Compensi, canoni e beni non «bastano» per l’Irap
I compensi a terzi, i canoni di locazione e la presenza di beni strumentali non sono prove per l’assoggettabilità a Irap: è il giudice tributario, infatti, a dover accertare se tali elementi dimostrino la sussistenza di un’autonoma organizzazione. A confermare questo principio è la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 17221, depositata ieri.
Un avvocato presentava un’istanza per la richiesta di rimborso Irap, sul presupposto dell’assenza di autonoma organizzazione. L’Ufficio respingeva la domanda rilevando che il professionista negli anni oggetto di rimborso aveva erogato compensi a terzi, utilizzato beni strumentali e pagato canoni di locazione, con la conseguenza che l’Irap era stata correttamente versata.
L’avvocato proponeva così ricorso avverso il diniego che trovava pieno accoglimento in primo grado. Il giudice di appello, in riforma della precedente decisione, riteneva che non fosse stata provata l’assenza di autonoma organizzazione, attesi tutti gli elementi rilevati dall’Agenzia.
La sentenza veniva impugnata in Cassazione per omessa valutazione delle prove. Inoltre, il contribuente evidenziava che nelle more era divenuta definitiva una sentenza avente ad oggetto la medesima richiesta riferita però ad altra annualità.
I giudici di legittimità hanno preliminarmente rilevato che, secondo un orientamento con- solidato, la sentenza del giudice tributario con la quale si accertano contenuto ed entità degli obblighi del contribuente per un determinato anno di imposta, fa stato per gli anni successivi solo per gli elementi che hanno un valore “condizionante”. La sentenza, invece, che risolve una questione riferita ad uno specifico periodo di imposta non può estendere gli effetti automaticamente ad altre annualità (Cassazione, sentenza 229141/2013). Nella specie, l’assenza di autonoma organizzazione in un esercizio non necessariamente si protrae anche per quelli successivi, con la conseguenza che il passaggio in giudicato della decisione per l’anno precedente fosse del tutto irrilevante.
Ciò premesso, la Suprema Corte ha accolto il ricorso dell’avvocato poiché effettivamente dalla motivazione della sentenza, la Ctr aveva omesso di valutare la sussistenza dell’autonoma organizzazione. Il giudice tributario, a tal fine, è infatti tenuto a riscontrare se il professionista è il responsabile dell’organizzazione e non sia invece inserito in strutture altrui; l’impiego di beni strumentali, non deve essere eccedente rispetto al minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività e l’eventuale lavoro di terzi va valutato non solo con riferimento all’occasionalità, ma anche alle mansioni svolte, riferite cioè ad attività di segreteria o meramente esecutive. Il collegio di appello si era limitato a desumere la sussistenza dell’autonoma organizzazione in base alla presenza di “compensi a terzi”, all’utilizzo di beni strumentali non meglio identificati ed al pagamento di canoni di locazione. Si trattava tuttavia di elementi non decisivi ai fini della sussistenza del presupposto impositivo.
I PRECEDENTI Una sentenza sulla stessa questione non può estendere i suoi effetti ad altri periodi d’imposta non considerati nel giudicato