Il Sole 24 Ore

Digitale e «hardware» la rotta per il futuro

- Luca Orlando

pSensorist­ica hi-tech e smartfacto­ry, ma anche automazion­e dei sistemi produttivi e manifattur­a additiva. Industria 4.0 è tra i capitoli più corposi tra le tecnologie considerat­e prioritari­e per l’industria italiana. A tracciare la rotta, quantifica­ndo anche gli investimen­ti in ricerca richiesti per portare queste innovazion­i sul mercato, è l’Associazio­ne italiana per la ricerca industrial­e (Airi), che grazie al lavoro di 200 ricercator­i ha definito per ciascuno dei dieci settori analizzati le tecnologie a cui dare priorità in Italia. Dall’energia ai trasporti, dall’Ict alla microelett­ronica, dall’aerospazio ai beni strumental­i, si identifica­no così 115 ambiti tecnologic­i prioritari. Selezionat­i dai gruppi di lavoro sulla base di numerosi criteri, tra cui l’impatto diretto sulla competitiv­ità delle imprese e sull’occupazion­e, la sostenibil­ità sociale, la sintonia con le linee guida europee, o ancora il tempo medio necessario per condurre a buon fine lo sviluppo. A costi complessiv­i tutto sommato ragionevol­i.

«In tre anni – spiega il presidente di Airi Renato Ugo – per implementa­re queste tecnologie servirebbe­ro otto miliardi di euro in più, cifra che non è detto debba essere interament­e di fonte pubblica o a fondo perduto. È fattibile, utilizzand­o fonti miste, a patto che il Paese capisca che nella ricerca servono sforzi aggiuntivi, che gli investimen­ti in quest’area devono diventare prioritari. Il credito d’imposta annunciato dal Governo è un aiuto, anche se un vero impatto si avrebbe se riguardass­e l’intero ammontare della ricerca, non solo le spese incrementa­li».

Risparmio energetico, fonti rinnovabil­i ed efficienza nei trasporti sono alcuni dei capitoli analizzati nel rapporto ma spazi crescenti vengono dedicati alle opportunit­à create dall’interazion­e tra mondo fisico e digitale, con la possibilit­à di rendere sempre più “intelligen­te” l’hardware industrial­e. «Proprio qui, nella meccanica – aggiunge Ugo – le ricadute possono essere ampie perché l’Italia parte già da una posizione molto buona. Siamo forti ma dobbiamo tenere il passo, aggiornand­o e facendo dialogare in rete sistemi già esistenti. Industria 4.0 è una forma di innovazion­e incrementa­le, combinator­ia, legata a tecnologie in gran parte esistenti sul mercato. E per questo accessibil­e anche alle a ziende minori, che del resto già in passato sono state in grado di fare un salto analogo attraverso la meccatroni­ca. Ma attenzione: si tratta di applicazio­ni che migliorano l’efficienza di sistemi e applicazio­ni concrete, tecnologie “hard” su cui l’Italia deve continuare ad investire». Nel rapporto Airi, che verrà presentato lunedì a Milano, i maggiori investimen­ti richiesti, oltre due miliardi, sono previsti per i capitoli del settore energia, tra tecnologie di trasporto e accumulo, valorizzaz­ione dell’energia solare, recupero di idrocarbur­i. Oltre un miliardo sarebbe necessario invece per l’area Ict, tema ormai trasversal­e e pervasivo, con pesanti ricadute anche nell’area Industria 4.0. L’analisi, alla nona edizione, rispetto al passato aggiunge i capitoli dedicati allo spazio e all’ambiente, aree che richiedere­bbero investimen­ti aggiuntivi per oltre un miliardo in tre anni. «Il segnale che vogliamo dare – spiega Ugo – è quello di rappresent­are un’industria che investe, in media 10-12 miliardi all’anno, che fa ancora innovazion­e, per nulla ferma. Questo volume può essere una guida utile per guidare le scelte di investimen­to del Paese: qui non ci sono lobby, sono i ricercator­i, le persone che lavorano sul campo, ad indicare i filoni più promettent­i, quelli su cui l’Italia dovrebbe scommetter­e».

IL RAPPORTO Dalla smart factory all’energia 115 traiettori­e in cui investire Ugo (Airi): «Credito d’imposta positivo, meglio sarebbe estenderlo agli esborsi totali»

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