Il Sole 24 Ore

Monicelli non le mandava a dire

- di Roberto Escobar

Il mio sogno? Essere Luis Buñuel. Così nel 2004, quasi novantenne, racconta Mario Monicelli a Sebastiano Mondadori. Quell’intervista, pubblicata nel maggio 2005, poco prima della sua morte, viene ora riedita dal Saggiatore. Un’ottima occasione per ritrovare l’opera e l’intelligen­za di uno dei nostri uomini di cinema più grandi.

« Quando mi domandano quale regista mi sarebbe piaciuto essere, rispondo sempre Buñuel » , sostiene dunque Monicelli in La commedia umana. Poi, giusto per non abbassare il tiro, racconta di avere usato la ( geniale) pomposità di Vittorio Gassman negli incontri con la Morte in Palestina, per « prendere un po’ per il culo » l’Ingmar Bergman di Il settimo sigillo. Era così, l’autore dei due Brancaleon­e ( 1966 e 1970), sarcastico, spigoloso, sincero fino a essere imbarazzan­te.

Bernardo Bertolucci? È bravo a muovere la macchina presa, ma il suo cinema è magniloque­nte, costruito, falso. Lo stesso vale per quello di Luchino Visconti, «teatrale, coerente con la sua formazione personale e il suo gusto». Si concordi, o si pensi che, almeno a proposito di Visconti, Monicelli ripeta un pregiudizi­o diffuso, in ogni caso se ne deve ammirare la capacità di non mandarle a dire. Né più indulgente è con se stesso.

Totò e Carolina? Su quel suo film del 1953, censurato dal potere politico e religioso, e anche per questo osannato dalla critica, Monicelli non ha dubbi: tutto sommato, « non era questa gran cosa. I tagli stessi non l’hanno mutilato più di tanto, si trattava di una storiella senza tante pretese » . Quanto a Facciamo paradiso, del 1995, il titolo sarà anche bello, « ma è talmente brutto il film… » . Mal riuscito – « mi è venuto proprio male » – è anche Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, del 1984. Non solo a causa di un Lello Arena incapace di reggere il ruolo di Alboino, ma anche perché « non lo sceneggiam­mo con la dovuta profondità, sfruttando male tutti gli aneddoti di ( Giulio Cesare) Croce » .

Non di aneddoti, seppur storicolet­terari, ma di densa attualità italica è comunque intessuto il suo cinema. Lo è a tal punto, che legando film a film ne verrebbe la storia recente del nostro Paese. E si tratterebb­e di una commedia, anzi di una tragicomme­dia.

« La vita è una selva di disgrazie, con qualche sventura » , dice Gassman in L’armata Brancaleon­e . Allora, nel 1966, l’Italia può ancora ridere del pressapoch­ismo straccione e velleitari­o di un manipolo di antieroi che – così pare – ne rappresent­a i molti difetti, insieme con qualche ( talvolta non minima) virtù. Ne ride, appunto, perché in questo e negli altri suoi film migliori Monicelli racconta la vita nazionale rovesciand­one le disgrazie in riso. E soprattutt­o perché lo fa rifiutando di raccontare storie a tesi.

Il mio cinema è di sinistra, afferma, o se si vuole è democratic­o, nel senso che sta «dalla parte dei deboli», mettendo in luce le ingiustizi­e. Ma certo non è assertivo, e ancora meno ideologico. Affine al mio modo di vedere la vita, «non mostra mai direttamen­te il dramma». Sono nemico delle scene madri, continua, e ho una vera predilezio­ne «per le scene figlie». Dunque, amo raccontare la vita attraverso i suoi riflessi, che la alleggeris­cono con il comico.

Vista attraverso questo filtro, l’Italia che Monicelli racconta è una selva di disgrazie, con qualche sventura, appunto… E però, aggiunge verso la fine dell’intervista, qualcosa nei decenni è cambiato: non gli italiani, che restano quel che erano, ma le condizioni in cui gli italiani vivono. La ricchezza ci ha trovato impreparat­i, e ci ha sommerso nella volgarità. In fondo, pare concludere, questo racconta nel suo complesso il mio cinema, decennio dopo decennio: la storia di un fallimento.

Era sarcastico e spigoloso, il grande Mario Monicelli. Ed era ancor più sincero, non temendo d’essere imbarazzan­te. Per questo, se anche non gli è riuscito d’essere Buñuel, gli è ben riuscito d’essere se stesso.

Mario Monicelli, La commedia umana. Conversazi­oni con Sebastiano Mondadori, Il Saggiatore, Milano, pagg. 344, 38 foto, € 24

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