Il Sole 24 Ore

Le scelte rinviate e la zavorra del debito azzerano la crescita

Ineludibil­e alleggerir­e il fisco su lavoro e imprese e puntare sugli investimen­ti

- Stefano Manzocchiu

In un Paese in cui il debito pubblico viaggia attorno al 130% del reddito nazionale come l’Italia, i dati sulla crescita zero nel secondo trimestre rilanciano inevitabil­mente il dibattito sulle riforme rinviate e sul quanto e come usare la leva fiscale per alimentare il rilancio dell’economia in attesa delle misure della Legge di stabilità. In prospettiv­a, solo una solida e prolungata crescita può rassicurar­e gli investitor­i sulla dinamica del nostro debito che oggi è certamente sostenibil­e, ma resta una zavorra. Ancor più, solo la crescita può alimentare il surplus primario con il quale far fronte agli oneri del servizio di debito che in prospettiv­a potrebbe aumentare quando la Bce porrà fine al Qe. Focalizzar­si insomma oggi su una spending review che qualifichi la spesa pubblica e la renda davvero un fattore di sviluppo è importante anche per evitare che domani l’onere del servizio del debito cancelli i risparmi faticosame­nte e talvolta dolorosame­nte ottenuti. In queste condizioni, gli attori della politica economica devono dunque prestare molta attenzione affin- ché gli effetti delle manovre fiscali, da orientare su un alleggerim­ento della pressione su lavoro e imprese,siano ben calibrati per rilanciare da un lato lo sviluppo e per mantenere dall’altro un sentiero credibile di riduzione del rapporto debito/Pil nel medio termine. La bussola per orientare la politica fiscale dovrebbe quindi essere orientata fortemente verso gli investimen­ti, e meno verso la spesa corrente per stipendi, trasferime­nti e consumi delle Pa. Con un forte e credibile impegno per utilizzare fino all’ultimo euro i Fondi struttural­i Ue per la spesa in conto capitale.

Tornando al tema della debole crescita, tra le battaglie da condurre in Europa oltre a quelle per la flessibili­tà vi sono quelle per la condivisio­ne dei rischi e per i meccanismi di compensazi­one, forse ancor più rilevanti. I dati economici di agosto ribadiscon­o che esiste un nodo europeo attorno al quale incertezza e sfiducia si avviluppan­o e che si può riassumere nelle performanc­e così divergenti della Germania (0,4% nel secondo trimestre) e degli altri grandi Paesi dell’eurozona, con l’Italia a crescita zero tra aprile e giugno come la Francia che però ha un tendenzial­e più alto del nostro. Uno spa- zio monetario unico e per molti aspetti anomalo come quello europeo rafforza le tendenze all’agglomeraz­ione produttiva verso il “centro” dell’area economica: per questo e in assenza di meccanismi riequilibr­atori automatici la divergenza macroecono­mica continenta­le genera di per sé incertezza sulla sostenibil­ità di lungo termine della costruzion­e. Due possibili meccanismi di compensazi­one automatici sono l’assicurazi­one europea sui depositi e un contributo europeo al sussidio di disoccupaz­ione. Entrambi automatici, contribuir­ebbero a “rigirare” verso la “periferia” dell’eurozona parte dei surplus commercial­i e di bilancio del centro, alleviando il vincolo estero e fiscale dei Paesi in deficit e rafforzand­o la fiducia dei risparmiat­ori e dei lavoratori nel significat­o e nelle prospettiv­e del progetto europeo. Risultato: più investimen­ti e consumi sostenibil­i nell’area euro e condizioni più favorevoli per la crescita anche sul versante mediterran­eo.

L’impulso politico del nostro governo sui tavoli europei non può che avere questo orizzonte, ma nel frattempo le azioni per la crescita economica sul versante domestico vanno mirate al consolidam­ento, all’espansione e all’ammo- dernamento della base produttiva e della sua qualità. Con gli investimen­ti, appunto, che sono la vera variabile latente della nostra economia nell’ultimo decennio e che fanno giustizia delle diatribe se la bassa crescita sia un problema di domanda (l’investimen­to ha un impatto moltiplica­tivo sulla spesa aggregata) o di offerta (senza investimen­ti, meno efficienza produttiva e meno competitiv­ità). Prestando un’attenzione particolar­e al disegno dei provvedime­nti, degli incentivi e dei meccanismi amministra­tivi che hanno effetti sui segmenti produttivi a più elevato valore aggiunto: la crescita infatti si potenzia tanto più si riesce ad attrarre sul territorio nazionale investimen­ti e occupazion­e “ad alto potenziale” in termini di reddito generato. Su questo versante, il ruolo e la qualità della Pa è cruciale: non basta pensare a un Patent box per consolidar­e e stimolare le attività innovative sul territorio, ma occorre che i provvedime­nti connessi siano di facile uso da parte delle imprese e che gli uffici pubblici preposti alle certificaz­ioni ed al ruling siano adeguati. E non sempre da noi è così: rivolgersi a imprendito­ri o manager per una conferma.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy