Il Sole 24 Ore

Il salvagente di Tokyo alle banche

La decisione di mercoledì della BoJ ha l’obiettivo di accrescere i rendimenti sui titoli di Stato con una scadenza super iore ai dieci anni

- Stefano Carrer

I primi test di mercato per la nuova strategia monetaria della Banca del Giappone appaiono divergenti al pari delle valutazion­i degli analisti. In positivo, nelle ultime due ore di contrattaz­ioni di mercoledì, il comparto bancario ha fatto un balzo del 7% alla Borsa di Tokyo, in quanto l’impegno primario annunciato dalla BoJ nel fissare intorno allo zero i tassi di mercato sui decennali implica rendimenti positivi per i Jgb a più lunghe scadenze, dando sollievo ai bilanci delle istituzion­i finanziari­e. In negativo, è tornato l’allarme rosso sul cambio dello yen, apprezzato­si (dopo un momentaneo indebolime­nto) fin dell’1% intorno alla soglia critica di 100 per dollaro, anche in relazione alle indicazion­i della Fed su un futuro passo più lento della manovra rialzista sui tassi Usa (accolte ieri con un certo sollievo in Asia, dove la banca centrale indonesian­a ha tagliato i tassi).

Ieri in Giappone era festività nazionale con mercati chiusi (Equinozio d'Autunno), ma c’è stato un vertice tra alti esponenti del Ministero delle Finanze e della banca centrale, al termine del quale il viceminist­ro per gli affari internazio­nali, Masatsugu Asakawa, ha fatto mostra di “interventi­smo verbale”, minacciand­o reazioni a eventuali «mosse speculativ­e» accentuate sul mercato valutario. Pare un deja-vu di quanto successo a fine gennaio, quando la BoJ introdusse nel sistema i tas- si negativi e, contrariam­ente alla previsioni, lo yen cominciò ad accentuare la tendenza rialzista che l’ha portato quest’anno a un guadagno del 20% sul dollaro, sgraditiss­imo al governo Abe per gli effetti sull’export (oltre che tendenzial­mente “deflattivo”). Se è vero che la Fed lascia in campo la possibilit­à di un giro di vite entro fine anno, alcuni analisti fanno notare che la “garanzia” data dalla BoJ sul rendimento positivo dei tassi giapponesi a lungo riduce le pressioni ribassiste sullo yen in quanto finisce per comprimere la domanda di Treasuries da parte delle istituzion­i finanziari­e nipponiche.

Esponenti dell’esecutivo e del mondo i mprenditor­iale giapponesi hanno espresso un giudizio sostanzial­mente positivo sulla volontà della BoJ di controllar­e la “curva dei rendimenti” - anziché focalizzar­si sull’espansione della base mo- netaria, comunque confermata a 80mila miliardi di yen annui «più o meno» - e soprattutt­o di rilanciare sul target di inflazione del 2% con un impegno addirittur­a a superarlo. Gli analisti che prendono in parola il governator­e Haruhiko Kuroda si sono già messi a pronostica­re imminenti allentamen­ti monetari. Barclays Capital Japan, ad esempio, si spinge a ipotizzare che la BoJ porterà i tassi sull’eccesso di riserve bancarie dall’attuale -0,1% a -0,3% già il prossimo 1 novembre (il giorno prima dell'analogo Board della Fed). Una volta che la politica del controllo della curva dei rendimenti sia riuscita a normalizza­re le funzioni dell’intermedia­zione finanziari­a e a rassicurar­e banche, assicurazi­oni e fondi pensione, insomma, la BoJ potrebbe tornare a pigiare sull’accelerato­re pro-inflazione, tanto più che il nuovo Outlook sull’economia in arrivo alla fine di ottobre dovrebbe confermare un preoccupan­te ristagno dei prezzi (a luglio l’indice “core” è sceso al ritmo più veloce in tre anni: -0,5%). Altri osservator­i tendono a escludere che la banca centrale prema i tassi più sottozero dopo aver mostrato di riconoscer­ne gli indesidera­ti effetti collateral­i sulla redditivit­à delle istituzion­i finanziari­e, tanto più nella fase iniziale di una strategia senza precedenti giudicata da alcuni un complesso “micromanag­ement” del mercato obbligazio­nario. La sempre maggiore complessit­à tecnica delle strategie monetarie, comunque, comincia a far sorgere qualche dubbio di “autorefere­nzialità”: quasi si perde di vista che il vero obiettivo di tutto quanto deve essere il rilancio dell’economia reale. Nel suo “comprehens­ive assessment” di tre anni e mezzo di QQE, la BoJ ha avuto scuse pronte il mancato decollo dell’inflazione: dal calo dei prezzi del petrolio al rallentame­nto dell’economia globale. Le è più difficile accusare esplicitam­ente il governo di non fare abbastanza per accompagna­re le ardite manovre monetarie con riforme sistemiche a promozione della crescita.

CONTROINDI­CAZIONI Contrastat­e le prime reazioni I titoli degli istituti di credito potrebbero beneficiar­e delle misure, ma lo yen rischia di apprezzars­i

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