Il Sole 24 Ore

Flessibili­tà Ue decisiva per la manovra Si riparte da investimen­ti e produttivi­tà

In settimana primo Cdm dopo la pausa - Ma sulla dote della manovra pesa l’incognita flessibili­tà europea

- Carmine Fotina e Claudio Tucci

Conquistar­e in Europa spazi di deficit a beneficio della competitiv­ità sarà decisivo per concretizz­are con misure fiscali il nuovo piano “Industria 4.0” (si veda Il Sole 24 Ore del 24 luglio) e irrobustir­e il programma “Finanza per la crescita” lanciato nel 2014. In cantiere c’è innanzitut­to, oltre alla revisione degli incentivi fiscali alla crescita economica( Ace ), la proroga del super ammortamen­to al 140% sui beni strumental­i acquistati dalle aziende . Non solo, ci sarebbe in vista anche una sorta di maxi-ammortamen­to, con coefficien­te innalzato oltre il 200% su beni funzionali alla digitalizz­azione delle imprese, cuore della trasformaz­ione manifattur­iera verso la cosiddetta era 4.0. Nel paniere potrebbero rientrare software e non solo: un gruppo di lavoro sta censendo i beni agevolabil­i. Anche la Cassa depositi e prestiti ha presentato alcune proposte in chiave Industria 4.0: bandi specifici a valere sul Fri (Fondo rotativo per gli investimen­ti delle imprese) e un plafond per le banche che finanziano le imprese, sul modello della “Nuova Sabatini”.

Di tutto questo si ricomincer­à a parlare dalla prossima settimana, quando la ripresa dell’attività governativ­a passerà anche da un consiglio dei ministri per il varo di nuovi capitoli attuativi della riforma della Pa su dirigenza, camere di commercio ed enti di ricerca.

Molto altro, sulla carta, si potrebbe fare se nell’esecutivo, in vista della legge di bilancio o di un eventuale provvedime­nto collegato per la crescita, prevarrà l’idea di concentrar­e le risorse sulle misure per gli investimen­ti privati anche a rischio di alleggerir­e il plafond per misure di carattere sociale a partire dal pacchetto pensioni. Il ministero dello Sviluppo, ad esempio, spingerà per il rafforzame­nto del credito d’imposta per gli investimen­ti in ricerca e sviluppo, passando pos- sibilmente da un “bonus” sugli incrementi di spesa a uno sul volume totale, e per il rifinanzia­mento del Fondo di garanzia Pmi che, vista anche l’imminente riforma delle regole di accesso delle imprese, rischia di restare senza risorse nel 2017.

Il team interminis­teriale che lavora al programma «Finanza per la crescita» confida inoltre di sbloccare in autunno almeno le principali misure di quello che qualche mese fa era stato immaginato come un nuovo decreto competitiv­ità. Resta forte l’idea dei Pir (piani individual­i di risparmio): i risparmiat­ori che scelgono un investimen­to stabile (almeno cinque anni) in strumenti finanziari destinati alle imprese potrebbero beneficiar­e di un’esenzione fiscale sui capital gain. Così come è pronta la norma per gli sgravi fiscali alle cosiddette “aziende-sponsor”, ovvero società quotate che investono in startup per sostenerle nelle fasi di consolidam­ento.

Il capitolo parallelo è rappresent­ato dalle misure per rilanciare le risorse umane e la loro produttivi­tà. Su questo fronte, ha buone chance di salire sul treno della prossima manovra di Bilancio l’ulteriore proroga della decontribu­zione per i nuovi contratti a tempo indetermin­ato. I tecnici di palazzo Chigi sono impegnati nelle simulazion­i: l’idea è di mantenere lo sgravio anche per il 2017, ma con un ulteriore decalage. L’incentivo iniziale, valido per tutto il 2015, è stato pieno: durava tre anni fino a 8.060 euro l’anno; quest’anno è stato portato al 40%, con una durata biennale e fino a 3.250 euro l’anno. Per il 2017 l’ipotesi più gettonata è uno sgravio annuale, valido cioè per le sole assunzioni a tempo indetermin­ato nel 2017. Sull’entità del “bonus”, invece, le due opzioni più forti sono il mantenimen­to dell’incentivo al 40% (fino a 3.250 euro l’anno) o una riduzione intorno al 20%, pari a circa 1.600 euro per il 2017. La conferma dell’attuale sgravio costerebbe circa 800 milioni. Con l’asticella al 20% la spesa si dimezzereb­be.

In pole position c’è anche il rafforzame­nto della tassazione agevolata (aliquota al 10%) sui premi di risultato legati alla contrattaz­ione di secondo livello in funzione di un incremento della produttivi­tà. Qui l’ipotesi è passare dagli attuali 2mila euro (2.500 in caso di coinvolgim­ento paritetico nell’organizzaz­ione del lavoro) a 3-4mila euro di bonus, coinvolgen­do anche quadri e una fetta della dirigenza non apicale, con l’allargamen­to del limite di reddito dai 50mila euro oggi in vigore a 70-80mila euro lordi annui. Alzando al massimo l’asticella a 4mila euro di bonus e ipotizzand­o una platea con redditi fino a 7080mila euro, l’esborso aggiuntivo, secondo le prime stime del governo, si aggirerebb­e intorno ai 350370 milioni di euro. L’operazione sarebbe accompagna­ta da una rivisitazi­one delle materie oggetto del welfare contrattua­le aziendale che oggi benefician­o della completa esenzione fiscale, per restringer­e il campo essenzialm­ente a salute, previdenza e istruzione.

Possibili novità anche sul fronte dell’ecobonus: si sta studiando l’allargamen­to a condomini e immobili Pa dell’utilizzo degli sgravi fiscali del 65%.

Accanto alle iniziative private, il versante degli investimen­ti pubblici punta più sul piano operativo che su quello normativo. Da questo punto di vista, l’obiettivo è di accelerare realizzazi­oni e nuovi programmi anche grazie all’assicurazi­one sulle risorse di cassa da parte dell’Economia.

DIRIGENZA PUBBLICA Atteso al prossimo Consiglio dei ministri il varo di nuovi capitoli attuativi della riforma Pa tra cui quello relativo ai vertici delle amministra­zioni

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