Saluto ad Abbado all’ottava
Riccardo Chailly ha scelto la Sinfonia mahleriana per inaugurare la direzione del fe stival: trionfo pieno di commozione
Travolgente, in grado di riempire e saturare i vasti spazi della severa sala del KKL, l’esordio di Riccardo Chailly alla guida del prestigioso Festival di Lucerna coinvolge e convince tutti: seppure assecondato da un’orchestra di prima classe e dalla magniloquenza dell’ Ottava Sinfonia di Mahler, il successo non era scontato. Perché quel podio era stato l’ultimo privilegiato di Claudio Abbado. Infilarsi la sua giacca, non era semplice: essere incoronato come “successore” poteva in qualche modo segnare una diminuzione. Anche perché a Lucerna - e non solo qui - il nome di Abbado campeggiava come l’assoluto punto di riferimento. Nelle conversazioni, sui media e ancora sul programma di sala del concerto di apertura del Festival, era il grande Claudio a svettare: « all’indimenticabile nostro amico » , sottolineava toccante la didascalia della foto. A lui l’Ottava di Mahler veniva dedicata.
Era la Sinfonia che non aveva eseguito, al Festival. La mancante, per completare l’integrale. Con un gesto di devozione, nel solco della continuità, il mahleriano Chailly l’ha scelta come prima tappa del viaggio che lo vedrà per i prossimi cinque anni a Lucerna. Concepita come omaggio al Maestro, la sua esecuzione non poteva essere più diversa. Da subito: dall’attacco rapinoso della prima delle due parti della Sinfonia, di sonorità pastosa e fraseggio scandito. Nel « Veni, creator spiritus», l’Inno medioevale, in latino, della Sinfonia corale, Chailly operava una
scelta di i mmedesimazione fonica, per l’ascoltatore: la solennità dei Cori ( fantastici), la proiezione coinvolgente del loro volume e della screziata colorazione, la fascia netta delle voci dei bambini ( i Tölzer, superbi), l’affondo del l’organo, la scansione dei timpani, tutto conferiva all’esordio del brano il carattere di solenne portale. Non eravamo alle prime battute della famosa Sinfonia, detta “dei mille” per il gigantismo dell’organico: eravamo in un altro mondo, il suo.
Diverse e caratterizzate le due grandi ali di questo tempio, Chailly ancor più le distanziava. Tenendo la prima anticata, grazie all’evidenza del fitto contrappunto. Impregnata di sacralità festosa, ingenua, tra slanci di campane e trombe pungenti. Ma anche, tra le pieghe, grottesca e beffarda, come a insinuare un dubbio, in tanta fiduciosa attesa. Popolare, teatrale, e nel Gloria, coi bambini e il soprano, incantata.
Si voltava pagina, entrando in un altra di-
mensione spirituale, e non solo sonoro, nel Faust , con l’ultima scena distribuita da Mahler nella seconda tavola del suo polittico. Qui più che ai Cori - erano in 220 qui a cantare, fitti e oltremodo disciplinati, provenienti da scuole e mondi musicali diversi, come quelli della Radio Bavarese, della Radio Lettone, e l’incredibile Orfeón Donostiarra della regione basca della Spagna - Chailly consegnava invece all’orchestra e ai solisti il ruolo trainante dell’interpretazione. Fatta di gesti altisonanti, ma anche e soprattutto di minuti dettagli. Bastava ad esempio un pizzicato di violoncelli e contrabbassi a sciogliere una frase mahleriana, sempre così struggente, sgomenta, smarrita. Bastavano i “soli” tormentati, fitti di cromatismi, del primo violino a sgranare la trama confidenziale, la più vera, nascosta dietro la maestosità di questa Sinfonia in forma di cattedrale. Tra le otto voci soliste brillavano insuperabili la passionalità di Peter Mattei, la saldezza wagne- riana di Andreas Schager, il tratto elegante, inconfondibile di Sara Mingardo, la teatralità di Juliane Banse, in una parte, quella della penitente, quasi espressionista.
Sul tremolio visionario del Coro finale, con un volume fonico orchestrale in crescendo al di là dell’immaginazione, si approdava al goethiano “eterno femminino”: ipnotizzato, il pubblico internazionale del Festival sembrava non voler più scendere da quel volo. E infatti, prima di scoppiare nell’applauso più festoso, taceva. In estasi, per alcuni lunghi minuti. Questo sì, come al tempo di Abbado.
Sinfonia n. 8, in mi bemolle maggiore di Mahler; Cori della Radio Bavarese, Lettone, Orfeón Donostiarra, Tölzer Knabenchor; Lucerne Festival Orchestra, direttore Riccardo Chailly; Lucerna, KKL, il Festival prosegue fino al 11 settembre