Sugli Emergenti sono tornati i grandi flussi
Giocano una serie di variabili favorevoli Rialzi a due cifre per l'azionario nel 2016: fondamentali a sconto
Senza contare l’oro, rappresentano la vera sorpresa sui mercati finanziari in questa prima parte del 2016: gli Emergenti sono tornati alla ribalta, sia sul versante equity che bond. Con un appeal che non si registrava dalla primavera del 2013. Allora l’interesse fu spezzato dalle parole del numero uno della Fed in vista di una politica monetaria più restrittiva. Questi paesi sono infatti strettamente legati alle dinamiche del dollaro: essendo molto esposti al biglietto verde, subiscono pesantemente gli aumenti dei tassi americani. Oggi il quadro è decisamente cambiato. Le aspettative della Fed fanno prevedere un approccio molto prudente in materia di tassi e il biglietto verde sta perdendo terreno (è scivolato in area 100 contro yen ad esempio).
In un report di qualche settimana fa Hsbc notava che, dopo la Brexit, c’era stato addirittura un aumento di flussi verso gli asset Emergenti. Gli esperti della banca anglocinese prevedono che i flussi di capitale verso questi paesi nel corso del 2016 saliranno al 2,6% del Pil dal precedente 1,8%. È sicuramente il termometro più importante per l’attrattività di un’area, che rappresenta ol- tre il 50% dell’intero Pil globale.
La performance messa a segno da inizio anno da questi mercati non appare un fenomeno passeggero. « Il sentiment - spiega Filippo Casolari, coordinatore investimenti e business di Euromobiliare asset management Sgr - sta migliorando sia per i bond che per l’ equity e i fondamentali depongono ancora a favore dato che non siamo ancora in una fase di euforia. Ad esempio, i mercati azionari Emergenti in valuta locale hanno un rapporto prezzo/ utili a 12 mesi pari a 16 volte contro una media di 22 dei Paesi sviluppati. Dai minimi di gennaio l’indice azionario Emergente ha guadagnato circa il 35%, il doppio rispetto all’Msci World, ma se guardiamo le performance in un orizzonte di 5 anni vediamo che c’è ancora molta strada da recuperare dopo il tonfo seguito al 2013 » .
In un contesto in cui le banche centrali del mondo hanno intensificato politiche ultraespansive, e se il dollaro non avrà movimenti destabilizzanti nell’immediato futuro, il rally di questi mercati dovrebbe durare ancora un po’. « Gli investitori - spiega Wojciech Stanislawski, gestore del Comgest growth emerging markets - dovrebbero prediligere l’azionario rispetto all’obbligazionario tra gli Emergenti ( vedi altro pezzo a pagina 5, ndr). Viviamo in un contesto globale caratterizzato da tassi di interesse nominali negativi mai sperimentato prima. Sotto la pressione dei cacciatori di rendimento, gli spread dei mercati emergenti si sono eccessivamente contratti e non riflettono più adeguatamente il livello di rischio di molte economie. Non sembra troppo perspicace rinchiudersi in questi bassi tassi di rendimento per molti anni, in luoghi in cui la crescita riprenderà, prima o poi. Puntare su società di alta qualità in grado di catturare l’ulteriore progressione del consumo dei mercati emergenti, dell’industrializzazione e della globalizzazione sembra una migliore alternativa » .
È molto complesso fare stock picking in un mondo così articolato come gli Emergenti. Secondo gli esperti, è preferibile muoversi con strumenti del risparmio gestito nelle tre macro- aree che costituiscono questo universo ( Asia, Est Europa e America Latina) e oggi è sicuramente l’Asia a riscuotere ampie raccomandazioni positive.