Il Sole 24 Ore

Le incognite davanti ai Paesi emergenti

- di Marco Magnani @marcomagna­n1 © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’Europa non riesce a tornare a ritmi di crescita soddisface­nti. La ripresa degli Stati Uniti è ancora fragile, tanto che la Federal reserve continua a rimandare il rialzo dei tassi d’interesse. Il Giappone è addirittur­a da due decenni in una preoccupan­te situazione di deflazione. Se le economie avanzate soffrono, quelle emergenti – che negli anni passati ci avevano abituato a tassi di crescita a doppia cifra – non stanno molto meglio. Anzi, hanno di fronte un periodo ricco di rischi e insidie. E spesso non sono attrezzate per affrontarl­e.

Il calo della domanda aggregata mondiale è la prima causa del rallentame­nto di molte economie esportatri­ci di manufatti. Il caso più rilevante è la frenata della Cina. A ciò si aggiunga, per i Paesi produttori ed esportator­i di materie prime, l’impatto negativo dovuto al crollo – a partire dal 2014 – dei prezzi di petrolio, gas e minerali. Paesi come Brasile, Sud Africa, Russia, Arabia Saudita, Nigeria, Venezuela sono in grande difficoltà. In molti casi avevano tarato la spesa pubblica sull’aspettativ­a di entrate stimate con i prezzi delle materie prime ante 2014, drogati dalla insaziabil­e domanda cinese. Oggi si ritrovano con deficit e debiti pubblici – in parte denominati in dollari – al limite della sostenibil­ità.

Tra le economie emergenti in difficoltà, l’India sembra essere l’eccezione grazie ai forti fondamenta­li di crescita interna, all’importanza delle esportazio­ni di servizi e prodotti intellettu­ali rispetto ai manufatti, ai benefici del ribasso del prezzo delle materie prime di cui è forte importatri­ce e all’avvio di un processo di riforme.

Ma i problemi per le economie emergenti non sono solo il rallentame­nto della domanda mondiale e il crollo dei prezzi delle materie prime. Sono fonte di grande preoccupaz­ione anche l’impatto della tecnologia digitale sulla produzione manifattur­iera e l’attuale quadro macroecono­mico, caratteriz­zato da forti squilibri globali e basso costo del denaro.

Quanto alla tecnologia, la progressiv­a digitalizz­azione e robotizzaz­ione di produzioni che negli ultimi decenni erano state delocalizz­ate in Paesi emergenti alla ricerca di risparmi sul costo del lavoro, rischia di far saltare il modello di crescita di molte di queste economie. L’automazion­e renderà infatti meno importante la disponibil­ità di manodopera a basso costo e riavvicine­rà molte produzione ai mercati di sbocco finale. Il fenomeno è già in atto.

L’effetto combinato di globalizza­zione e crisi economica ha poi prodotto uno scenario macroecono­mico complesso e dalle forti interdipen­denze. Che nasconde alcune trappole pericolose. Tra queste i grandi squilibri delle bilance dei pagamenti a livello globale, la crescente volatilità di mercati finanziari, valutari e di commodity, i rischi concreti di bolle speculativ­e. Inoltre, la politica monetaria espansiva condotta in questi anni dalle principali Banche centrali ha abbassato i tassi d’interesse e aumentato la rapidità degli spostament­i di capitale cross-border.

Tutto ciò può produrre pericolose distorsion­i. Le economie emergenti, spesso dotate di mercati finanziari poco liquidi, possono essere tentate, per sostenere la domanda interna, di ricorrere a capitali esteri piuttosto che a risparmio domestico e in particolar­e all’indebitame­nto piuttosto che a capitali di rischio. Tuttavia il flusso di capitali dall’estero rafforzere­bbe la valuta locale deprimendo ulteriorme­nte le esportazio­ni ed esporrebbe il Paese al rischio di una futura repentina fuga di quegli stessi capitali. Inoltre la possibilit­à di indebitars­i a basso costo è un forte disincenti­vo ad affrontare seriamente le riforme di cui molti di questi Paesi hanno bisogno per tornare a crescere.

Per le economie emergenti non si prospettan­o tempi facili. Calo della domanda mondiale e crollo delle materie prime sono solo parte del problema. Altre sfide vengono da tecnologia, volatilità dei mercati finanziari, denaro a basso costo e rapidità di movimento internazio­nale dei capitali. Non tutti i Paesi sono attrezzati per affrontarl­e. Non tutti riuscirann­o a superarle senza danni.

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