Digitale e «hardware» la rotta per il futuro
pSensoristica hi-tech e smartfactory, ma anche automazione dei sistemi produttivi e manifattura additiva. Industria 4.0 è tra i capitoli più corposi tra le tecnologie considerate prioritarie per l’industria italiana. A tracciare la rotta, quantificando anche gli investimenti in ricerca richiesti per portare queste innovazioni sul mercato, è l’Associazione italiana per la ricerca industriale (Airi), che grazie al lavoro di 200 ricercatori ha definito per ciascuno dei dieci settori analizzati le tecnologie a cui dare priorità in Italia. Dall’energia ai trasporti, dall’Ict alla microelettronica, dall’aerospazio ai beni strumentali, si identificano così 115 ambiti tecnologici prioritari. Selezionati dai gruppi di lavoro sulla base di numerosi criteri, tra cui l’impatto diretto sulla competitività delle imprese e sull’occupazione, la sostenibilità sociale, la sintonia con le linee guida europee, o ancora il tempo medio necessario per condurre a buon fine lo sviluppo. A costi complessivi tutto sommato ragionevoli.
«In tre anni – spiega il presidente di Airi Renato Ugo – per implementare queste tecnologie servirebbero otto miliardi di euro in più, cifra che non è detto debba essere interamente di fonte pubblica o a fondo perduto. È fattibile, utilizzando fonti miste, a patto che il Paese capisca che nella ricerca servono sforzi aggiuntivi, che gli investimenti in quest’area devono diventare prioritari. Il credito d’imposta annunciato dal Governo è un aiuto, anche se un vero impatto si avrebbe se riguardasse l’intero ammontare della ricerca, non solo le spese incrementali».
Risparmio energetico, fonti rinnovabili ed efficienza nei trasporti sono alcuni dei capitoli analizzati nel rapporto ma spazi crescenti vengono dedicati alle opportunità create dall’interazione tra mondo fisico e digitale, con la possibilità di rendere sempre più “intelligente” l’hardware industriale. «Proprio qui, nella meccanica – aggiunge Ugo – le ricadute possono essere ampie perché l’Italia parte già da una posizione molto buona. Siamo forti ma dobbiamo tenere il passo, aggiornando e facendo dialogare in rete sistemi già esistenti. Industria 4.0 è una forma di innovazione incrementale, combinatoria, legata a tecnologie in gran parte esistenti sul mercato. E per questo accessibile anche alle a ziende minori, che del resto già in passato sono state in grado di fare un salto analogo attraverso la meccatronica. Ma attenzione: si tratta di applicazioni che migliorano l’efficienza di sistemi e applicazioni concrete, tecnologie “hard” su cui l’Italia deve continuare ad investire». Nel rapporto Airi, che verrà presentato lunedì a Milano, i maggiori investimenti richiesti, oltre due miliardi, sono previsti per i capitoli del settore energia, tra tecnologie di trasporto e accumulo, valorizzazione dell’energia solare, recupero di idrocarburi. Oltre un miliardo sarebbe necessario invece per l’area Ict, tema ormai trasversale e pervasivo, con pesanti ricadute anche nell’area Industria 4.0. L’analisi, alla nona edizione, rispetto al passato aggiunge i capitoli dedicati allo spazio e all’ambiente, aree che richiederebbero investimenti aggiuntivi per oltre un miliardo in tre anni. «Il segnale che vogliamo dare – spiega Ugo – è quello di rappresentare un’industria che investe, in media 10-12 miliardi all’anno, che fa ancora innovazione, per nulla ferma. Questo volume può essere una guida utile per guidare le scelte di investimento del Paese: qui non ci sono lobby, sono i ricercatori, le persone che lavorano sul campo, ad indicare i filoni più promettenti, quelli su cui l’Italia dovrebbe scommettere».
IL RAPPORTO Dalla smart factory all’energia 115 traiettorie in cui investire Ugo (Airi): «Credito d’imposta positivo, meglio sarebbe estenderlo agli esborsi totali»