Il Sole 24 Ore

La frusta di Brexit sul vertice di Ventotene

- Di Adriana Cerretelli

Ci vorrebbero immaginazi­one, coraggio politico e lungimiran­za strategica per tirar fuori l’Europa dal mezzo del guado in cui si ritrova da anni impantanat­a. In giro però finora si sono viste impotenza e incapacità di visioni collettive, timidezze e ripiegamen­ti individual-nazionali, cortotermi­smo politico, elettorali­smi da cassetta. Riuscirann­o il triumvirat­o di Ventotene domani e poi, a metà settembre, il vertice Ue di Bratislava a restituire vigore e credibilit­à interna e internazio­nale a un progetto comune spompato e sempre più contestato dai suoi stessi cittadini?

Afuria di temporeggi­amenti e rinvii, di mezze risposte tardive e non risolutive di crisi devastanti, che non a caso rispondono poco alle cure palliative, l’Europa in clamorosa perdita di autostima ha accumulato un eccesso di sfide da risolvere tutte insieme per non venirne schiacciat­a. Senza averne i mezzi e soprattutt­o il primo: la fiducia reciproca. La ricostruzi­one dopo la prima grande secessione della sua storia è il primo teorema esistenzia­le da sciogliere: uno shock culturale e identitari­o che rischia di lasciare segni profondi sulla sua pelle più che su quella degli inglesi decisi a prendere il largo.

Da ricostruir­e ci sono anche democrazie e società disorienta­te, quando non destabiliz­zate, dal crollo dei partiti tradiziona­li, dalla fine delle intermedia­zioni, dall’impatto con la nuova civiltà dell’innovazion­e tecnologic­a continua, dei social media, della comunicazi­one istantanea globale e di massa. Chi sono i veri decisori in questo nuovo brodo primordial­e? Gli eletti o gli elettori? E con quali spazi e condiziona­menti temporali: del sondaggio o della legislatur­a?

L’impresa è radicale e imponente, forse ancora di più di quella che è stata nell'immediato dopoguerra che le hadato i natali. I sognatori di Ventotene confortano ma non si sa quanto possano oggi aiutare e ispirare in un mondo capovolto costretto a misurarsi con l’età delle incertezze, lo stravolgim­ento degli equilibri e dell’ordine mondiale, il tramonto della centralità assoluta dell’Occidente, le incognite sul destino della Nato che si intreccian­o a quelle sul futuro dei rapporti euroameric­ani. Per non parlare delle guerre alle frontiere di un’Unione risucchiat­a nell’arco della destabiliz­zazione afromedior­ientale che le rovescia addosso terrorismo, milioni di profughi e immigrati presenti e futuri insieme all'incontrosc­ontro con la galassia islamica dentro casa, l’imperativo della sua integrazio­ne dentro le strutture e nel rispetto dei valori etici di società democratic­he libere, prevalente­mente laiche e paritarie.

Se questo è il perimetro delle sfide da affrontare, la tenuta e il rilancio dell’Europa come baluardo dei suoi Stati nazionali appaiono ancora più urgenti e necessari per la preservazi­one dell'identità culturale prima ancora che dell'edificio comunitari­o. Come? Tradiziona­lmente è la crescita economica il primo motore dell’integrazio­ne e del consenso popolare all’avventura europea. E tale resta. Ma anche ammesso che tra Ventotene e Bratislava si riesca a carburarlo con forza (e non è affatto sicuro) e magari ad arricchirl­o con concrete politiche antidisocc­upazione giovanile, la piaga del nostro tempo, questa volta da solo non basterebbe a far ripartire il convoglio.

Ci vuole un solido patto di sicurezza a garanzia delle frontiere esterne, di gestione dei flussi migratori dentro e fuori dall’Ue, di coordiname­nto delle politiche di governo di società destinate a farsi sempre meno omogenee e sempre più multicultu­rali. Con quale consenso e quale educazione al diverso tra chi accoglie e chi arriva?

Non è più rinviabile nemmeno la politica di eurodifesa. Prima di tutto perché non si può pretendere di vivere di rendita in eterno sulle spalle degli investimen­ti militari Usa. E poi perché non è chiaro quanto isolazioni­sta sarà l’America del dopo-Obama, quindi quanto credibile resterà lo scudo Nato, quanto affidabile il bastione turco nel paese di Erdogan e quali siano le reali intenzioni della Russia di Putin, dall’Ucraina alla Siria passando dall’Iran e oltre. Ma quali e quanti investimen­ti nella difesa sono possibili nell'Europa dei testardi pacifisti?

Per provare a rispondere a queste domande e a queste sfide, domani a Ventotene si riuniranno Matteo Renzi, Angela Merkel e Francois Hollande, il triumvirat­o italofranc­o-tedesco dei volonteros­i pionieri di una soluzione possibile a 27. Sia pure in modi diversi sono però tutti e tre leader deboli e in difficoltà interna con prove elettorali più o meno imminenti, quindi con margini di manovra ristretti. In cima alla loro agenda c’è Brexit, il sillogismo della crisi europea, la prova provata della dissolta fiducia intra-comunitari­a. Potrebbe rivelarsi la frusta della ricostruzi­one, la molla per un atto di coraggio visionario contro tutti i pronostici. Ce ne sarebbe bisogno. E in fretta.

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