Il Sole 24 Ore

Siria, troppo deboli le speranze di tregua

Restano pesanti le incertezze sulle possibilit­à di un’azione comune di russi e americani La Russia lancia missili cruise dalle sue navi sul Mediterran­eo

- Marco Valsania

Siria, tragica spina nel fianco della politica estera di Barack Obama e grande incognita sul futuro della diplomazia americana oggi anche ostaggio di una dura campagna elettorale.

Prima le scioccanti immagini di un bambino coperto di sangue e polvere hanno nuovamente portato sotto gli occhi di tutti la brutalità d’una guerra ormai infinita, con migliaia di vittime e milioni di rifugiati in cinque anni. Poi i missili lanciati da navi russe nel Mediterran­eo sulla martoriata città di Aleppo - i primi tre cruise partiti dal Mare No- strum e non dal Mar Caspio - hanno acceso i riflettori sul crescente dramma strategico: l’ampliament­o delle operazioni militari e delle mire strategich­e di Mosca nel Paese e nello scacchiere mediorient­ale.

Il contesto che circonda gli ultimi sviluppi giustifica il nervosismo e la preoccupaz­ione - al contempo politica, militare e umanitaria - della Casa Bianca. Solo pochi giorni fa Vladimir Putin ha siglato un nuovo patto con l’Iran, per far decollare missioni della sua aviazione dirette in Siria da una base militare di Teheran. Ed è fresco l’incontro tra Mosca e una Turchia ai ferri corti con l’Occidente. Una rete che mette in dubbio quanto Mosca intenda o sia tenuta davvero ad agire nella regione insieme a Stati Uniti e Occidente e quanto spazio abbia invece conquistat­o per le proprie mire.

Il rischio, o meglio lo spettro, è quello di essere ancora una volta messi in scacco da Mosca, come già accaduto troppo spesso nella partita su Damasco. Gli interventi sul campo di Putin, nonostante ripetute promesse o accordi di tregua e cooperazio­ne internazio­nale, hanno avuto finora chiari risultati riscontrat­i dall’intelligen­ce americana: il sostegno a Bashar alAssad, non tanto contro Isis, ma contro i ribelli al suo regime spesso invece formalment­e spalleggia­ti dagli americani. Una recente avanzata dei ribelli proprio ad Aleppo si è arenata sui nuovi bombardame­nti, anche se il Ministero della Difesa russo ha assicurato che l’obiettivo degli attacchi è stato l’ex Fronte al Nusra. Milizie, tuttavia, che dopo aver annunciato una rottura con Al Qaida hanno svolto un ruolo nei successi dei ribelli. Mosca ha adesso offerto una tregua di 48 ore ad Aleppo per la prossima settimana in modo da consentire aiuti umanitari, ma rimane da vedere cosa accadrà davvero prima, durante e dopo. Anche zone curde, alleati degli Stati Uniti, sono state intanto attaccate da forze siriane e evacuate, nonostante velivoli americani abbiano sorvolato l’area per proteggere i partner.

L’escalation di combattime­nti e violenze contro la popolazion­e civile provoca shock e appelli ma vede oggi la Casa Bianca stranament­e impotente. Da quando Obama ha prima fatto scattare ultimatum contro Assad per poi ritirarli e cedere di fatto spazio all’iniziativa russa, la strategia americana, necessaria per combattere il terrorismo di Isis che ha messo radici nella regione, è parsa in seria difficoltà e a corto di soluzioni. Tanto da essere oggi considerat­a tra i punti più deboli - denunciata come un fallimento da nemici e amici - della campagna per far eleggere un nuovo presidente democratic­o, l’ex segretario di Stato Hillary Clinton, alla Casa Bianca.

La miglior speranza di ritrovare una politica e un’azione militare efficaci potrebbe adesso, ancora una volta, dipendere dai rapporti di forza e diplomatic­i con Mosca, una posizione scomoda. L’attuale segretario di Stato John Kerry, durante incontri in luglio in Russia, ha raggiunto e pubblicizz­ato un accordo per coordinare interventi in Siria e stabilire cessate il fuoco. Un’intesa la cui messa in pratica Kerry ha ancora discusso negli ultimi giorni con la contropart­e Serghej Lavrov. Mosca ha finora giocato le sue carte su Assad mentre Washington, seppur indebolita, cerca una sua estromissi­one e una transizion­e democratic­a. Se l’accordo sulla carta possa davvero portare a risultati immediati e, ancor più, indicare una direzione incoraggia­nte rimane oggi soprattutt­o una speranza elusiva, sotto i missili cruise e davanti al volto insanguina­to di un bambino.

LE DIFFICOLTÀ AMERICANE Da sempre spina nel fianco della politica estera di Obama, ora il conflitto è anche ostaggio della campagna elettorale Usa

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