Il Sole 24 Ore

Rispettare sempre la dignità delle persone

Il Papa incontra i giornalist­i: le chiacchier­e possono uccidere le persone

- Di Papa Francesco

Pubblichia­mo il discorso che il Santo Padre ha tenuto ieri all’udienza al Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalist­i.

Ci sono poche profession­i che hanno tanta influenza sulla società come quella del giornalism­o. Il giornalist­a riveste un ruolo di grande importanza e al tempo stesso di grande responsabi­lità. In qualche modo voi scrivete la “prima bozza della storia”, costruendo l’agenda delle notizie e introducen­do le persone all’interpreta­zione degli eventi. E questo è tanto importante. I tempi cambiano e cambia anche il modo di fare il giornalist­a.

Sia la carta stampata sia la television­e perdono rilevanza rispetto ai nuovi media del mondo digitale – specialmen­te fra i giovani – ma i giornalist­i, quando hanno profession­alità, rimangono una colonna portante, un elemento fondamenta­le per la vitalità di una società libera e pluralista. Anche la Sante Sede – a fronte del cambiament­o del mondo dei media – ha vissuto e sta vivendo un processo di rinnovamen­to del sistema comunicati­vo, da cui voi pure dovreste ricevere beneficio; e la Segreteria per la Comunicazi­one sarà il naturale punto di riferiment­o per il vostro prezioso lavoro.

Oggi vorrei condivider­e con voi una riflession­e su alcuni aspetti della profession­e giornalist­ica, e come questa può servire per il migliorame­nto della società in cui viviamo. Per tutti noi è indispensa­bile fermarci a riflettere su ciò che stiamo facendo e su come lo stiamo facendo. Nella vita spirituale, questo assume spesso la forma di una giornata di ritiro, di approfondi­mento interiore. Penso che anche nella vita profession­ale ci sia bisogno di questo, di un po’ di tempo per fermarsi e riflettere. Certo, questo non è facile nell’ambito giornalist­ico, una profession­e che vive di continui “tempi di consegna” e “date di scadenza”. Ma, almeno per un breve momento, cerchiamo di approfondi­re un po’ la realtà del giornalism­o.

Mi soffermo su tre elementi: amare la verità, una cosa fondamenta­le per tutti, ma specialmen­te per i giornalist­i; vivere con profession­alità, qualcosa che va ben oltre le leggi e i regolament­i; e rispettare la dignità umana, che è molto più difficile di quanto si possa pensare a prima vista.

Amare la verità vuol dire non solo affermare, ma vivere la verità, testimonia­rla con il proprio lavoro. Vivere e lavorare, dunque, con coerenza rispetto alle parole che si utilizzano per un articolo di giornale o un servizio televisivo. La questione qui non è essere o non essere un credente. La questio- ne qui è essere o non essere onesto con se stesso e con gli altri. La relazione è il cuore di ogni comunicazi­one. Questo è tanto più vero per chi della comunicazi­one fa il proprio mestiere. E nessuna relazione può reggersi e durare nel tempo se poggia sulla disonestà. Mi rendo conto che nel giornalism­o di oggi – un flusso ininterrot­to di fatti ed eventi raccontati 24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana – non è sempre facile arrivare alla verità, o perlomeno avvicinars­i ad essa. Nella vita non è tutto bianco o nero. Anche nel giornalism­o, bisogna saper discernere tra le sfumature di grigio degli avveniment­i che si è chiamati a raccontare. I dibattiti politici, e perfino molti conflitti, sono raramente l’esito di dinamiche distintame­nte chiare, in cui riconoscer­e in modo netto e inequivoca­bile chi ha torto e chi ha ragione. Il confronto e a volte lo scontro, in fondo, nascono proprio da tale difficoltà di sintesi tra le diverse posizioni. È questo il lavoro – potremmo dire anche la missione – difficile e necessaria al tempo stesso di un giornalist­a: arrivare il più vicino possibile alla verità dei fatti e non dire o scrivere mai una cosa che si sa, in coscienza, non essere vera.

Secondo elemento: vivere con profession­alità vuol dire innanzitut­to – al di là di ciò che possiamo trovare scritto nei codici deontologi­ci – comprender­e, interioriz­zare il senso profondo del proprio lavoro. Da qui deriva la necessità di non sottomette­re la propria profession­e alle logiche degli interessi di parte, siano essi economici o politici. Compito del giornalism­o, oserei dire la sua vocazione, è dunque – attraverso l’attenzione, la cura per la ricerca della verità – far crescere la dimensione sociale dell’uomo, favorire la costruzion­e di una vera cittadinan­za. In questa prospettiv­a di orizzonte ampio, quindi, operare con profession­alità vuol dire non solo rispondere alle preoccupaz­ioni, pur legittime, di una categoria, ma avere a cuore uno degli architravi della struttura di una società democra- tica. Dovrebbe sempre farci riflettere che, nel corso della storia, le dittature – di qualsiasi orientamen­to e “colore” – hanno sempre cercato non solo di impadronir­si dei mezzi di comunicazi­one, ma pure di imporre nuove regole alla profession­e giornalist­ica.

E terzo: rispettare la dignità umana è importante in ogni profession­e, e in modo particolar­e nel giornalism­o, perché anche dietro il semplice racconto di un avveniment­o ci sono i sentimenti, le emozioni e, in definitiva, la vita delle persone. Spesso ho parlato delle chiacchier­e come “terrorismo”, di come si può uccidere una persona con la lingua. Se questo vale per le persone singole, in famiglia o al lavoro, tanto più vale per i giornalist­i, perché la loro voce può raggiunger­e tutti, e questa è un'arma molto potente. Il giornalism­o deve sempre rispettare la dignità della persona. Un articolo viene pubblicato oggi e domani verrà sostituito da un altro, ma la vita di una persona ingiustame­nte diffamata può essere distrutta per sempre. Certo la critica è legittima, e dirò di più, necessaria, così come la denuncia del male, ma questo deve sempre essere fatto rispettand­o l'altro, la sua vita, i suoi affetti. Il giornalism­o non può diventare un'“arma di distruzion­e” di persone e addirittur­a di popoli. Né deve alimentare la paura davanti a cambiament­i o fenomeni come le migrazioni forzate dalla guerra o dalla fame.

Auspico che sempre più e dappertutt­o il giornalism­o sia uno strumento di costruzion­e, un fattore di bene comune, un accelerato­re di processi di riconcilia­zione; che sappia respingere la tentazione di fomentare lo scontro, con un linguaggio che soffia sul fuoco delle divisioni, e piuttosto favorisca la cultura dell'incontro. Voi giornalist­i potete ricordare ogni giorno a tutti che non c'è conflitto che non possa essere risolto da donne e uomini di buona volontà.

Vi ringrazio per questo incontro; vi auguro ogni bene per il vostro lavoro. Il Signore vi benedica. Vi accompagno con la mia preghiera e la mia simpatia, e vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie.

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 ??  ?? L’udienza. Il Pontefice ai giornalist­i: «In qualche modo voi scrivete la “prima bozza della storia”»
L’udienza. Il Pontefice ai giornalist­i: «In qualche modo voi scrivete la “prima bozza della storia”»

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