La Turchia non ha ancora finito tutti i compiti per l’ingresso in Europa
Ho francamente difficoltà a capire come una testata prestigiosa e di principio come il Sole 24 Ore possa utilizzare un’affermazione grossolana come «si è montata la testa o forse sarebbe meglio dire che ha perso la testa». Mi riferisco alla risposta della lettera pubblicata dal giornale lo scorso 12 agosto. Accusa la Turchia di fare ricatti. Ricordo brevemente l’inizio della questione. Il processo dell’Ue per la libera circolazione dei cittadini turchi nell’area Schengen è cominciato nel giugno del 2012. In quella data il Consiglio europeo ha autorizzato la Commissione europea affinché desse inizio a questo processo. In parallelo a questo processo, sono iniziate le trattative per i Trattati di Riammissione tra la Turchia e l’Ue. Il 16 Dicembre 2013 fu firmato sia il Trattato di Riammissione che il Memorandum of Understanding per la Liberalizzazione dei Visti. Il Trattato di Riammissione e la liberalizzazione dei visti sono due processi collegati. L’accordo raggiunto con l’Ue il 18 marzo 2016 è rivolto all’accelerazione del processo
per la liberalizzazione dei visti. Il nostro Paese, che durante questo processo ha adempiuto totalmente i propri obblighi, ora sta aspettando che l’Ue, nell’ambito di questo accordo, mantenga i propri impegni. Non si tratta di nessun tipo di ricatto. Vorrei ricordare il principio fondamentale di diritto internazionale “pacta sunt servanda”. Da quando ottenere pace e stabilità risolvendo le dispute internazionali è diventato un reato, tanto da accusare la Turchia per aver risolto alcune controversie con la Russia e Israele e da parlare, come l’Europa, di “rompere” le relazioni con la Turchia? Notiamo, in alcuni articoli sulla Turchia apparsi sul Sole, definizioni come “dittatura” o “sultanato”. Vorrei chiedere in quale “dittatura” o “sultanato” si fanno elezioni eque e trasparenti come in Turchia. Il giornale e i suoi opinionisti, in conformità alla libertà di espressione e di stampa, sono senz’altro liberi di scrivere quello che pensano. Però, anche nell’usufruirne, sarebbe estremamente utile farlo con un linguaggio e stile di principio degni della testata.
Suha Bacanakgil
Consigliere Capo Ufficio Stampa Ambasciata della Repubblica di Turchia Lei ha perfettamente ragione: pacta sunt servanda. Come lei certamente sa, la libera- lizzazione dei visti per l’ingresso in Europa dei cittadini turchi prevede il rispetto preventivo di oltre 70 condizioni. Al momento, se non erro, ne mancano all’appello 5, tra cui la non irrilevante riforma della legge antiterrorismo. Purtroppo da tempo, poi, la Turchia del presidente Erdogan assomiglia sempre meno a un paese democratico ligio a principi e valori fondamentali come la libertà di espressione e di stampa, il diritto di associazione, la parità di genere, il rispetto delle minoranze. Anche prima del fallito golpe e dei 70.000 tra fermi e arresti che sono seguiti, censura e persecuzione del dissenso a tutti i livelli e strati della società (giornalisti, accademici, burocrati, magistrati e militari etc.) si erano manifestati in più occasioni e sono stati regolarmente denunciati dalla stampa internazionale. Peccato. Per tutti.