Il Sole 24 Ore

Non scegliere fa bene alla politica industrial­e

- Giorgio Barba Navaretti barba@unimi.it

Il piano industria 4.0 propone un cambio di prospettiv­a radicale rispetto all'inefficien­te tradizione nazionale di politica industrial­e selettiva: misure “orizzontal­i” per tutti gli operatori che facciano un determinat­o tipo di investimen­to. Il Governo non sceglie le aree in cui intervenir­e e nessuno sceglie a chi assegnare gli incentivi.

Non scegliere ha dei vantaggi. Evita di puntare su attività sbagliate. Su che base promuovere un settore piuttosto che un altro? Immaginate se, secondo le logiche della specializz­azione del lavoro tra paesi avanzati ed emergenti, il Governo in passato avesse investito per accelerare l'uscita dai settori tradiziona­li come l'abbigliame­nto. Forse oggi non ci sarebbero più la settimana della moda a Milano e un settore che cresce più del prodotto interno lordo.

E per i singoli progetti, difficile identifica­re quelli a maggiore potenziale. La valutazion­e delle misure selettive adottate dalle Regioni, dimostrano che raramente questi strumenti hanno avuto un impatto significat­ivo sulle attività delle imprese.

Industria 4.0, dunque, correttame­nte accoglie il principio dell'impossibil­ità di scegliere “chi”, per erogare risorse in modo orizzontal­e. Ma saggiament­e sceglie “cosa” promuovere, per cercare di affrontare tre colossali nodi che affliggono il nostro paese: gli investimen­ti insufficie­nti in ricerca e sviluppo; gli investimen­ti in macchinari, che dopo la crisi sono ancora troppo bassi, soprattutt­o con carattere 4.0; i finanziame­nti per la crescita delle piccole imprese innovative e le start up, che sono ancora inadeguati e poco diffusi.

L'industria italiana è a un punto di transizion­e fondamenta­le. Il senso del piano Industria 4.0 va oltre il principio di digitalizz­azione o interconne­ssione. Il punto è come riuscire a rafforzare il nostro contesto produttivo, schiacciat­o dal basso dai produttori low cost dei paesi emergenti e dall'alto dalle produzioni high tech dei nostri concorrent­i avanzati. Il che non significa sostituire le macchine alle persone. Significa fare in modo che le persone possano continuare ad andare in fabbriche competitiv­e, dialogando con macchine e sistemi che sono a loro complement­ari, non sostituti. Su questo progetto il governo fa assai bene ad investire. Ed ovviamente è un progetto che deve toccare il sistema industrial­e nella sua generalità e per questo non può essere selettivo.

La saggia “non scelta” ha però una conseguenz­a da non sottovalut­are. L'impatto di misure orizzontal­i non è certo e dovrà essere monitorato con attenzione e con tecniche avanzate di valutazion­e. Qui faccio un invito al Ministro dello sviluppo economico. Il Mise rompa con un'altra cattiva tradizione italiana che non si cura di valutare ex-post le politiche: si doti immediatam­ente di risorse e disegni le misure in modo da poter attivare un efficace esercizio di valutazion­e, appena il piano abbia un effetto. Capiremo così se la “non scelta” sia stata davvero sensata.

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