperto». È il cartello che dal 1° gennaio è affisso in ospedali e sedi regionali. La Lombardia, unica regione in Italia, è andata così oltre la legge italiana modificand­o il regolament­o per l’accesso alle strutture regionali che è entrato in vigore appunto dal 2016. Una misura di rafforzame­nto «delle misure di sicurezza» indotta dai «gravi episodi di terrorismo».

Ma il testo altro non richiama che le norme già in vigore in Italia e su cui il Viminale non ha alcuna intenzione di intervenir­e con nuove restrizion­i specifiche. La legge che consente verifiche su chi circola in modo «travisato» è la 152 del 1975 sulla tutela dell’ordine pubblico. «È vietato - prevede l’articolo 5 - l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficolto­so il riconoscim­ento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico». Dunque anche il velo islamico integrale, non citato. Tanto che qualche tentativo di rendere esplicito il rifermento è stato fatto nel corso della scorsa legislatur­a con una proposta di legge del 2009 targata Pdl (Divieto di indossare gli indumenti denominati burqa e niqab) arrivato all’esame dell’Aula nel 2011 ma rimasto in stand-by. Per ora la Lombardia resta un caso isolato. Perché come sottolinea­to dal guardasigi­lli, Andrea Orlando siccome una legge c’è già «non si avverte l’esigenza di inventarse­ne di nuove».

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