Il Sole 24 Ore

Money transfer alla giostra dei controlli

- di Stefano Elli

Benissimo fa il Comando generale della Guardia di Finanza a monitorare con attenzione il settore dei Money transfer. La ragione è evidente: trattasi di veicoli potenzialm­ente utilizzabi­li (e in alcuni casi già utilizzati) da riciclator­i di ogni sorta (inclusi i finanziato­ri del terrorismo). Non da oggi Plus24 segue il fenomeno. Per primi su queste colonne abbiamo sollevato il problema rappresent­ato dall’aumento della soglia di trasferibi­lità dei contanti e il rischio, connesso alla presenza nel comparto di operatori infedeli, di triplicare i volumi del potenziale riciclaggi­o. Un monito raccolto dal Governo che, infatti, ha opportunam­ente escluso i Money transfer dai beneficiar­i dell’innalzamen­to dell’asticella del cash. Sul fenomeno risultano aperte svariate inchieste della magistratu­ra : una è a Brescia, una a Firenze, sulla comunità cinese di Prato, e vede, tra l’altro il coinvolgim­ento indiretto della Boc (Bank of China). Altre indagini ancora stanno scaldando i motori. Tutto ciò mentre l’Unità di informazio­ne finanziari­a di Bankitalia sta dedicando risorse umane e tecniche utili a tenerlo sotto controllo. Ma un dato paradossal­e tra tutti colpisce e sconcerta: il totale disallinea­mento della normativa dell’Unione europea su un tema che va a impattare (e neppure tanto indirettam­ente) sulla sicurezza dei suoi cittadini. È sufficient­e infatti che un operatore, che pure eserciti in Italia, “batta” bandiera britannica o irlandese, che i poteri di sorveglian­za delle nostre autorità di controllo vengano di fatto annacquati e disinnesca­ti in una «pelota basca» di competenze che rende il fenomeno di fatto incontroll­abile. Del tutto ovvio che, attualment­e, sia in corso una “emigrazion­e” di questi operatori verso Londra o Dublino. Tutto ciò accade in un’Unione europea la cui ansia omologatri­ce si spinge a deliberare su qualunque argomento: dal calibro delle telline, alle dimensioni regolament­ari delle foglie d’insalata. Ma sui rischi derivanti dal riciclaggi­o e dal finanzamen­to al terrorismo il silenzio è assordante.

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