Il Sole 24 Ore

L’inventore del Rinascimen­to

Jacob Burckhardt ne definì il concetto in un famoso saggio del 1860. Ma la sua opera di storico spazia anche in molte altre direzioni

- di Nicola Gardini

Nell’elisio degli i ntellettua­li ottocentes­chi il basileese Jacob Burckhardt (1818-1897) è colui che ha imposto il concetto di Rinascimen­to. Ne trattò in vari scritti preliminar­i, ma lo approfondì nello splendido saggio La cultura del Rinascimen­to in Italia, pubblicato nel 1860, guarda caso l’anno dell’unificazio­ne. Il termine circolava da decenni, se non da secoli. Lo storico francese Jules Michelet gli aveva dato una prima teorizzazi­one, e a lui Burckhardt lo strappava, definendon­e la sostanza in alcuni tratti imperituri: l’individual­ismo, l’arte del governo, l’amore dell’antico. Se Michelet aveva eletto Leonardo a simbolo, Burckhardt riconoscev­a un campione in Alberti, universale nel suo eclettismo artistico e letterario, perfino nella sua eccellenza fisica (a proposito, segnalo la recente pubblicazi­one dell’ottima monografia Leon Battista Alberti. La vita,

l’umanesimo, le opere letterarie dello studioso oxoniense Martin McLaughlin, Olschki, 2016).

Dopo il saggio di Burckhardt il rinascimen­to italiano è divenuto una coordinata della storia culturale europea e perfino un periodo, disgregazi­one del medioevo e inizio della cosiddetta modernità. In ambito accademico è stato applicato ad altre nazioni e ad altre epoche, per cui si è cominciato a parlare di un rinascimen­to francese e di un rinascimen­to inglese. Le deformazio­ni continuano ancor oggi. Da cultura alta delle corti il cosiddetto rinascimen­to si vede abbassato alle piazze e spintonato fin dentro i monasteri, e tra i suoi rappresent­anti troviamo chiunque, compresi artigiani e giocolieri. Rinascimen­tale è, per qualcuno, già Dante. Per non parlare di chi, in ambito anglosasso­ne, è arrivato a rifiutare il termine e pretende che si usi il più “corretto” early modern. Altri, invece, il termine lo preferisco­no al plurale e lo disseminan­o all’indietro nel tempo e ovunque per il pianeta. Si è arrivati all’assurdo di rimprovera­re a Burckhardt, che il rinascimen­to l’ha inventato, miopia ideologica, pregiudizi contro il medioevo, mancanza di senso storico. Insomma, è pratica comune costringer­e Burckhardt entro il letto di Procuste di quel suo pur brillante e tuttavia irrinuncia­bile libro, mettendo in ombra tutto il resto.

La cultura del Rinascimen­to in Italia, infatti, è momento di una vasta e dinamica opera; e neppure momento in sé concluso. Nel ricchissim­o studio Le

stanchezze della modernità. Una biografia intellettu­a

le di Jacob Burckhardt Maurizio Ghelardi, uno dei maggiori esperti di Burckhardt, impegnato anche nell’edizione critica dei suoi scritti, mostra che l’idea del Rinascimen­to occupa le riflession­i di Burckhardt ben oltre l’uscita della Cultura. Categoria puramente stilistica in certi scritti iniziali, si amplia in paradigma di tutta una civiltà politica e letteraria nel libro del 1860 e da ultimo rientra nuovamente nel campo specifico dell’arte, aprendosi però alla trattazion­e dei generi, che consentono di studiare le trasformaz­ioni non tanto di un “che cosa” ma di un “come”. Un libro sull’arte italiana del rinascimen­to, ideale complement­o della Cultura, rimane inedito, come molte altre cose.

Della monografia di Ghelardi si sentiva un gran bisogno. nn ii su l r i - nascimento si inseriscon­o in una ricos tru zio - ne storico-biografica che segue passo passo le molteplici, infaticabi­li attività e scritture de l protagonis­ta, su un arco di varii ddecenni,i mettendod iin evidenzaid nessi tra parti anche lontane e ancora sommerse, rapporti con maestri, letture decisive, e attingendo spunti per interpreta­zioni più esatte da materiali inediti, comprese le l ezioni universita­rie, come quelle sul medioevo ( che da sole basterebbe­ro a demolire l’immagine di un Bruckhardt antimediev­ista). Ghelardi ci restituisc­e un Burckhardt deburckhar­dtizzato, liberato dalla camicia di forza che l’accademia gli ha costruito addosso; giudice sofferente del suo tempo, che non si risparmia occasioni di studio, passando dalla Grecia arcaica alla rivoluzion­e francese, dall’epoca di Costantino a Rubens, dall’arte italiana (della quale compilò perfino una guida per il viaggiator­e) a quella di Hans Holbein il Giovane, dalla riflession­e teorica all’osservazio­ne diretta del dato.

Decisivo il viaggio in Italia del 1846. Il 28 febbraio Burckhardt scrive a Hermann Schauenbur­g da Roma: « Voi non fate che sfidare con sempre maggior audacia questa epoca indegna. Io, invece, sto in totale silenzio, e ho reciso ogni legame con essa. Perciò mi dileguo nell’indolente e piacevole Sud, morto alla storia che (…) mi dovrà rinfrancar­e delle stanchezze della modernità con il suo diluvio di antichità » . E il 5 marzo: « credo di leggere nei tuoi occhi un muto rimprovero poiché cedo con tanta sconsidera­tezza ai

piaceri del Sud, vale a dire all’arte e all’Antichità, me n t r e i l m o n dd o hh a ll e dd o g ll ii e . (…) non posso certo cambiare la situazione prima che irrompa la barbarie generale (…) soccombere può capitare a tutti, ma io voglio almeno scegliere per cosa, e questa cosa è la civiltà della vecchia Europa » .

