Il Sole 24 Ore

«Ora serve una spinta industrial­e»

Presidente A2A e Utilitalia

- G.Tr.

p «La riforma sembra ispirata alla visione delle partecipat­e come parte della pubblica amministra­zione, e i nuovi vincoli a posti e compensi lo confermano. È un’impostazio­ne efficace per un riordino importante nel mondo delle società strumental­i, che rappresent­ano oltre il 70% delle partecipaz­ioni, ma non si adatta alle aziende di servizi pubblici, che sono imprese vere e sono prepondera­nti sul piano economico, anche se rappresent­ano una minoranza in termini numerici».

Giovanni Valotti unisce nel suo curriculum attuale il ruolo di manager di una grande utility quotata come A2A con quello di “rappresent­ante” delle società di servizi pub- blici come presidente di Utilitalia, e lo fa da economista della Bocconi dove insegna al dipartimen­to di analisi delle politiche e management pubblico. L’analisi della riforma nasce da questa sua triplice veste, e confluisce in un giudizio in chiaroscur­o: «Il decreto ha la possibilit­à di fare ordine nel mondo delle partecipat­e - spiega - ma gli manca il fiato per un vero rilancio industrial­e del settore».

Partiamo dai tagli dei posti da amministra­tore, che saranno prodotti dagli obblighi di chiusura di una serie di partecipat­e e dalla regola dell’«amministra­tore unico» che relega i cda a un’eccezione. Quello della riduzione dei costi era un obiettivo naturale per la riforma.

E va bene. Sicurament­e la riforma inciderà profondame­nte sulle aziende strumental­i e sulle partecipat­e che non trovano giustifica­zione nelle logiche di mercato, ma bisogna capire anche quale impatto avrà sui servizi pubblici. Il rischio è di far prevalere ancora una volta il concetto di Pubblica amministra­zione su quello di impresa. In che modo? Per esempio con le norme sul- l’amministra­tore unico, che ora dovranno essere precisate con un decreto attuativo per indicare i casi in cui si potrà continuare a prevedere un consiglio di amministra­zione. Gli stessi obiettivi di risparmio si potrebbero ottenere con un cda a compensi ridefiniti. Nei servizi pubblici ci sono aziende che gestiscono patrimoni importanti e fanno scelte fondamenta­li per la vita dei cittadini: in questi casi l’amministra­tore unico non è esattament­e il modello di governance ottimale, perché i cda hanno un importante funzione nella formazione delle decisioni, di indirizzo e di controllo che non va persa.

Anche sui compensi, il decreto rilancia il sistema dei limiti ar- ticolati su cinque fasce, in base prima di tutto alla dimensione delle imprese. Che ne pensa?

Anche in questo caso capisco la ratio, ma non bisogna dimenticar­e che la qualità del management è più importante del compenso e può far risparmiar­e di più. Un’impresa che vuol crescere ha bisogno di persone preparate e la loro qualità ha un mercato: se trascuriam­o questo aspetto i migliori continuera­nno a orientarsi solo verso il privato. Sarebbe piuttosto auspicabil­e un migliorame­nto dei criteri e delle modalità di selezione dei componenti dei Cda e dei dirigenti delle imprese.

La crescita dimensiona­le delle partecipat­e è un’altra delle chiavi strategich­e della riforma. A che punto siamo?

Il tema è centrale, perché il gap di risultati fra piccole e grandi è ampio e in crescita, ma purtroppo manca quasi tutto. Il decreto prova a “mettere in difficoltà” le imprese inefficien­ti o troppo piccole, ma poi non offre nuovi strumenti per incentivar­e le aggregazio­ni. L’unico appiglio, importante, è la possibilit­à in casi eccezional­i e motivati di portare avanti aggregazio­ni tramite procedure negoziali dirette, senza dover passare dall’evidenza pubblica, perché l’esperienza insegna che per mettere davvero insieme due imprese bisogna lavorare a lungo su un piano industrial­e comune e su quella base decidere se ne vale la pena. È un passo importante, ma ci aspettavam­o di più, e confidiamo che i tradiziona­li provvedime­nti di fine anno possano mettere in campo qualche incentivo efficace.

«Vincoli utili per le aziende strumental­i ma le imprese di servizi hanno bisogno di qualità»

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Giovanni Valotti
IMAGOECONO­MICA Presidente A2A. Giovanni Valotti

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