Qualcosa si muove attorno a Proxima Centauri...
Allo European Science Open Forum (Esof), che si è tenuto alla fine di luglio a Manchester, una delle sessioni era dedicata ai grandi telescopi del futuro che opereranno alle diverse lunghezze d’onda: dal radio, all’ottico, all’infrarosso fino ai raggi gamma. Visto che ci era stato chiesto di parlare del futuro, le presentazioni erano centrate sulla pianificazione e sulle aspettative, piuttosto che sui risultati degli strumenti attualmente operativi. Il direttore scientifico di Eso (lo European Southern Observatory, l’organizzazione europea che gestisce i più grandi telescopi al mondo nelle Ande cilene), al quale era stato chiesto di descrivere lo e-Elt, il mega telescopio da 40 metri di diametro che è nelle fasi iniziali della costruzione, non ha resistito e ha annunciato «abbiamo un risultato bellissimo nel campo dei pianeti extrasolari, ma la notizia è segreta e non posso dire altro». Forse voleva essere un intermezzo per ravvivare l’attenzione ma tutti i presenti, me compresa, hanno co- minciato a chiedersi a che genere di risultato si potesse riferire. Con la popolazione degli esopianeti che ha superato quota 3.300, una ventina dei quali nella fascia di abitabilità delle loro stelle e con massa e dimensioni non troppo diverse dalla Terra, Rob Ivison non si poteva certo riferire ad uno, o più, nuovi pianeti. La missione della Nasa Kepler ne ha scodellati 1.200 in un colpo solo nel maggio scorso. Procedendo per eliminazione, era chiaro che il risultato di Eso doveva essere di qualità piuttosto che di quantità. Un risultato reso possibile dalla disponibilità di grandi telescopi con strumentazione all’avanguardia.
Uno degli argomenti più caldi, sul quale si stanno concentrando gli sforzi degli astronomi che studiano i sempre più numerosi esopianeti, è la misura della composizione della loro atmosfera. L’Eso aveva già tentato con successo di “indovinare” i gas che compongono l’atmosfera di alcuni esopianeti sfruttando il loro moto intorno alla stella. Quando il pianeta è dietro alla stella, si vede l’emissione pura della stella, quando il pianeta passa davanti alla stella si vede l’effetto di filtro dell’atmosfera del pianeta che assorbe le righe relative agli elementi che la compongono. È una misura difficile perché il pianeta è molto più piccolo della sua stella, ma, in alcuni casi, si sono visti gli assorbimenti dell’acqua o del metano. Il risultato così interessante doveva riferirsi alla composizione dell’atmosfera di un qualche esopianeta, magari di tipo terrestre e magari nella fascia di abitabilità della sua stella? Era forse stata trovata prova della presenza di ossigeno? Non è certo un segreto che l’ossigeno è un elemento molto reattivo che si combina con tutto e, una volta avvenuta l’ossidazione, il gas non c’è più. La sua presenza nell’atmosfera di un esopianeta farebbe pensare a qualche meccanismo che lo produca continuamente: sulla Terra sono le piante e le alghe, insomma una qualche forma di vita. Lo stesso ragionamento vale per il metano, una molecola che si dissocia e ha bisogno di essere sempre prodotta, ma qui i vulcani possono aiutare. Doveva essere stato ottenuto lo spettro di un esopianeta con elementi promettenti per il possibile sviluppo di qualche forma di vita. Restava da capire di quale pianeta si trattasse. A Manchester non avevo raccolto nessun indizio rivelatore, ma i segreti sono difficili da mantenere: qualcuno ha parlato e «Der Spiegel» ha diffuso la notizia. A meno di depistaggi, sempre possibili nelle storie di intelligence, il colpevole sarebbe un pianeta in orbita intorno a Proxima Centauri, una nana rossa non diversa da miliardi di altre stelline che ha un’unica importantissima particolarità: è l’oggetto celeste più vicino, a poco più di 4 anni luce da noi. Sarà contento Yuri Milner che alcuni mesi fa ha annunciato di voler finanziare il programma StarShot per mandare microastronavi verso Alpha Centauri. Proxima dista da Alpha una frazione di anno luce, le microastronavi dovranno modificare solo di poco la loro rotta.