I listini europei beneficiano dei dubbi Fed
Escluso un rialzo dei tassi a settembre , il dollaro si indebolisce Balzo anomalo dello yen
Le festa estiva delle Borse culminata nei massimi storici di Wall Street sembrava conclusa con il Ferragosto. Però l’indecisione della banca centrale americana sul rialzo dei tassi, che toglierebbe agli investitori i benefici del denaro a basso costo, ha riportato tranquillità sui listini azionari dopo un paio di giorni di prese di profitto. Mercoledì sera, infatti, la pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve ha evidenziato i dubbi sull’eventualità di inasprire le condizioni monetarie. L’economia Usa procede nella crescita moderata, con qualche inciampo tipico di un’espansione matura, ma le preoccupazioni sui rischi esterni — dalla pressione sulle banche europee alle fragilità cinesi — creano discordie in seno alla Fed sull’opportunità di agire; l’indugio è anche strategico: le elezioni presidenziali di novembre richiedono circospezione in manovre che possano danneggiare il partito democratico in carica, e l’atteggiamento accomodante delle altre prin- cipali banche centrali potrebbe amplificare l’impatto negativo di misure restrittive. La rivelazione di una Fed meno intraprendente di quanto volessero far intendere all’inizio della settimana un paio di governatori “falchi” — pronti a rialzare i tassi già a settembre — ha riportato il dollaro oltre 1,13 contro euro, il livello antecedente al panico Brexit, e gli acquisti sui titoli di Stato di Washington, con i rendimenti ben lontano dallo scontare un aumento dei tassi.
In realtà, il sollievo per lo status quo del della banca centrale Usa ha sollevato di più gli indici europei, appesantiti negli ultimi mesi, che quelli statunitensi, reduci dal record. Giovedì, giorno di chiusura di Plus24, Piazza affari ha guidato il recupero (+0,8%), sebbene con una perdita sul venerdì precedente di quasi due punti percentuali, in gran parte dovuti alle vendite sul settore bancario (-3,4%). Restano comunque i segnali di un mercato adulterato e con gli operatori — magari automatici — in una ricerca schizofrenica di ripari: lo yen, per esempio, si è rafforzato bruscamente sotto quota 100 contro dollaro (come a fine 2013), che le autorità giapponesi considerano una soglia d’allarme; a maggior ragione se l’economia è in stallo e si sono annunciate misure fiscali e monetarie ancora più espansive di quelle in atto.