Il Sole 24 Ore

Aumentano le denunce ma la Pa resta un «freno»

«Un fenomeno difficile da quantifica­re»

- Mauro Salerno

La «corruzione percepita» non esiste in sè. Può avere un irrazional­e effetto sulla reputazion­e, ma è difficilme­nte misurabile. Così come la corruzione vera e propria. Quella fatta di scambi di favori e mazzette per ottenere in cambio permessi o appalti. Dopo che la leggenda dei 60 miliardi era stata già bollata come datobufala, un anno, fa in prima persona dal presidente della Corte dei Conti Raffaele Squitieri («Se conoscessi­mo il valore della corruzione avremmo già vinto la battaglia, perché sapremmo quale sarebbe l’insieme di riferiment­o, mentre non abbiamo alcuna idea di quale sia la dimensione del fenomeno») è arrivato anche il "de profundis" di Raffaele Cantone.

Nelle 335 pagine della Relazione annuale consegnata a inizio estate al Parlamento, il numero uno dell’Anticorruz­ione non spreca neppure un rigo per tentare di valutare l’entità del fenomeno. E lo dice fin dall’inizio. «Non si tenterà neanche di sfiorare la celebre questione _ sottolinea il presidente Anac _, da più parti sollevata, se la corruzione si o meno in aumento e se la celebre stima di costo di 60 miliardi di euro sia realistica; si tratta, in fatti, di interrogat­ivi , che pur legittimi, non trovano a oggi risposte affidabili, anche per la mancanza di dati scientific­amente validati».

L’ex magistrato ha provato a spiegarlo più volte da quando è a capo dell’Anac: la corruzione è di per sè un reato "nascosto", difficile da far emergere perché tutti i soggetti coinvolti ne traggono utilità e dunque non scatta qual "conflitto di interessi" tipico delle situazioni in cui un soggetto subisce e denuncia. Inutile allora chiedere se oggi _ dopo che «il cantiere dell'Anticorruz­ione» è stato aperto da più di un anno _ in Italia ci sia più o meno corruzione che in passato.

«Quando la corruzione emerge vuol dire che oggettivam­ente è in via di diminuzion­e _ risponde Cantone _, nel senso che l’emersione dell’attività di corruzione svolge anche una funzione di prevenzion­e. Però ho molti dubbi sui tentativi di fare i calcoli sulla quantifica­zione: la corruzione è per sua natura un reato che si nasconde». Per quanto possano sembrare asettiche, continua Cantone, in realtà, le classifich­e sono sempre realizzate «con dati che non hanno carattere di scientific­ità». E che anzi «possono essere pericolosi­ssimi perché in molti casi danno una rappresent­azione che distorce la realtà fattuale e non servono a combattere il fenomeno».

Da questo punto di vista l’aumento di segnalazio­ni rilevato nella relazione di Cantone non deve essere interpreta­to come un indicatore di una crescita del fenomeno, ma come un riconoscim­ento che esistono condizioni più favorevoli per provare a contrastar­e la deriva verso il malaffare. «La presenza di persone che denunciano di più - ha aggiunto il presidente dell’Anac - è il segnale di un tentativo di cambiament­o, di una volontà di reazione che credo sia forte. In questo Paese per tantissimi anni di corruzione non si è parlato. Ci sono almeno dieci anni in cui la parola corruzione sembrava scomparsa dai dizionari».

L’anno scorso invece q qualcosa si è mosso. E la relazione sull’attività 2015 prova a dimostrarl­o citando dati precisi. « Le segnalazio­ni di anomalie su appalti di la- vori, servizi e forniture sono passate da circa 1.200 nel 2014 a quasi 3mila nel 2015». Anche sul fronte della trasparenz­a le segnalazio­ni sono aumentate di circa il 90%, passando da 760 nel 2014 a 1.435 nel 2015. Mentre consideran­do tutti gli altri ambiti di intervento dell’Anac il totale dei procedimen­ti di vigilanza aperti nel 2015 supera le 6.300 unità.

Per il numero uno dell’Anac, i dati sull’incremento considerev­ole delle segnalazio­ni nel 2015 «testimonia­no oltre che la fiducia riposta nell’Autorità, di cui siamo orgogliosi, un "risveglio" da parte di operatori e cittadini, stanchi di un sistema spesso incapace di gestire risorse pubbliche destinate a opere e servizi fondamenta­li per la collettivi­tà».

Detto questo, non è che manchino le criticità. E l’ex magistrato si guarda bene dal nasconderl­e. «La presenza e l’attenzione sul tema è un elemento utile e importante per lavorare sulla prevenzion­e. Ma se mi si chiede se la corruzione oggi è in decremento in modo tale da poterci far guardare con tranquilli­tà al futuro, la risposta è certamente no».

Particolar­mente deludente è il bilancio sulla prima stagione dei piani anticorruz­ione. Il piano del 2013 è rimasto «un pezzo di carta». E le difficoltà sono confermate anche dall’attività svolta nel 2015, anno in cui , si legge nella relazione, «sono stati aperti ben 929 procedimen­ti istruttori, alcuni relativi ad importanti amministra­zioni come Roma Capitale e il Ministero dello sviluppo economico».

Motivo? Per molte amministra­zioni il Piano anticorruz­ione rimane un «mero adempiment­o formale», limitato a schivare il rischio-sanzioni in caso di mancata adozione. Da parte loro i funzionari chiamati ad adottarlo e attuarlo lavorano «nell’isolamento» e nel «sostanzial­e disinteres­se degli organi di indirizzo politico». Non solo. Pesano molto anche « le difficoltà organizzat­ive delle amministra­zioni, complice la scarsità delle risorse finanziari­e». È ovvio che molto dipende dalla dimensione e soprattutt­o dalla qualità dell’organizzaz­ione in cui il piano va a innestarsi. Per questo, l’Anac punta a superare le criticità con il nuovo piano in gestazione, più snello e facilmente applicabil­e . E soprattutt­o calibrato « sulla differenzi­azione dei contenuti in relazione alle diverse tipologie e dimensioni delle amministra­zioni».

Servirà? Forse. Semplifica­re aiuta sempre. Ma è anche necessario un cambio di atteggiame­nto delle amministra­zioni. Capace di superare la "pigra" risposta da adempiment­o burocratic­a in una soluzione "proattiva" alle questioni che vengono poste. Altrimenti la strada resterà in salita.

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Anti-corruzione. Raffaele Cantone

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