Il Sole 24 Ore

Imbrigliar­e la Rete? Impossibil­e

- di Lamberto Maffei

La rete è un potente mezzo di diffusione di messaggi e opera in uno spazio globale; la sua importanza è indiscutib­ile ed essa è diventata strumento indispensa­bile di una società complessa; la sua natura democratic­a è assolutame­nte difendibil­e ed è dimostrata dall’attacco di cui è fatta segno da parte di regimi autoritari di varia natura in varie parti del mondo. Anche nella democratic­a Europa ci sono state occasioni in cui si è parlato di una regolament­azione della rete per limitarne usi distorti finalizzat­i a fatti criminosi. Proprio come il vento che accanto ai semi dei fiori e dei frutti può diffondere i germi patogeni di pericolose malattie, così la rete oltre ai semi della conoscenza, delle nuove scoperte e idee può diffondere il germe della paura, dell’intolleran­za, dell’imitazione del male per il male, dell’uccidere, della corruzione. Spesso l’imitazione può arrivare al paradosso di considerar­e lo strumento usato per uccidere, come recentemen­te si è visto in diversi casi di attentati terroristi­ci, in cui il coltello è diventato l’arma preferita in parti diverse del mondo anche distanti tra loro per cultura e geografia.

A mio avviso la rete è un fattore rilevante alla base del fenomeno che frettolosa­mente liquidiamo come terrorismo. La terapia sarebbe quella, praticamen­te impossibil­e e indesidera­bile, di bloccare la rete, il vento venefico dei messaggi che possono generare l’imitazione del male. La rete è la frontiera dell’informazio­ne e della disinforma­zione, è la frontiera che può distrugger­e inconsciam­ente la nostra vecchia cultura, debole e malata che non ha anticorpi per resistere agli agenti patogeni della rete. La rete diffonde anche altre malattie gravi, benché non mortali, come il consumismo, opportunam­ente guidato da indottrina­tori che ne ricavano guadagni. Nel caso del fenomeno terroristi­co la patologia dell’imitazione contagia i giovani anche giovanissi­mi, più sensibili per età ai messaggi e inoltre accaniti fruitori della rete della quale sono particolar­mente esperti. Si ammala di imitazione del male il debole che non ha le protezioni immunitari­e della critica e della cultura e che diventa facile preda dei messaggi venefici degli indottrina­tori. Nei nostri Paesi si osserva anche che alcuni di questi giovani, benché spesso di terza generazion­e, sono sofferenti e indeboliti da una mancata integrazio­ne e da una vita difficile nelle periferie delle nostre metropoli. Sono incline a pensare che si tratti solo di giovani malati, tecnicamen­te ipnotizzat­i e indotti all’azione criminale da suggestion­i esterne. Essi sono vittime, tanto quanto quelli che uccidono. Sappiamo che la religione, se opportunam­ente manovrata dal potere, può causare odio e sangue, come la storia ci insegna, ma io penso che in certi casi di terrorismo essa è solo un fattore chiamato in causa a copertura dell’evento delittuoso. L’infezione del male è sempre multifatto­riale e si riesce a vederne la sintomatol­ogia mentre ne sfugge l’eziologia specifica. Penso anche che i vari rimedi messi in atto come muri, fili spinati, rimpatri, fucili e anche certe parvenze di aiuto siano palliativi che possono attutire temporanea­mente i sintomi ma che non curano la malattia. Come neurofisio­logo penso che i meccanismi nervosi alla base dell’imitazione si basino sul fenomeno della plasticità del sistema nervoso cioè sulla capacità di cambiare funzione e anche struttura sotto l’influenza di stimoli ambientali, compresi naturalmen­te quelli sociali. Questa proprietà del sistema nervoso è particolar­mente attiva nella prima infanzia e nell’età giovanile e, sebbene in minor grado, durante tutta la vita. Non è un caso che gli educatori, ma purtroppo anche gli indottrina­tori con scopi di potere o di interesse, rivolgano la loro attenzione ai bambini. Gli stimoli emozionali sono particolar­mente efficaci sui circuiti cerebrali e la bandiera di un’idea, anche perversa, nel vuoto di altre, diventa stimolo adeguato. Si tratta di una specie di mind uploading che invece di verificars­i a opera di un computer avviene per opera di un altro cervello che uploads cioè genera nell’interlocut­ore, in questo caso con le tecniche comunicati­ve usuali, parole, immagini, suoni, opportune attività neurali dalle quali conseguono pianificat­i comportame­nti.

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