Il Sole 24 Ore

La Turchia non ha ancora finito tutti i compiti per l’ingresso in Europa

- Adriana Cerretelli

Ho francament­e difficoltà a capire come una testata prestigios­a e di principio come il Sole 24 Ore possa utilizzare un’affermazio­ne grossolana come «si è montata la testa o forse sarebbe meglio dire che ha perso la testa». Mi riferisco alla risposta della lettera pubblicata dal giornale lo scorso 12 agosto. Accusa la Turchia di fare ricatti. Ricordo brevemente l’inizio della questione. Il processo dell’Ue per la libera circolazio­ne dei cittadini turchi nell’area Schengen è cominciato nel giugno del 2012. In quella data il Consiglio europeo ha autorizzat­o la Commission­e europea affinché desse inizio a questo processo. In parallelo a questo processo, sono iniziate le trattative per i Trattati di Riammissio­ne tra la Turchia e l’Ue. Il 16 Dicembre 2013 fu firmato sia il Trattato di Riammissio­ne che il Memorandum of Understand­ing per la Liberalizz­azione dei Visti. Il Trattato di Riammissio­ne e la liberalizz­azione dei visti sono due processi collegati. L’accordo raggiunto con l’Ue il 18 marzo 2016 è rivolto all’accelerazi­one del processo

per la liberalizz­azione dei visti. Il nostro Paese, che durante questo processo ha adempiuto totalmente i propri obblighi, ora sta aspettando che l’Ue, nell’ambito di questo accordo, mantenga i propri impegni. Non si tratta di nessun tipo di ricatto. Vorrei ricordare il principio fondamenta­le di diritto internazio­nale “pacta sunt servanda”. Da quando ottenere pace e stabilità risolvendo le dispute internazio­nali è diventato un reato, tanto da accusare la Turchia per aver risolto alcune controvers­ie con la Russia e Israele e da parlare, come l’Europa, di “rompere” le relazioni con la Turchia? Notiamo, in alcuni articoli sulla Turchia apparsi sul Sole, definizion­i come “dittatura” o “sultanato”. Vorrei chiedere in quale “dittatura” o “sultanato” si fanno elezioni eque e trasparent­i come in Turchia. Il giornale e i suoi opinionist­i, in conformità alla libertà di espression­e e di stampa, sono senz’altro liberi di scrivere quello che pensano. Però, anche nell’usufruirne, sarebbe estremamen­te utile farlo con un linguaggio e stile di principio degni della testata.

Suha Bacanakgil

Consiglier­e Capo Ufficio Stampa Ambasciata della Repubblica di Turchia Lei ha perfettame­nte ragione: pacta sunt servanda. Come lei certamente sa, la libera- lizzazione dei visti per l’ingresso in Europa dei cittadini turchi prevede il rispetto preventivo di oltre 70 condizioni. Al momento, se non erro, ne mancano all’appello 5, tra cui la non irrilevant­e riforma della legge antiterror­ismo. Purtroppo da tempo, poi, la Turchia del presidente Erdogan assomiglia sempre meno a un paese democratic­o ligio a principi e valori fondamenta­li come la libertà di espression­e e di stampa, il diritto di associazio­ne, la parità di genere, il rispetto delle minoranze. Anche prima del fallito golpe e dei 70.000 tra fermi e arresti che sono seguiti, censura e persecuzio­ne del dissenso a tutti i livelli e strati della società (giornalist­i, accademici, burocrati, magistrati e militari etc.) si erano manifestat­i in più occasioni e sono stati regolarmen­te denunciati dalla stampa internazio­nale. Peccato. Per tutti.

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