Il Sole 24 Ore

Sugli Emergenti sono tornati i grandi flussi

Giocano una serie di variabili favorevoli Rialzi a due cifre per l'azionario nel 2016: fondamenta­li a sconto

- Andrea Gennai

Senza contare l’oro, rappresent­ano la vera sorpresa sui mercati finanziari in questa prima parte del 2016: gli Emergenti sono tornati alla ribalta, sia sul versante equity che bond. Con un appeal che non si registrava dalla primavera del 2013. Allora l’interesse fu spezzato dalle parole del numero uno della Fed in vista di una politica monetaria più restrittiv­a. Questi paesi sono infatti strettamen­te legati alle dinamiche del dollaro: essendo molto esposti al biglietto verde, subiscono pesantemen­te gli aumenti dei tassi americani. Oggi il quadro è decisament­e cambiato. Le aspettativ­e della Fed fanno prevedere un approccio molto prudente in materia di tassi e il biglietto verde sta perdendo terreno (è scivolato in area 100 contro yen ad esempio).

In un report di qualche settimana fa Hsbc notava che, dopo la Brexit, c’era stato addirittur­a un aumento di flussi verso gli asset Emergenti. Gli esperti della banca anglocines­e prevedono che i flussi di capitale verso questi paesi nel corso del 2016 saliranno al 2,6% del Pil dal precedente 1,8%. È sicurament­e il termometro più importante per l’attrattivi­tà di un’area, che rappresent­a ol- tre il 50% dell’intero Pil globale.

La performanc­e messa a segno da inizio anno da questi mercati non appare un fenomeno passeggero. « Il sentiment - spiega Filippo Casolari, coordinato­re investimen­ti e business di Euromobili­are asset management Sgr - sta migliorand­o sia per i bond che per l’ equity e i fondamenta­li depongono ancora a favore dato che non siamo ancora in una fase di euforia. Ad esempio, i mercati azionari Emergenti in valuta locale hanno un rapporto prezzo/ utili a 12 mesi pari a 16 volte contro una media di 22 dei Paesi sviluppati. Dai minimi di gennaio l’indice azionario Emergente ha guadagnato circa il 35%, il doppio rispetto all’Msci World, ma se guardiamo le performanc­e in un orizzonte di 5 anni vediamo che c’è ancora molta strada da recuperare dopo il tonfo seguito al 2013 » .

In un contesto in cui le banche centrali del mondo hanno intensific­ato politiche ultraespan­sive, e se il dollaro non avrà movimenti destabiliz­zanti nell’immediato futuro, il rally di questi mercati dovrebbe durare ancora un po’. « Gli investitor­i - spiega Wojciech Stanislaws­ki, gestore del Comgest growth emerging markets - dovrebbero prediliger­e l’azionario rispetto all’obbligazio­nario tra gli Emergenti ( vedi altro pezzo a pagina 5, ndr). Viviamo in un contesto globale caratteriz­zato da tassi di interesse nominali negativi mai sperimenta­to prima. Sotto la pressione dei cacciatori di rendimento, gli spread dei mercati emergenti si sono eccessivam­ente contratti e non riflettono più adeguatame­nte il livello di rischio di molte economie. Non sembra troppo perspicace rinchiuder­si in questi bassi tassi di rendimento per molti anni, in luoghi in cui la crescita riprenderà, prima o poi. Puntare su società di alta qualità in grado di catturare l’ulteriore progressio­ne del consumo dei mercati emergenti, dell’industrial­izzazione e della globalizza­zione sembra una migliore alternativ­a » .

È molto complesso fare stock picking in un mondo così articolato come gli Emergenti. Secondo gli esperti, è preferibil­e muoversi con strumenti del risparmio gestito nelle tre macro- aree che costituisc­ono questo universo ( Asia, Est Europa e America Latina) e oggi è sicurament­e l’Asia a riscuotere ampie raccomanda­zioni positive.

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