Dieselgate, nuove accuse contro Bosch
Scandalo emissioni. Gli avvocati amer icani che seguono la class action Volkswagen citano in giudizio anche la multinazionale tedesca che produce le centraline: «Non poteva non sapere»
Le accuse sono scritte, nero su bianco, in un documento di 742 pagine. Appena depositato in una Corte federale di San Francisco dagli avvocati che portano avanti la class action miliardaria, intentata da centinaia di migliaia di automobilisti per il Dieselgate. Con un piccolo, nuovo, particolare: questa volta il soggetto accusato non è più solo Volkswagen. Ma anche Bosch, fornitore delle centraline di controllo delle emissioni del motore. Le fantomatiche centraline Edc Unit 17, prodotte in stretta collaborazione con Vw per un decennio che contenevano uno specifico algoritmo per regolare nel motore, tra le altre cose, i flussi di carburante, la pressione dell’aria, il ricircolo dei gas esausti. Valori che sarebbero stati “truccati”per migliorare i dati delle emissioni durante i test. Il software illegale è stato usato su circa 11 milioni di veicoli diesel Volkswagen - la Casa tedesca lo ha ammesso nel settembre 2015. Di questi “solo” 600mila sono stati venduti negli Stati Uniti. Per gli avvocati americani Bosch avrebbe avuto un ruolo centrale nello sviluppo del software delle centraline incriminate. Centraline che sono sigillate per resistere alle perdite d’olio del motore così come alle intemperie, alla pioggia e al gelo. Dispositivi estremamente sofisticati, con memorie software che non possono essere modificate dal costruttore di auto senza la collaborazione di Bosch, che non consente cambiamenti alla programmazione senza la sua approvazione. «È inconcepibile - si legge nel documento - che Bosch non fosse a conoscenza del fatto che ci fosse un sistema illegale nel software di quelle centraline di cui aveva la responsabilità della progettazione, dello sviluppo di prodotto, dei test e della manutenzione». Per i legali che seguono la class action Usa, Bosch sarebbe stata complice di Vw nell’intero Dieselgate.
La società in una nota non ha commentato le accuse e ha ricordato che da mesi «collabora con le indagini americane e difende i suoi interessi nei procedimenti legali aperti». Bosch ha già deciso accantonamenti per 650 milioni di euro nel bilancio 2016 per il contenzioso legale negli Usa e non ha aderito all’accordo extragiudiziale da 15,3 miliardi di dollari per evitare la causa civile firmato da Vw a fine giugno con l’Authority ambientale Epa e con i consumatori americani. Per Bosch quindi la causa civile va avanti. Gli avvocati americani sostengono anche che il presidente della società Volkmar Denner «giocò un ruolo decisivo» nella vicenda Dieselgate: Denner che è presidente dal 2012, in passato è stato direttore della divisione Bosch denominata Ecu, proprio quella che segue la produzione delle centraline di controllo dei motori.
È un altro duro colpo per l’industria tedesca e per la sua credibilità. La Robert Bosch GmbH è una multinazionale con stabilimenti in mezzo mondo, 375mila occupati e un giro d’affari di 71 miliardi di euro lo scorso anno. È il maggiore produttore mondiale di componentistica per auto, che rappresenta il 90% del suo fatturato.
Bosch è il cuore dell’industria tech tedesca. E non esiste auto al mondo che non abbia al suo interno tecnologia prodotta dal gruppo di Gerlingen, alle porte di Stoccarda.