Quagliariello: «Rischio contenzioso Camera-Senato»
«Meglio nessuna riforma che una cattiva riforma». Gaetano Quagliariello è perentorio. L’ex ministro delle Riforme del governo Letta e prima ancora tra i saggi per le riforme costituzionali nominati nel 2013 dall’allora capo dello stato, Giorgio Napolitano, è uno degli esponenti più critici del Ddl Boschi, tant’è che subito dopo l’approvazione decise di abbandonare il Nuovo centrodestra, il partito del ministro dell’Interno Angelino Alfano e conseguentemente di lasciare la maggioranza per fondare il movimento Idea.
Senatore lei ha sempre sostenuto la necessità di rivedere la Carta, oggi si schiera con il No: non teme il rischio che di riforme non se ne vedranno più per almeno un altro decennio?
Certo ne sono consapevole. Tuttavia vorrei ricordare che per far passare nel 2001 la sciagurata riforma del titolo V fu utilizzata la stessa argomentazione. Ma quella riforma ci è costata almeno un punto di Pil e infiniti ricorsi davanti alla Consulta. Adesso rischiamo di ripetere l’errore.
Ma il Ddl Boschi diminuisce il contenzioso Stato-Regioni?
Non ne sarei cosi certo. In compenso avremo un altro e ben più pericoloso contenzioso: quello tra Camera e Senato, visto che, contrariamente a oggi, ci troveremo di fronte a una pluralità di processi legislativi poiché su alcune materie il Senato è chiamato a esprimersi. A garantire quale procedimento utilizzare, ovvero se consentire o meno la navetta, dovrebbero essere i presidenti delle due Camere ma se non si trovano d’accordo? Dovremo attendere che si pronunci la Corte costituzionale. E questo solo uno dei pasticci di questa riforma. E poi questo nuovo Senato fa tante cose tranne che essere la Camera delle Regioni.
Il governo inizialmente aveva proposto il Senato dei sindaci ma poi tanto la minoranza dem che le opposizioni spinsero per una rappresentanza regionale...
Non ci sono pero i governatori bensì consiglieri regionali in rappresentanza dei partiti e quindi non c’è un collegamento diretto tra quanto espresso dagli elettori nel voto locale e quanto rappresentato in Senato. Per fare un esempio: i senatori del M5S della Lombardia voteranno come gli detta il loro partito o con il centrodestra che ha i voti della maggioranza dei lombardi?
Ritiene anche lei che la nuova costituzione rischi di rafforzare eccessivamente il potere del governo e del premier, creando i presupposti di un “regime”?
No il problema semmai è che il combinato disposto tra riforma costituzionale e Italicum. Non è la Costituzione che garantirà, come invece avrebbe dovuto, la stabilità perché non c’è né la sfiducia costruttiva né il potere di nomina e revoca dei ministri in capo al premier. In compenso la legge elettorale consente di dare a un premier votato da una minoranza di elettori il potere di decidere le massime cariche dello stato visto che per raggiungere il quorum avrebbe bisogno solo di un ulteriore 6 per cento.
A proposito di legge elettorale: come giudica la disponibilità manifestata da Renzi e la recente approvazione della mozione di maggioranza per la modifica dell’Italicum?
Non è una cosa seria. Ricordo che sulla legge elettorale, il governo, con una forzatura senza precedenti, ha posto la fiducia. Spetta quindi all’esecutivo assumersi la responsabilità di indicare le modifiche. Invece abbiamo anche assistito al giubilo per la decisione della corte costituzionale di rinviare l’udienza sull’Italicum mentre ancora non si conosce la data in cui saremo chiamati a votare per il referendum costituzionale.