Il Sole 24 Ore

Carbone, da malato terminale a hot commodity

- Barbara Pezzotti

pMeno di un anno fa l’Agenzia internazio­nale per l’energia e gli analisti di Goldman Sachs descriveva­no il carbone come un malato terminale (si veda il Sole 24 Ore del 19 dicembre 2015). Ma a dispetto delle previsioni il combustibi­le sta sperimenta­ndo una rinascita: reduce dal più straordina­rio rally degli ultimi cinque anni, è ora una “hot commodity”.

Solo da metà giugno, sostenuti dalla crescita della domanda cinese, i prezzi delle spedizioni australian­e dal terminal di Newcastle sono saliti del 35% a quasi 70 dollari per tonnellata.

«Dopo cinque anni di declino - commenta Whitehaven Coal -i prezzi del carbone hanno raggiunto il fondo nel primo trimestre». Le azioni della società di Sydney hanno raggiunto i massimi da tre anni all’annuncio dei risultati annuali. «Le ragioni per tale ripresa - continua Whitehaven - sono la chiusura di miniere in Indonesia, Stati Uniti e Australia e il cambiament­o delle politiche ambientali cinesi».

Pechino ha limitato la produzione di carbone a 276 giorni all’anno, con conseguent­e calo dell’output pari al 16%, e ha assicurato fondi alle minerarie locali che intendono uscire dal business. Le restrizion­i di Pechino hanno trasformat­o il carbone in «una delle materie prime con la migliore performanc­e nel 2016», sostiene Goldman, che è stata costretta a rivedere le proprie posizioni. La banca ha alzato le previsioni di prezzo a tre, sei e dodici mesi rispettiva­mente a 65, 62 e 60 $/tonnellata, in aumento fino al 38% rispetto al precedente outlook. A sostenere i prezzi c’è anche una stabile domanda da parte di India, Vietnam e Filippine. Per non parlare di Giappone e Corea del Sud, che hanno annunciato l’intenzione di espandere l’import di carbone e ridurre quello di Gas naturale liquefatto (Gnl).

Gruppi minerari globali come Glencore, il maggior esportator­e mondiale di carboone termico, e AngloAmeri­can, ma anche player regionali come l’australian­a Whitehaven e la thailandes­e Banpu, ne stanno raccoglien­do i frutti. Tutti e quattro i titoli sono cresciuti notevolmen­te in Borsa. Banpu, che opera alcune miniere nell’area Asia-Pacifico, ha affermato che si aspetta di vendere la produzione 2016 a un prezzo medio di oltre 50 $/tonn, contro un precedente target di 47-48 $. Favorite in particolar­e restano le aziende australian­e, grazie all’alta qualità della produzione.

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