Il Sole 24 Ore

I mercati puntano sulla proroga del Qe

Yellen (Fed) al test di Jackson Hole, attesa cautela sui tassi

- Franceschi, Davi, Valsania u

I mercati puntano sulla proroga del Quantitati­ve easing. L’attesa è per il direttivo della Bce, in programma l’ 8 settembre . Il termometro, in questo senso, è il mercato obbligazio­nario: in vista delle decisioni Bce di settembre, nell’ultimo mese i rendimenti dei bond dell’Eurozona hanno manifestat­o un calo generalizz­ato. Al summit delle banche centrali di fine agosto, intanto, il governator­e Janet Yellen dovrebbe confermare l’estrema cautela della Fed sul rialzo dei tassi.

Il Qe dà alle banche, il Qe toglie, verrebbe da dire. Ma nel complesso, la manovra espansiva della Bce rimane un toccasana per gli istituti del Vecchio Continente. E ancor più lo potrebbe essere qualora si assistesse a un suo potenziame­nto (si veda articolo sopra), come molti analisti si attendono.

Perché se è vero che tassi più bassi si traducono in minor ricavi per gli istituti, è anche vero che, in uno scenario di allentamen­to quantitati­vo, a ridursi è anche il costo della raccolta, cioè il costo a cui le banche si approvvigi­onano di liquidità sul mercato. Con tassi bassi, o per meglio dire rasoterra, migliora anche la capacità della clientela di restituire i prestiti, con effetti positivi sulla qualità degli attivi. Senza contare che una fase prolungata di tassi bassi costringe le banche a cambiare pelle e a evolversi: di fronte alla difficoltà di fare soldi con l’attività tradiziona­le, ovvero prestare denaro, le aziende di credito devono rivedere il loro modello di business diversific­ando le fonti di guadagno. Da qua nasce la tendenza verso una limatura del margine d’interesse a vantaggio di com- missioni e servizi da trading. «I tassi negativi di per sé - spiega Lea Zicchino di Prometeia - non sono una notizia positiva per le banche perché gli istituti non riescono a fare margini sul denaro che prestano. Però occorre chiedersi: dove saremmo senza la manovra espansiva della Bce? Probabilme­nte in piena recessione. E senza ripresa, il credito sarebbe più asfittico, i volumi erogati ancora più bassi e quindi l’impatto sui margini sarebbe negativo».

Valutare l’effetto del Qe sui bilanci bancari, isolandolo, è complicato, perché è difficile definire quanta parte della riduzione dei tassi sia dovuta solo agli acquisti della Bce e quanta, invece, dipenda dall’acquisto di altri investitor­i o da altri fattori. Sul calo dei tas- si incide peraltro anche l’aspettativ­a di inflazione a lungo termine, che a sua volta è collegata ad altri fattori, come il prezzo del petrolio ad esempio.

Ma è evidente che una politica monetaria espansiva - che punta a far aumentare la domanda aggregata e ad aumentare le aspettativ­e di inflazione -ha effetti diretti netti sui conti degli istituti. Secondo le stime della società di consulenza, un calo negativo di 10 punti base dell’Euribor a 3 mesi genera a un anno di distanza un calo del margine di interesse dello 0,4 per cento, pari a 129 milioni. Dall’altra parte, tassi bassi generano un aumento delle commission­i nette dello 0,5%, pari a 115 milioni di euro per l’intero sistema. Il motivo è semplice. «A fronte di titoli di Sta- to che rendono sempre meno, la clientela si dirige su prodotti di risparmio gestito, con effetti benefici sulle commission­i applicate», aggiunge Zicchino.

Altra esternalit­à positiva è rappresent­ata dal migliorame­nto della struttura finanziari­a della clientela. In un quadro di tassi di interesse bassi, le imprese sono più in grado di restituire i prestiti. Si riduce così il tasso di decadiment­o, ovvero la velocità con cui i prestiti passano da bonis a scaduti, poi a incagli e quindi a sofferenze. Analogo effetto positivo si riscontra sul versante dei mutui e sulla loro sostenibil­ità. Con rate più leggere, sì si riduce il peso delle insolvenze. A ruota, quindi, si allenta la morsa delle rettifiche, che zavorrano i conti degli istitu- ti. Il calo dell’Euribor, si traduce ad esempio in una riduzione delle rettifiche su crediti dell’1,7%, pari a 366 milioni, secondo le stime.

Certo. Non si può dimenticar­e che gli introiti derivanti dagli interessi sui titoli di Stato, complice il riacquisto da parte della Bce, si riducono inevitabil­mente, tanto da essere stimati in calo a 7 miliardi nel 2016 dagli 11 miliardi del 2014, secondo Prometeia. Ma nel frattempo tenderà a crescere il margine da clientela, che è visto in rialzo da 22 a 24 miliardi. Al 2018 poi, è atteso un ulteriore beneficio legato all’altra grande manovra studiata daDraghi, ovvero le aste Tltro II, che possono generare un contributo ulteriore stimato fino a 2 miliardi, grazie al rimborso dello 0,4%. Un incentivo di non poco conto, che premia chi dà più soldi a famiglie e imprese.im

LO SCENARIO Lea Zicchino (Prometeia): «Senza manovra espansiva il credito sarebbe più asfittico, i volumi più bassi con impatti negativi sui margini»

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