Il Burckhardt di Ghelardi si è formato contestand­o gli effetti della rivoluzion­e francese, ovve- ro la nascita – secondo lui – di uno statalismo che ha finito per reprimere le forze creative dell’individuo e diffuso il falso mito dell’uguaglianz­a. Ecco da dove prende avvio uno dei fili d’oro della Cultu

rr aa de l rinascimen­to: dall’idea che la storia umana sia lo spazio in cui si esprimono le “pulsioni” (termm ii nn ee di H e r d e r ) , i n c u i i l g e n i o d e i s i n g o l i s i f a s t r a - dd aa a qq ua l u n q u e c o s t o ( q u i s i a v v e r t e l ’ i n s e g n a m e n - tt oo d i SS ch o p e n h a u e r ) e d e t e r m i n a s i s t e m i d i i m m a - gg ii nn ii in u n f l u s s o i n a r r e s t a b i l e . L a s t o r i a è c u l t u r a , e vv ii cc ee vv ee rs a ; e n e l l a c u l t u r a q u a l c o s a d i o r i g i n a r i o cc oo nn tt ii nn ua a t o r n a r e i n s e m p r e n u o v e c o n f i g u r a z i o - nn ii .. PP ee rq u e s t o l a s t o r i a a l l a B u r c k h a r d t s c o n f i n a nn ee ll ll ’’ ee ti c a o p e r f i n o n e l l ’ u t o p i a : p r o p o s t a d i u n m o - dd ee ll ll oo di u o m o , u n e s e m p l a r e v e r o e p r o p r i o d i uu mm aa nn it à , c h e s o v r a s t a i t e m p i e i n f o n d o è c o n t e m - pp oo rr aa nn eo d i s i m i l i e c c e l l e n t i v e n u t i p r i m a o , n o n o - ss tt aa nn tt el e i n e v i t a b i l i d e c a d e n z e , v e n t u r i . N o n a c a - ss oo ,, pp ri m a d i g i u n g e r e a d A l b e r t i , B u r c k h a r d t , c o - mm ee Ni e t z s c h e , s i è s o f f e r m a t o s u g l i e r o i d i E s i o - dd oo e , an c o r d i pi ù , s u qu e l l i di Pi n d a r o . LL ’ ec c e l l e n z a , i n f a t t i , n a s c e d a l l a c o m p e t i z i o - nn e, d a l l ’ a g o n e , e l a c i v i l t à g r e c a i n t e r a è l ì a d i - mm os t r a r l o i n m o d o e m b l e m a t i c o .

Tanta aristocrat­icità, tanto anti-modernismo non hanno favorito una serena accettazio­ne di Burckhardt pensatore. Fin troppo facile è fraintende­rlo, ridurlo a nostalgico classista e, come si è visto, a mitografo del Quattro-Cinquecent­o italiano. Pur quando se ne comprendan­o le ragioni profonde e la struggente, leopardian­a malinconia, si fatica aa da c c e t t a r n e l a c o r r o s i v i t à . A B u r c k h a r d t , p e - rr ò, o c c o r r e t o r n a r e , a t u t t o B u r c k h a r d t ; e c o n mm en t e s e r e n a , i l l u m i n a t i d a s t u d i c o m e q u e s t o d i GG he l a r d i , i n d i c a r e i n l u i u n m a e s t r o d e l l a c o n - tt ii nn uu ii tà s t o r i c a . I n t e m p i d i d i s g r e g a z i o n e e d i o b l i o come questi il suo esempio può esortarci a rintraccc ii aa rr ee ll ap e r s i s t e n z a d i c e r t i p a r a d i g m i e , c e r t o , l e l o - rr oo mm oo di f i c a z i o n i c o r r e n t i . S e , c o m e B u r c k h a r d t stesso sostiene, ogni epoca ha una sua propria ii dd ee nn tt ii tà e d è t a l e p e r c h é v i s i p o s s o n o i s o l a r e s i s t e - mm ii d i ff or z e e c o n t r o f o r z e , r e s t a c h e l a s t o r i a n o n c o - nn oo ss cc ee ve r e p a r t i z i o n i . C o m e d i c h i a r ò n e l m a g g i o de l 11 88 7 1 in u n o d e i Frammenti storici, «il nostro intt ee rr ee ss ss es i v o l g e a q u e l p a s s a t o c h e è c h i a r a m e n t e cc oo nn nn ee ss o c o n i l p r e s e n t e e c o n i l f u t u r o . L ’ i d e a c h e c i gg uu ii da è i l p r o c e d e r e d e l l a c i v i l t à , l a s u c c e s s i o n e dd e ll ll e ff as i d i c u l t u r a p r e s s o i v a r i p o p o l i o i n s e n o a g l i stessi singoli popoli».

Ghelardi ci mostra un autore attento a ogni epoca storica, Medioevo compreso, nostalgico della libertà creativa perduta con l’emergere dell’egualitari­smo postrivolu­zionario

 ??  ??
 ??  ?? icone | Qui sopra Jacob Burckardt; a destra la Filosofia, allegoria di Raffaello Sanzio, tiene in grembo i libri della filosofia morale e di quella naturale. Riproduzio­ne tratta dal tondo sulla volta della Stanza della Segnatura in Vaticano (1508)
icone | Qui sopra Jacob Burckardt; a destra la Filosofia, allegoria di Raffaello Sanzio, tiene in grembo i libri della filosofia morale e di quella naturale. Riproduzio­ne tratta dal tondo sulla volta della Stanza della Segnatura in Vaticano (1508)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy