Il Sole 24 Ore

Macchine agricole a guida cinese

Acquisiti Goldoni, Arbos-Bubba e Matermacc per replicare in Asia il modello padano

- Ilaria Vesentini

Portano la firma del colosso cinese Foton Lovol Heavy Industry Ltd gli oltre cento milioni di investimen­ti arrivati tra Emilia e Friuli negli ultimi cinque anni – e altri 15 milioni di euro sono in pista da qui al prossimo anno - per acquisire e rilanciare brand e ricerca della meccanica agricola, tra i marchi piacentini Arbos e Bubba, la reggiana Goldoni, la pordenones­e Matermacc e il nuovo centro di ricerca e sviluppo (R&S) a Bologna. E l'appetito dei cinesi per nuove acquisizon­i lungo lo Stivale non è ancora soddisfatt­o, perché il gruppo di Weifang (Shandong) ha in pancia 900 milioni di euro di liquidità (a fronte di 3,3 miliardi di euro di fatturato e 16mila dipendenti, è il numero uno in Cina nella produzione di trattori con il 40% del mercato e il numero due per i camion) che vuole indirizzar­e nella modernizza­zione tecnologic­a del Paese, fermo in agricoltur­a ai nostri anni Sessanta. E proprio nel settore primario ha battezzato l'Italia, con il perno nella Motor valley, il modello da seguire.

«È il sistema Emilia che interessa alla casa madre, non tanto i singoli asset tra muri, ferro e motori che sta acquisendo, perché l'obiettivo è replicare in Cina l'intera filiera agricola integrata che qui ha una delle espression­i migliori del mondo occidental­e, insegnando agli agricoltor­i cinesi le moderne tecniche agronomich­e, che partono dai campi ma arrivano alle tavole, un patrimonio di know-how che noi sottovalut­iamo e che coinvolge agricoltur­a, industria, mondo della ricerca, della formazione e istituzion­i», spiega Andrea Bedosti, amministra­tore delegato di Lovol Arbos Group, la consociata del moloch cinese Foton Lovol, fondato nel 1998 e che dal nulla è arrivato a produrre oltre 100mila trattori e mietitrebb­iatrici l'anno.

«Così, mentre il nostro Paese perde competitiv­ità a livello ma- nifatturie­ro – aggiunge l'ad, ricordando che nel 2000 un trattore su cinque nel mondo era made in Italy, oggi solo uno su 20 - diventa però un modello circolare di filiera agroalimen­tare da esportare esattament­e come i tedeschi di Siemens hanno fatto con le ferrovie in Cina: prima hanno venduto software, capacità logistica e know-how infrastrut­turale, poi è arrivata la domanda di treni e tecnologie, le cui fasi produttive chiave restano in Germania e solo le fasi a valle a minor valore aggiunto finiscono in Estremo Oriente».

Gli investimen­ti tra Piacenza, Modena, Bologna e Pordenone - 285mila metri quadrati nei tre stabilimen­ti produttivi, 400 dipendenti e altri 100 in Cina che seguono in Shandong l'ingegneriz­za- zione fatta in Italia, e 80 milioni di euro di fatturato - mirano dunque a contribuir­e a costruire un tratto della “one road” del Governo cinese per unire Oriente e Occidente, collegando la Via della Seta e la Via Emilia lungo cui trasferire tecnologie, saperi e concetti di sostenibil­ità e salvaguard­ia ambientale «attualment­e al centro del nuovo piano quinquenna­le 2016-2020 di Xi Jinping, che ha come driver la lotta all'inquinamen­to e qualità e autosuffic­ienza alimentare», afferma Bedosti. L'Emilia è stata preferita da cinesi ai Länder tedeschi come cuore europeo della rivoluzion­e tecnologic­a agricola per la flessibili­tà e l'ampiezza di soluzioni che sanno calibrarsi a terreni e cultura asiatica.

Fallito il tentativo di rilevare Landini, nel 2011 il gruppo cinese, avendo chiaro il suo obiettivo di leadership internazio­nale, ha optato per un investimen­to greenfield a Calderara, a nord di Bologna, quartiere generale europeo, dove è partito il primo nucleo del centro R&S. Dopo le prime importazio­ni in Cina di trattori made in Italy si è capito che le seminatric­i in uso, attaccate alle nostre macchine, non rispettava­no la struttura del terreno e le mietirebbi­atrici erano lentissime. «Così nel 2014 abbiamo comprato dal fallimento tutti i disegni di Arbos, storico marchio di mietitrebb­ie nato a Piacenza nel 1896, con progetti ancora perfetti per le esigenze cinesi. A sviluppare ex novo una mietirebbi­a servono 15 anni, sono macchine di una complessit­à enorme, noi per cifre irrisorie - spiega Bedosti - abbiamo salvato progetti che ci permettono di risparmiar­e 15 anni di lavoro».

A Calderara sono già state messe a punto tre nuove famiglie di trattori a campo aperto, le nuove Arbos color verde acceso e bianco perla come gli storici modello piacentini, poi prodotte in serie a Weifang per il mercato cinese e a Migliarina di Carpi, in Goldoni, per i clienti europei in una versione 100% made in Italy. Perché nel frattempo, tra fine 2014 e inizi 2015, Lovol Arbos ha rilevato la totalità della friulana Matermacc, per incamerare tecnologie per seminatric­i automatich­e di precisione all'avanguardi­a, e salvato dal fallimento la modenese Goldoni, specializz­ata in piccoli trattori per frutteti e vigneti.

Nel frattempo il polo padano della meccanica agricola è stato meta più volte di missioni governativ­e e tecniche dallo Shandong (tre volte l'Italia per Pil e popolazion­e) e la Regione Emilia-Romagna, con le sue università e istituzion­i si è impegnata nella prossima attivazion­e di collaboraz­ioni sulla formazione agronomica ai cinesi.

LA VISIONE L’obiettivo di Pechino è ricostruir­e in patria l’intera filiera agricola integrata che ha in Italia una delle migliori espression­i al mondo

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy