Scelte di portafoglio all’insegna della prudenza e del giusto mix
I giudizi più favorevoli si concentrano sui Paesi asiatici
sparmiatore di lungo termine - ricorda Marco Aboav, portfolio manager di Money Farm - e le nostre indicazioni strategiche per un portafoglio bilanciato parlano di una quota azionaria massima del 15%, mentre per i bond governativi in valuta locale si scende intorno al 3%. Le nostre scelte sono basate puramente sui fondamentali. L’azionario emergente attualmente è a sconto del 30% rispetto a quello dei paesi sviluppati guardando al rapporto prezzo/valore contabile, inoltre è ai minimi se si analizzano gli ultimi 15 anni del prezzo/valore contabile». Come spiega l’esperto, i bond governativi emergenti presentano un profilo di ritorno meno scontato. « Non dimentichiamo - aggiunge Aboav - il Taper tantrum del 2013: doveva segnare l’inizio di una politica restrittiva della Fed e ha portato a perdite a doppia cifra nei governativi emergenti».
Molto positiva la visione sull’area da parte di Jan Boudewijns, capo della divisione azionaria sui mercati emergenti di Candriam I.G.Il suo suggerimento, sempre per la stessa tipologia di investitore, è di allocare un 20% di obbligazionario sul debito emergente e per la parte azionaria il 30% sui listini emergenti.«L’obbligazionario emergente continua a offrire rendimenti molto attraenti rispetto ai rendimenti bassi o negativi dei mercati sviluppati - ricorda - mentre i mercati azionari delle medesime aree hanno mostrato alcuni chiari segni di aver toccato il fondo. Quindi, una combinazione di entrambi, azioni e obbligazioni, sarebbe l’opzione consigliabile, anzi da sovrappesare in termini di un’alloca- zione globale del portafoglio».
Per quanto riguarda l’aspetto relativo ai paesi e ai singoli settori, secondo Vaight, si può trovare valore nei Paesi dell’Asia del nord e nei settori ciclici più a buon prezzo come l’information technology e l’industriale. «In molti casi - aggiunge il gestore- hanno livelli di profittabilità molto simili ai più cari difensivi (beni di consumo e healthcare)».
Per Candriam l’Asia rimane la regione preferita. In termini di valutazione, alcuni mercati sono più cari (India, Filippine, Malesia, Tailandia), mentre altri sono “economici” (Corea, Taiwan, Cina). Tra i Paesi più fragili, si segnalano quelli con necessità di rifinanziamento verso un dollaro forte come il Sud Africa e la Turchia. «Continuiamo a favorire l’India, la Cina e la Corea del Sud, quest’ultima grazie a un più forte yen/dollaro - aggiunge Boudewijns - con un portafoglio ben diversificato a livello settoriale (settori difensivi, ciclici) e di Paese, puntando a società caratterizzate da qualità e crescita. Le tematiche in portafoglio includono i trend demografici (e-commerce, social-media), la tecnologia con un focus sulle tendenze dirompenti (veicoli elettrici, connettività) e gli investimenti in campo ambientale e infrastrutturale».
C’è anche chi ha ancora qualche riserva sull’area. «Fino ad oggi abbiamo evitato d’investire direttamente nei mercati emergenti per una mancanza di riforme strutturali, per una costante crescita dell’indebitamento e del rischio geopolitico - sottolinea Daniele Scognamiglio di Jci Capital Limited -. Riconosciuta questa granularità e le grandi differenze tra le varie aree al momento stiamo guardando a livello di paese/ settore Taiwan e Corea del Sud, in particolare il comparto dell’information technology».
Entrare in questi mercati da soli non è una scelta facile: indispensabile avere la guida di un gestore professionale. Ecco perché l’investimento in fondi ed Etf è da preferire.